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L'editoriale dell'elefantino

Mercati di tutto il mondo, unitevi! E si sono uniti

Giuliano Ferrara

Il messianesimo di Trump e J.D. è un’impostura e una stupidità. Il guaio è che lo scatenamento dei mercati finanziari contro le decisioni di stato è uno strano modo di procedere della democrazia nella difesa di sé stessa

Ho perso cento euro in una scommessa con Christian Rocca, un fior di conformista e un amico di talento, che ha avuto ragione. Lui: “Trump è un pirla, la pagherà cara”. Io: “Un pirla ma travestito da Messia, da capopopolo democratico in preda al decisionismo politico contro tutto e contro tutti”. Sì, l’uomo più goffo, grottesco, detestabile del mondo mi aveva per un momento affascinato. Il pirla sono io. Io che tra i mercati e la decisione politica scelgo regolarmente la seconda, perché tutto sommato mi sembra più vicina o meno lontana dalla procedura democratica e liberale. Mi era successo anche con il momento Truss. Liz Truss, il più grande fallimento che si ricordi e il più rapido della storia britannica, si era messa a rovesciare come un guanto il bilancio del suo paese, d’intesa con un Cancelliere dello Scacchiere, l’accademico Kwasi Kwarteng, in nome di un programma esposto e approvato dalla sua constituency conservatrice. 

  

Detassare tutto, fare esplodere il debito buono, formula sensazionale e sottile, ambigua, del nostro Mario Draghi, e usare i soldi pubblici, per lo più mancanti ma stampabili, per incentivare la crescita privata. Risultato un crollo verticale della piazza finanziaria, a stento compensato dalla Bank of England, che ha portato al potere in un batter d’occhio, 45 giorni, il bravo Rishi Sunak, bocciato con il suo programma ragionevole dai conservatori ma ripescato nell’emergenza, che ha resistito un po’ di più con la sua moderazione mercatista e alla fine è dovuto fuggire da Downing Street n. 10 sotto la pioggia, con molta dignità ma fallendo anche lui, lasciando il posto al noioso ma fattivo Keir Starmer, laburista. Non solo Rocca, anche il Wall Street Journal e il Financial Times avevano avvisato: questo è il momento Truss di Trump. E così è stato. 

 

Il guaio, detto che sono pentito e pago la scommessa volentieri, è che lo scatenamento dei mercati finanziari contro le decisioni di stato, transazionali o trasformative che siano, è uno strano modo di procedere della democrazia nella difesa di sé stessa. Forse globalizzazione e fine della storia sono poi questo, che ai quattrini non si comanda, e mi piacerebbe che Putin facesse esperienza del dato esponendo finalmente il suo potere autocratico al calo del prezzo del petrolio, non una buona notizia per lui e per gli oligarchi a lui fedeli. In effetti al quattrino non piace essere messo in riga, rilutta, strepita, mette spavento, induce a miti consigli anche il Salvator Mundi autoproclamato e la sua età dell’oro, con la sovrana eccezione del modello cinese, di cui tutti abbiamo aspettato l’implosione democratica e liberale, che stenta a farsi viva dopo decenni di crescita economica e di mercato sotto la dittatura del partito unico, e ora siamo tornati all’idea maoista che l’America è una tigre di carta, stavolta coltivata con l’assenso di mercato e partito.

 

Dunque non era la sinistra clintoniana che era diventata mercatista, era il mercato che era diventato un presidio di sinistra. Un muro daziario era una follia, e non si poteva non essere contro in nome di tante cose, compresi il prosecco e l’esportazione come droga per imprese e nazioni europee. Il messianesimo di Trump e J.D. è un’impostura e una stupidità, come non ci stanchiamo di scrivere e dire da anni, da molto prima che si scatenassero Jamie Dimon e soci della JPMorgan Chase. Ma è comunque una bella seccatura che banche e fondi abbiano preso il posto dei popoli nell’era populista famosa in cui i mercati sono capaci, se Dio vuole, di sostituire ogni possibile opposizione democratica con gli indici indiscutibili del Dow Jones. Mercatisti e antiproibizionisti di tutto il mondo, unitevi! E si sono uniti. Speriamo che non boccino i piani europei di riarmo e difesa di fronte all’espansionismo di Putin, sarebbe un guaio serio.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.