
I dazi da bigiotteria di Trump
Il protezionismo americano è osceno, ma c’è qualcosa che sfugge ai competenti: il decisionismo funziona sempre
I mercati sono intelligenti, certo, ma mai come Lei, nostra sorella AI. Ribolliscono, poi sbolliscono, almeno un poco e per un poco. Gli esperti sono competenti, eccome, peccato manchi loro, o a molti di loro, la sensibilità della decisione politica. Trump è certamente un megalomane, e se per questo un egomaniaco, un sociopatico (disprezzo e impulsività, scrivono i dizionari), ma è anche un politico che sui dazi la pensa come Tremonti, ma dal 1987, e sul protezionismo ha vinto le elezioni. Il suo protezionismo è aritmeticamente svantaggiato, basato su cifre ampiamente manipolate, blindato dalla politica di potenza e dalla volontà di sfida, dunque diverso da quello soft di Reagan e di Biden, ma come si dice è anche transazionale, è contro il libero commercio da commerciante, dunque sa che dovrà a un certo punto mettersi a far di conto. E credo che lo farà, dopo aver rivendicato la libertà del bullo, spaccare tutto, muoia Sansone con tutti i filistei.
A quel punto le previsioni su recessione e inflazione saranno necessariamente riviste, con la solita competenza con cui sono state formulate in astratto, i mercati mondiali faranno degli aggiustamenti conseguenti, e ai mercati esteri colpiti dai dazi, quasi tutti compresi i pinguini, toccherà contare comunque di più sulla crescita della domanda interna ai mercati unici e ai singoli paesi, sulla competitività delle merci, che non è green, sugli investimenti pubblici a sostegno di ricerca, innovazione e sviluppo tecnologico. E questa è l’expertise di uno che capisce niente di economia, ma aveva avvisato per tempo: l’Arancione si comporta da messia della Main Street, non giudicatelo con il metro della scienza triste, l’economia.
Un esperto di straordinaria capacità noi l’abbiamo, è l’uomo del whatever it takes, scienziato per niente triste, forse mi sbaglio ma non ho visto sue crociate, crociate di Draghi, contro il protezionismo di Trump, contro i dazi. E’ contrario, certo, come noi tutti, ma ha esperienza politica, oltre che genialità di banchiere e visione accademica delle cose, e quindi prende la giusta distanza dagli avvenimenti e applica un metro composito, che non è fatto solo di calcoli sul prosecco e il Parmigiano Reggiano. Ecco, io avrei preteso solo questo, che si capisse quanto sono farlocchi, ma anche quanto brillano nel profondo dell’America, i dazi da bigiotteria di Trump, e quanto spazio ci sia in quel paese per il correre l’avventura, nel segno di un arricchimento tutto da vedere, anche impoverendo i fondi pensione con un quasi crac, che è quasi ma pur sempre si presenta con le caratteristiche impressionanti della scorsa settimana. Ho sentito un tizio alla tv francese Lci, all news, e dovete sempre starli a sentire i cugini, perché esportano poco ma nel tempo hanno prodotto molta intelligenza, e sottigliezza e chiarezza, diceva che su base annua il crollo di Wall Street è all’un per cento. Non so se sia vero, né quanto significativo, ma forse un po’ di bolla, di realizzo coatto, attendeva solo il momento opportuno per scoppiare. Non so. Ma ho l’impressione che dovremmo scandalizzarci per l’aggressione demagogica di Trump alle istituzioni della democrazia americana, i dazi vengono dopo e si contrattano, auguri a Giorgia Meloni, le crisi costituzionali e il bullismo contro i media e gli avvocati e i giudici sono un affare anche più serio, se vogliamo.

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