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L'editoriale del direttore
Trump e non solo. Segnali utili per riconoscere gli impostori della libertà
Il presidente americano che spaccia i dazi per una festa della liberazione. Putin che trolla le democrazie accusandole di essere illiberali. I populisti che trattano l'Ue come una dittatura. E’ ora di smascherare i nuovi e vecchi truffatori della libertà
C’entrano i dazi, naturalmente, ma c’entra anche molto altro. C’entra la politica, quella anti europeista. C’entrano i populismi, quelli più estremi. C’entra la narrazione di Putin, sull’Ucraina. E c’entrano in fondo tutte quelle storie in cui la difesa della libertà viene utilizzata, sistematicamente, per difendere il suo contrario. Il filo è sottile, bisogna saperlo vedere, ma negli ultimi mesi, nella politica internazionale, e anche in quella italiana, si è fatto largo un fenomeno affascinante che si è manifestato in modo cristallino in diverse occasioni. E’ un fenomeno interessante, inquietante, che merita di essere inquadrato anche per poterlo smascherare.
E’ un’impostura, una farsa, un imbroglio, ma anche un colpo di genio, diabolico ma efficace, e di solito funziona così. Usi la libertà per nascondere la difesa del suo contrario. Ti appelli alla difesa della libertà mentre cerchi dei modi creativi, o violenti, per violarla. E utilizzi la retorica della difesa della libertà per giustificare azioni che, di fatto, restringono le libertà, colpiscono la società aperta e indeboliscono le istituzioni democratiche. Il caso più recente, e più clamoroso, lo abbiamo visto qualche giorno fa, quando Donald Trump ha battezzato “giorno della libertà”, il “Liberation day”, proprio il giorno in cui ha colpito uno dei simboli della libertà ovvero il libero commercio, con la politica sui dazi. E’ un linguaggio al contrario, è un linguaggio distopico, è un linguaggio orwelliano, è un linguaggio in cui, in un certo senso, si cerca di anticipare una critica possibile, stai aggredendo la libertà, negandola in modo sfacciato, e affermando il contrario: no, io la sto difendendo.
E’ successo così sui dazi, e non ci vuole molto a capire che spacciare una guerra al libero mercato per una difesa della libertà sia un modo come un altro per difendere un’altra libertà, ovvero la libertà di essere estremisti. Ed è un meccanismo, questo, che in qualche modo è ormai decodificato e che si può scovare facilmente in altre circostanze. Prendete, per esempio, tutte le occasioni in cui i sovranisti, in Europa, tendono a definire l’Europa come una gabbia fascista in mano a una dittatura dimenticandosi poi in modo sistematico di utilizzare lo stesso tipo di linguaggio, lo stesso tipo di metafora, quando vi è un dittatore vero che aggredisce l’Europa, quando vi è un qualche fascista vero che minaccia la nostra libertà o quando vi è una qualche minaccia estremista che mette a repentaglio la nostra democrazia.
Si evoca, con disinvoltura, la presenza di una “dittatura di Bruxelles”, di una “dittatura dei burocrati”, di una “dittatura sanitaria”, di una “dittatura dei mercati”, salvo poi rendersi conto sistematicamente che quando la nostra libertà è violata alcune delle dittature evocate sono quelle che aiutano a difendere la libertà dell’Europa dai dittatori veri, come Putin, di fronte ai quali, i falsi amici della libertà, tendono a essere molto più sobri, molto più misurati, visto mai la difesa della libertà dovesse diventare una cosa seria e non una pagliacciata.
Lo spettacolo dell’europeista che evoca la difesa della libertà per giustificare il proprio intento liberticida di disintegrare uno dei massimi presidi della libertà nel mondo, ovvero l’Europa, è uno spettacolo ricorrente, persino seducente, ed è uno spettacolo che, alla lontana, ricorda il trollaggio, a suo modo geniale, che porta avanti da tempo la Russia di Vladimir Putin, che spesso, individuando alcune falle delle democrazie liberali tende a ergersi, senza aver paura di esporsi al ridicolo, come un paese davvero desideroso di difendere la libertà. Lo ha fatto anche ieri, per dire, rimproverando gli Stati Uniti di essere un pericolo per il libero mercato, quando la portavoce del ministero degli Esteri russo, la famigerata Zakharova, ha accusato l’America di ignorare le regole del Wto, esprimendo “preoccupazione” per le ripercussioni sull’economia globale. Lo ha fatto anche la scorsa settimana, per dire, attaccando i magistrati francesi, che hanno condannato Marine Le Pen, accusando la giustizia europea, attraverso il portavoce di Putin Dmitri Peskov, di aver partorito una sentenza che rappresenterebbe una “violazione delle norme democratiche”.
Lo fa in modo sistematico Putin, usando la difesa farlocca della libertà per provare a oscurare le sue sistematiche violazioni delle libertà altrui, e lo ha fatto anche all’inizio del conflitto in Ucraina, come ricorderete, quando ha ripetuto allo sfinimento, ignorando ogni senso del ridicolo, la sua intenzione di “denazificare” l’Ucraina proprio negli stessi istanti in cui in Ucraina Putin aveva iniziato a muoversi seguendo modalità d’azione non troppo diverse da quelle seguite anni fa dalla Germania nazista. Chissà quante volte, poi, nei mesi passati, avrete sentito dire, ai leader populisti, di essere interessati a difendere “la libertà di scelta”, sui vaccini, senza capire poi che quella libertà di scelta altro non era che un tentativo di dare meno libertà alle persone più vulnerabili, che non potendosi vaccinare, e non parliamo solo di Covid, parliamo soprattutto di morbillo, rischiano di essere quelle più esposte alla famigerata richiesta di maggiore libertà di scelta. Chissà quante volte, poi, avrete sentito le Marine Le Pen promettere di restituire “la libertà” al proprio popolo negli stessi istanti in cui, magari, Le Pen proponeva agli elettori di farsi votare per togliere cittadinanze, per chiudere moschee, per espellere migranti anche regolari.
Chissà quante volte, ancora, nei mesi passati, avrete sentito un qualche populista, di destra e di sinistra, utilizzare le categorie della libertà per difendere i complottisti, per difendere le fake news, attraverso una torsione grazie alla quale la difesa della libertà d’espressione, alla fine, altro non era che la difesa, anche qui, della libertà di essere estremisti. E lo stesso discorso, in fondo, vale quando si parla di lotta contro il politicamente corretto, di lotta contro il wokismo, di lotta contro la cancel culture, tutte forme sacrosante di lotta contro princìpi illiberali progressisti ma che nelle mani dei nemici della libertà diventano forme ulteriori per imporre regimi illiberali, trasformando giuste battaglie per la libertà in battaglie per cancellare a loro volta i propri avversari, demonizzandoli, trasformandoli in nemici del popolo (vedi il caso delle battaglie contro i trans negli sport femminili, battaglia sacrosanta ma che nelle mani di un populista nemico della libertà diventa parte di un progetto più grande: aggredire i diritti dei trans).
La grande farsa contemporanea, la grande impostura, il grande imbroglio portato avanti dai finti amici della libertà è chiamare “libertà” ciò che serve a neutralizzare la libertà altrui. E in questo schema, di solito, il termine “libertà” viene spesso manipolato come se fosse uno scudo semantico, costruito per proteggere politiche che, a ben vedere, tendono a restringere il perimetro della nostra libertà. Lo schema, in fondo, è sempre lo stesso. Si urla libertà per anticipare la critica, e poi la si smonta, pezzo dopo pezzo.
Piero Calamandrei, ricorderete, diceva che spesso ci si accorge di quanto sia importante la libertà quando questa viene a mancare, quando inizia a mancare, come l’aria nei polmoni. I populisti, di destra e di sinistra, hanno trasformato la difesa della libertà nel suo contrario, in un ossimoro, e la storia dei dazi, in un certo senso, ci ricorda che le cose sono più semplici di quanto si creda: quando un populista dice di voler difendere la libertà di solito si sta preparando a svuotarla di significato. E proprio per questo, per tornare ai nostri giorni, quando c’è una libertà da tutelare bisogna sapere cosa si combatte, certo, ma bisogna sapere cosa si vuole difendere. E in fondo se il Liberation day di Trump si è trasformato nel suo contrario lo si deve anche al modo in cui il mercato libero ha punito l’intento liberticida di Trump. Il populismo, lo dovremmo aver capito, gioca a travestirsi da liberale per poi smascherarsi quando è troppo tardi. Ma quando il gioco salta, quando il gioco si mostra, gli effetti possono essere interessanti, persino spassosi, e vedere per esempio oggi un paese governato da una maggioranza sovranista, come l’Italia, muoversi sulla scena europea con il passo fiero di chi si erge a campione dei dazi zero, di chi si preoccupa di rendere l’Europa meno vincolata ai suoi dazi interni, di chi tenta di trasformarsi in una testa d’ariete per sfondare i muri che ostacolano gli accordi di libero scambio è uno spettacolo per il quale forse valeva la pena di pagare il biglietto.

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