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Strategia Buddha
L'Ue sceglie la calma e mette in pausa per le contromisure per 90 giorni. Ma i dazi fanno già male
Niente finora ha convinto Trump ad astenersi dalla guerra commerciale o a entrare in una discussione su come raggiungere una soluzione negoziata, nonostante la buona volontà della Commissione. Ma i mercati possono indicare la direzione da prendere
Bruxelles. L’Unione europea oggi ha deciso di mettere in pausa per novanta giorni le contromisure sui dazi americani contro alluminio e acciaio e tutte le altre ritorsioni che aveva preparato per la guerra commerciale di Donald Trump, dopo che il presidente americano mercoledì ha ceduto alla pressione dei mercati e decretato la sospensione parziale dei dazi “reciproci” annunciati il 2 aprile. “Vogliamo dare ai negoziati una chance”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. “Dobbiamo essere come Buddha: guardare, restare calmi, non reagire”, spiega al Foglio un funzionario dell’Ue. La scelta è condivisa da gran parte degli stati membri che non vogliono correre il rischio di un rapporto di forza con Trump.
“Sospenderemo (le contromisure) per 90 giorni. Se i negoziati non saranno soddisfacenti, le nostre contromisure entreranno in vigore”, ha detto von der Leyen dopo essersi consultata con alcuni capi di stato e di governo e aver ottenuto il via libera dagli ambasciatori dei ventisette stati membri. La strategia dell’Ue è passata da quella della “risposta ferma e proporzionata”, promessa da von der Leyen a febbraio e marzo, a quella della “calma e prudenza”. Eppure la nuova strategia arrendevole non ha consentito di raggiungere l’obiettivo di far ritirare i dazi. La “pausa” di Trump, in realtà, non è una pausa. Gli Stati Uniti mantengono in vigore i dazi contro l’alluminio e l’acciaio adottati il 12 marzo che colpiscono prodotti europei per un valore di 26 miliardi di euro. E’ la risposta a quei dazi del 25 per cento che l’Ue ha deciso di sospendere, malgrado il fatto che gli stati membri avessero approvato le contromisure appena un giorno prima.
Trump mantiene i dazi del 25 per cento contro l’Ue sull’automotive – automobili e componentistica – che per gli europei valgono 60 miliardi di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti. Anche il “dazio base” del 10 per cento imposto a tutti i paesi del mondo nel giorno della liberazione rimarrà in vigore. Le esportazioni europee colpite ammontano a quasi 300 miliardi di euro per dazi aggiuntivi che si avvicinano ai 50 miliardi di euro su base annuale. E altri dazi americani potrebbero colpire il settore farmaceutico europeo nelle prossime settimane, senza che Trump subisca conseguenze serie. Von der Leyen si sta concentrando su accordi di libero scambio con altri paesi. Oggi ha annunciato l’avvio di negoziati con gli Emirati Arabi Uniti e una cooperazione rafforzata con i paesi del partenariato transpacifico Cptpp (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Regno Unito, Singapore e Vietnam). La Trans-Pacific Partnership (Tpp), che Barack Obama aveva negoziato e che Trump aveva fatto fallire, potrebbe rinascere sotto altra forma con gli europei al posto degli americani.
La sospensione delle contromisure decisa dall’Ue conforta i paesi, come l’Italia e l’Irlanda, che avevano predicato la prudenza fin dall’inizio. Francia, Germania, Spagna e Belgio, almeno a parole, avevano chiesto una risposta assertiva e aggressiva. La missione del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Washington il 17 aprile tuttavia è considerata ancor più importante. Non tanto per avere un accordo con Trump, ma semplicemente per iniziare negoziati seri. “Non sappiamo ancora cosa vogliono davvero gli americani”, ammettono diverse fonti dentro la Commissione. Tutte le offerte presentate finora da von der Leyen e il suo commissario, Maros Sefcovic, sono state rifiutate: un accordo per azzerare tutti i dazi sui prodotti industriali, un azzeramento dei dazi sulle automobili americane, un aumento degli acquisti di gas naturale liquefatto e di armi dagli Stati Uniti. La Commissione ha anche compiuto gesti molto concreti di buona volontà nei confronti dell’Amministrazione Trump e dei suoi alleati. Ha ritirato un progetto di direttiva sulla responsabilità civile dei sistemi di intelligenza artificiale. Ha ritardato le multe contro i giganti tecnologici americani per le violazioni del Digital Services act e del Digital Markets act. Niente ha convinto Trump ad astenersi dalla guerra commerciale o a entrare in una discussione concreta su come raggiungere una soluzione negoziata.
“Questi 90 giorni ci danno una possibilità di approfondire i negoziati con gli americani”, spiega il funzionario dell’Ue, difendendo la strategia Buddha. Ma, alla fine, anche lui riconosce che c’è un fattore esterno che funziona meglio di qualsiasi lusinga, concessione o pausa dell’Ue. “I mercati sono il migliore indicatore della direzione verso cui dovremmo dirigerci con i nostri amici americani”. L’Ue ha imparato dai tempi della crisi del debito sovrano che la disciplina dei mercati – in particolare quelli delle obbligazioni pubbliche – è il modo più efficace per rimettere in riga le canaglie al suo interno. Lo stesso vale per Trump.


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