Strappi globali

Trump dice che “gli alleati” lo aiuteranno con la Cina. Ma chi, gli europei parassiti patetici?

Paola Peduzzi

Gli europei, in questa galassia di alleati mortificati, occupano il primo posto, non soltanto perché sono il primo mercato di riferimento degli Stati Uniti. L’Amministrazione Trump ha speso questi primi tre mesi primariamente a smantellare la relazione transatlantica

Donald  Trump dice che sta andando tutto secondo i piani, che il mondo ha bisogno di questo turbolento momento di “disintossicazione” dalle regole e dai meccanismi – per lui predatori nei confronti dell’America – che ci regolano dal Dopoguerra, ma poi si ingarbuglia su quel che vuole dalla e con la Cina, che è rimasta come la rivale più ostile di questa guerra commerciale. Un giorno il presidente americano dice che vuole arrivare a un accordo, il giorno dopo che vuole isolare la Cina, perché è la potenza più minacciosa e che usa le pratiche meno corrette del mondo, il terzo giorno dice che gli alleati si uniranno con l’America per gestire insieme la Cina. Ma quali alleati? Li ha mortificati tutti.

Trump ha messo i dazi a Messico e Canada (che non sono soltanto i vicini di casa, ma sono anche i paesi con cui lo stesso presidente, al suo primo mandato, ha rinegoziato un accordo di libero scambio: che credibilità avranno, d’ora in avanti, questi trattati, visto che si sono rivelati tanto precari?) e continua a mortificare la leadership canadese, vagheggiando un’annessione del paese come 51esimo stato dell’America. Ha messo i dazi al 24 per cento al Giappone, al 25 alla Corea del sud, al 46 al Vietnam, che pure, fin dal primo mandato, ha aumentato le sue esportazioni in America a discapito proprio della Cina. E poi c’è l’Europa, con i dazi al 20 per cento, oltre a quelli introdotti prima del cosiddetto Liberation day. Gli europei, in questa galassia di alleati mortificati, occupano il primo posto, non soltanto perché sono il primo mercato di riferimento degli Stati Uniti. L’Amministrazione Trump ha speso questi primi tre mesi primariamente a  smantellare la relazione transatlantica. Lo ha fatto con tutte le persone e gli strumenti a disposizione: il vicepresidente J. D. Vance è venuto a febbraio in Germania e ha detto che l’Europa costituisce la minaccia più grave del mondo e ha voluto incontrare il principale partito d’opposizione, l’AfD, che oltre a essere xenofobo, antieuropeo e filorusso non è nemmeno atlantista, ma  costituisce un pericolo per la politica tedesca e per quella europea (infatti la campagna elettorale per l’AfD, prima del volto di fine febbraio, è stata sostenuta e alimentata dall’altro distruttore dell’Amministrazione, Elon Musk, che oggi appare un po’ meno solido di fianco a Trump perché è contrario ai dazi che stanno schiantando il suo patrimonio). Nella famigerata chat di Signal sul bombardamento agli houthi (abbiamo scoperto che ce ne sono una decina così, che trattano temi di sicurezza ad alta sensibilità, ma nelle quali non è stato invitato per errore un giornalista), Vance dice che l’unica ragione per cui gli dispiace che venga fatta questa operazione militare è che a beneficiarne saranno gli europei, variamente definiti “parassiti” e “patetici” anche dal segretario alla Difesa, Pete Hegseth. Negli incontri nello Studio ovale con esponenti europei, a parte l’imboscata all’europeissimo presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Trump ha ripetuto che gli europei si approfittano da decenni dell’America, che loro sono rientrati dei soldi dati all’Ucraina e l’America no (sia Emmanuel Macron sia Keir Starmer gli hanno detto che le cose non stanno così: non li ha insultati, almeno, ma non li ha nemmeno ascoltati) e anche quando ha presentato il suo cartellone dei dazi ha ribadito che i più grandi scrocconi sono gli europei.

Ora Trump riconosce che tratterà con l’Ue (e non con i singoli stati) che è più solida di quel che pensasse, e ha messo in pausa i dazi al 20 per cento lasciando il minimo garantito al 10. Ma da lì a pensare che ora gli “alleati” possano in qualche modo aiutarlo mentre distrugge il commercio internazionale, ci vuole parecchia fantasia.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi