Friedrich Merz (Ansa)

Merz al centro

Il nuovo governo tedesco parte da tre punti: economia, immigrazione e difesa. Date e promesse

Daniel Mosseri

La nuova amministrazione punta a riforme economiche, un controllo più rigido sull'immigrazione e un potenziamento della difesa. Le trattative tra i partiti hanno portato a un programma che dovrà essere confermato dal Bundestag entro maggio

Berlino. “Abbiamo un programma forte davanti a noi con il quale possiamo far avanzare di nuovo il nostro paese”. Era soddisfatto il leader della Cdu, Friedrich Merz ieri pomeriggio quando, affiancato da Markus Söder, leader della formazione sorella Csu, ha annunciato che il negoziato con l’Spd aveva dato i frutti sperati. Accanto c’erano i copresidenti della Spd Lars Klingbeil, uomo forte del partito e capogruppo al Bundestag, e Saskia Esken, esponente della sinistra socialdemocratica. “La Germania avrà un governo capace di agire”, ha proseguito Merz. “Sappiamo cosa c’è in gioco. Vale a dire molto”. Frasi apodittiche pronunciate a favore di sondaggio. Il leader della Cdu, ormai a un passo dal diventare cancelliere, è il primo politico tedesco ad avere vinto le elezioni ma ad aver perso popolarità prima ancora di aver modellato un nuovo esecutivo. “Colpa” della decisione presa nelle scorse settimane insieme alla Spd e ai Verdi di impegnare mille miliardi di euro metà dei quali per investimenti pubblici e l’altra metà per dotare la Germania di una Difesa degna di questo nome. 


Ma oggi è il giorno in cui si guarda avanti. E prima di entrare nei dettagli del programma di governo, Merz ha sparso ancora ottimismo sottolineando come nelle settimane di negoziato si sia sviluppato “un rapporto di fiducia tra i leader della Cdu e della Csu e quelli della Spd”. Un rilievo non indifferente: il governo di Olaf Scholz è franato per le incompatibilità anche caratteriali fra i leader della coalizione uscente che si rivolgevano a malapena il saluto. “Ma noi siamo consapevoli che nelle nostre mani c’è il futuro dei cittadini tedeschi, della Germania e dell’Europa”. Una consapevolezza resa tanto più chiara “dalle divisioni politiche interne”, leggi la forza delle estreme politiche tedesche; dalla guerra a est “scatenata dall’aggressore Putin”; ma anche “dalle nuove turbolenze”, così ha definito i dazi di Donald Trump, “provocate dall’Amministrazione americana”. Geograficamente a metà strada fra Washington e Mosca, la Germania di Merz vuole dimostrare che “il centro politico di questo paese è in grado di fornire le soluzioni ai problemi che ci si parano davanti”.


Come farlo? Migliorando la competitività dell’economia tedesca, abbassando le tasse sulle imprese e defiscalizzando del 30 per cento gli investimenti nell’innovazione. E poi attenzione al costo dell’energia introducendo tariffe ad hoc per l’industria. Via libera, poi, alle ore di straordinario e  al reddito di cittadinanza nella sua forma attuale – un tema sul quale Merz aveva insistito in campagna elettorale. Secondo pilastro l’integrazione: stop alle migrazioni irregolari, via a un’offensiva di rimpatri e fine della cittadinanza “veloce”. Tre anni di residenza non basteranno più per depositare la domanda: si ripartirà da cinque anni. E i profughi ucraini non avranno più uno status speciale. No, infine, al ritorno della leva obbligatoria per rimpolpare la Bundeswehr, sì, invece, all’aumento volontario degli effettivi “e speriamo che bastino”. Soddisfatto anche il più giovane Klingbeil che nel suo intervento ha molto insistito su un tema: la Germania e il mondo sono troppo polarizzati “ma noi dobbiamo essere coesi, costruire ponti fra est e ovest fra giovani e vecchi, fra imprese e lavoratori”. 


Prima di essere sottoposto al vaglio del Bundestag, il patto di coalizione deve essere approvato da tre partiti sottoscrittori, “così che da inizio maggio potremo metterci al lavoro col nuovo governo”, ha concluso Merz, formalizzando il vulnus, ormai consuetudine in Germania, alla forma parlamentare. Per completare il quadro non manca dunque che la lista dei ministri. La loro scelta è di stretta competenza del cancelliere e del capo dello stato ma il patto prevede che alla Cdu oltre alla poltrona del cancelliere vadano l’Economia, gli Esteri, la Famiglia, la Salute, i Trasporti e la Digitalizzazione (una new entry). La Spd si porta a casa le Finanze, la Giustizia, il Lavoro, la Difesa, l’Ambiente, lo Sviluppo e l’Edilizia mentre la Csu avrà l’Interno, l’Istruzione e l’Agricoltura. Per il totoministri è presto anche se le prime ipotesi iniziano a circolare: Klingbeil vorrà essere titolare delle Finanze e vicecancelliere? Se sì, dovrà lasciare il posto di capogruppo. Il popolarissimo Boris Pistorius sarà confermato ministro socialdemocratico alla Difesa? Probabile. Peccato che sia lui sia Klingbeil siano due politici maschi della Bassa Sassonia: un possibile problema per la Spd sempre in cerca di equilibri interni fra i generi e i Länder. Se ne riparla dopo le assemblee dei partiti a fine aprile.

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