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L'occasione persa
Il piano coesione di Fitto non parla di armi, la miopia del Pd
Da Meloni a Schlein, passando per Conte e Salvini: una levata di scudi generata dall’ansia e dalle pressioni delle piazze pacifiste contro l'uso dei fondi di Coesione Ue per la difesa, ma nella revisione si elencano ben altri progetti
Meloni, Schlein, Conte e Salvini, tutti nelle scorse settimane hanno pronunciato la frase “no all’uso dei fondi di Coesione Ue per la difesa o per le armi”. Una levata di scudi generata dall’ansia e dalle pressioni delle piazze pacifiste. Una scelta che però, a guardare le carte della Dg Regio, non ha niente a che fare con le armi ma sbarra invece la strada al finanziamento, nel nostro Paese, di infrastrutture civili dual use e lotta agli attacchi cibernetici. Ma non è tutto: il buonismo pacifista nasconde anche un problema morale. A voler leggere tra le righe le critiche dei sindaci, si evince che i bunker per civili al confine polacco non si meritino fondi quanto i loro acquedotti. Una sorta di incapacità di riconoscere la scala di priorità degli altri. Incapacità, peraltro, non reciproca, perché nessuno ha obiettato alle loro.
La polemica nasce attorno alla revisione di medio termine della Politica di Coesione, il maxi-compito affidato da Ursula von der Leyen a Raffaele Fitto e portato a termine questo mese. Una revisione che introduce 5 priorità per la spesa dei fondi di Coesione Ue: resilienza idrica, alloggi, transizione energetica, competitività e, per l’appunto, difesa. Una svolta salutata con favore anche dalla nuova presidente del Comitato delle Regioni, la socialista ungherese Kata Tüttő, stella nascente del Pse, che sottolinea l’importanza di “ascoltare i territori e dare loro la flessibilità di rispondere alle crisi secondo le loro prospettive di necessità”.
Che preparare i cittadini alle emergenze sia un fattore di coesione tra comunità è una teoria che non ha trovato ostacoli negli altri 26 Stati, ma tra le maree pacifiste italiane è diventato un terreno di attacchi a cui ha capitolato lo stesso governo, costretto al balletto dei distinguo e alle raccomandazioni allo stesso Fitto di fare estrema attenzione alla comunicazione della sua riforma. Dal team del commissario, infatti, un funzionario racconta al Foglio di un’attenzione maniacale dell’ex ministro nel mettere in chiaro, sui media italiani, che l’uso dei fondi di Coesione per la difesa sarebbe stato una scelta volontaria. Concetto ribadito nei primi 30 secondi dei 5 minuti con Bruno Vespa, ospitata per cui Fitto avrebbe preso un volo apposta per poi tornare a Bruxelles pochi minuti dopo la fine della diretta.
Rassicurazione che però non è bastata a sindaci e governatori del Pd, M5s e Lega che hanno criticato “la possibilità di comprare armi con i fondi di Coesione”, bocciando dunque questa novità introdotta dalla revisione proposta da Fitto, e pensata per chi ritiene che la difesa sia una priorità da affrontare per proteggere la coesione delle proprie comunità. Pochi, o quasi nessuno, invece, gli amministratori italiani a favore — tra le mosche bianche il governatore forzista del Piemonte, Alberto Cirio.
Eppure nella revisione non si parla affatto di acquisto di armi. Un documento interno stilato questa settimana dalla Dg Regio, la Direzione generale per la Politica regionale e urbana che fa capo proprio al commissario Fitto, elenca infatti i progetti di difesa finanziati con i soldi della politica di Coesione. Tra i progetti lo sviluppo di un sistema di prevenzione contro attacchi di droni da 700.000 euro in Spagna, un progetto francese di efficientamento della gestione delle emergenze in mare, e un progetto polacco da oltre due milioni di euro per lo sviluppo di un “cyber poligono” per simulare attacchi informatici e sviluppare sistemi di cyberdifesa oltre che la realizzazione di rifugi per civili nella città polacca di Lodz. La relazione include anche una mappa delle regioni in cui l’economia della difesa ha un impatto maggiore sul bilancio regionale, e che quindi potrebbero beneficiare di più da questi fondi. Mappa in cui, oltre all’Est Europa, spiccano evidenziate la Campania e la Sicilia come target scelto dalla Commissione per possibili nuovi progetti.
Un’occasione persa ma anche una scarsa prova di solidarietà. “È certamente necessario che la politica di Coesione non diventi una toppa per le emergenze. Detto questo nessuno ha mai parlato di armi, se una regione vuole investire in infrastrutture importanti per la reindustrializzazione delle sue arie o per combattere il ripopolamento di zone che vivono sotto la minaccia di un confine ostile, quella è coesione. Non si tratta di comprare armi, ma di dare fiducia agli amministratori, e di ascoltarli”, sottolinea infatti la socialista Tüttő. Ma più che i sindaci dell’est, in Italia qualcuno ha preferito ascoltare i sondaggi.

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