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Mister Forbice
L'uomo dei tagli non è Elon Musk, ma il suo vice Steve Davis
Eminenza grigia del Doge, licenziare senza scrupoli è la sua specialità. Un carattere eccentrico, in una rara intervista ammetteva di essere un po’ immaturo. La yogurteria, il bar, la paura di essere fotografato. Ritratto
Bisognerebbe tornare indietro agli anni 80 e raccontare agli sceneggiatori americani che quei secchioni che loro descrivevano come indifese vittime sensibili oggi controllano il mondo. Il rachitico Brian di The Breakfast Club oggi avrebbe una start up a Palo Alto, un trapianto di capelli pagato in bitcoin e una passione innaturale per i gladiatori. Con il circo dei dazi, la crociata populista contro il deep state promessa da Donald Trump è passata in secondo piano per qualche giorno. Ma tra una partita di golf, una giravolta e una minaccia alla Cina, continua la menomazione della macchina federale, tra istruzione, sanità, parchi, ricerca e aiuti umanitari.
Il volto di questo processo è anche quello del massimo finanziatore della campagna trumpiana, nonché immigrato e persona peggio vestita della Casa Bianca: Elon Musk. Il sudafricano in questi giorni si sarebbe impegnato a combattere la corrente protezionista dentro al circolo trumpiano – ha definito il consigliere isolazionista, Peter Navarro, “più scemo di un sacco di mattoni” – anche perché ha perso parecchio quando la borsa è crollata. Ma non ha smesso di occuparsi del Doge, tanto che le proteste “fight the oligarchy” sono la nuova Woodstock, e i deputati dem hanno chiesto ufficialmente al presidente di licenziare Musk, perché c'è un limite di 130 giorni per gli impiegati speciali del governo. Ma, dice sempre mr Tesla, che tanto non c'è lui a gestire il “dipartimento”, rispondendo così anche alle accuse di conflitto di interessi, considerato che le sue aziende vivono in parte di commesse statali.
A operare davvero la macchina per tagliare i duemila miliardi di spesa pubblica promessi da Musk sarebbe un ingegnere nato a Boston: Steve Davis. Se Trump e Musk sono il primo e il secondo, Davis oggi può essere considerato il terzo uomo più potente d’America. Se il Doge rovinerà l’esistenza di diversi americani – quelli che sono stati licenziati da un giorno all’altro e le loro famiglie – in pochi, pochissimi, sanno qualcosa della mente dietro alle operazioni di smantellamento. Come lo scrittore Thomas Pynchon, o come il J.D. Salinger o il Lucio Battisti dell’ultimo periodo, Davis non vuole essere fotografato. Le immagini che abbiamo di lui sono pochissime, pur vivendo nell’èra in cui tutti scattano ogni giorno con foga con i loro iPhone. In quelle che abbiamo, Davis sorride e porta quasi sempre un cappello da baseball dell’Adidas.
“Odia farsi fotografare”, ha detto qualcuno che ci ha avuto a che fare. Di recente però è apparso in una foto su X a un evento repubblicano, cosa rarissima, un po’ ingrigito rispetto alle foto più note dei trent’anni. In italiano non esiste nemmeno una sua pagina Wikipedia – quella in lingua inglese è lunga solo un paio di paragrafi, non c’è nemmeno la data di nascita – e se si digita il suo nome su Google viene fuori un giocatore inglese di biliardo in pensione. Eppure, quest’uomo è responsabile del licenziamento di circa 30 mila persone e di una rivoluzione strutturale della macchina federale della prima economia del mondo. La motosega la brandisce Musk sul palco del Congresso dei conservatori, urlando “questa è la motosega per la burocrazia!”, ma in realtà la sta usando Davis dietro le quinte di Capitol Hill.
Su Rolling Stone uno che era stato amico di Davis è uscito allo scoperto e ha raccontato del suo carattere eccentrico e della sua casa a Washington quando già lavorava per Musk, con un tavolo da ping pong in salotto e una macchina per le bibite come al cinema. Faceva cene servendo il cibo su piatti di carta con la faccia di Justin Bieber, e assumeva per la sera prestigiatori economici e banditori che annunciavano gli ospiti a voce alta. Ora Davis dovrebbe avere 45 anni. Appassionato di karaoke e palla avvelenata, mentre era nel District of Columbia come uomo del Musk prepolitico, Davis ha aperto prima una yogurteria e poi un bar. “C’erano troppe poche yogurterie” – ha detto – “e a me piace moltissimo il frozen yogurt”. Entrambe le attività, poi chiuse definitivamente per ovvi motivi, sembravano più un’occasione per inventare giochi e mettere in ridicolo i clienti o divertirsi con gli amici, che non per avere dei business funzionali. Da Mr Yogato potevi pagare parte del tuo yogurt se facevi dei balletti, se rispondevi a delle domande su Seinfeld o se cantavi la canzone del film Pitch Perfect. Nel bar di Dupont Circle, Thomas Foolery, la selezione di drink veniva scelta da gente a caso ogni settimana, eri invitato a usare pistole d’acqua contro gli altri clienti e alla birra si poteva aggiungere una pallina di gelato.
Ovunque si trovavano giochi come Forza 4 o videogame retrò. C’era anche la “sedia del re” su cui, indossando una corona, potevi ordinare i tuoi cocktail con un walkie talkie. I prezzi venivano scelti facendo girare una ruota della fortuna. Da Mr Yogato e da Thomas Foolery tutto era un gioco, tutto doveva essere divertente. Si organizzavano cacce al tesoro per vincere oggetti che erano stati nello spazio su qualche razzo di Space X, l’azienda di esplorazione spaziale di Musk per cui Davis allora lavorava.
C’è una rara intervista fatta a Davis oltre dieci anni fa da un settimanale locale gratuito di Washington, il City Paper, per promuovere il suo bar, col titolo: “Ingegnere missilistico apre il bar più pazzo della città”. Lì ammette di essere un po’ immaturo – “vado al lavoro da Space X, a capo dei progetti avanzati, in pantaloni corti e maglietta, forse dovrei prendermi dei vestiti più carini”. Chi ha conosciuto Davis dice che anche al Doge si starebbe comportando nello stesso modo: gioca con i numeri da tagliare senza pensare alle conseguenze umane, e nemmeno a quelle a lungo termine per l’economia e per il ruolo internazionale degli Stati Uniti (il mega taglio agli aiuti umanitari, ad esempio, sta mettendo in crisi il soft power americano, con grande gioia dei cinesi). Non è un caso che più volte il finto dipartimento muskiano sia dovuto tornare sui suoi passi e ricucire dove aveva tagliato, richiamando ad esempio i tecnici che supervisionano l’arsenale nucleare, mandati a casa pochi giorni prima con una mail. Come ha scherzato il comico Stephen Colbert: “Meglio non dare a Musk la gestione delle circoncisioni”.
Sarebbe stato Davis a imporre un limite di spesa di un dollaro alle carte di credito dei dipendenti federali. E anche a rilasciare l’orda di giovanissimi nerd che, senza il permesso dei dipartimenti, sono entrati negli uffici federali attaccando i loro computer portatili ai server per vedere se la macchina statale è abbastanza efficiente, oltre a mettere le mani su dati biometrici e informazioni fiscali dei dipendenti e dei contribuenti. Ragazzini che mollano il college, con nickname come Big Balls, che sopravvivono a pizza e redbull, reclutati tramite Twitter con l’annuncio: “Si cercano rivoluzionari con un super Qi che credono in un governo limitato disposti a lavorare 80 e più ore a settimana. Retribuzione zero”.
Fin da quando lavora per lui, Davis è stato per Musk una sorta di Mr Wolf con le forbici e senza coscienza. A quanto pare a Davis non è mai interessata la politica – anche se si dice che, come molti della gang, sia un lettore di Ayn Rand, la fondatrice dell’oggettivismo che piace molto ai libertari della Silicon Valley. Davis è stata la quattordicesima persona assunta da Musk a Space X, nel 2003, dopo una laurea in ingegneria, appena dopo la fondazione dell’azienda. Musk avrebbe capito subito il suo potenziale, cioè tagliare i costi. Dentro Space X Davis era stato in grado di far produrre parti delle navette a un centesimo del loro costo. E’ vero anche che questa estrema spilorceria sarebbe alla base del malfunzionamento di alcuni shuttle, come il Falcon 1, da cui Davis, per risparmiare, avrebbe tolto dei componenti che evitavano che il carburante finisse dove non doveva finire, sbilanciandolo e facendolo precipitare appena dopo il lancio.
E così, in virtù dei suoi tagli nel 2022, comprato Twitter e trasformato in X, Davis è stato spostato da Space X al social. Spedito in California gli è stata data in mano in mano l’accetta per eliminare 500 milioni di spese e l’80 per cento della forza lavoro. In quegli anni Davis ha ottenuto anche un dottorato in economia. E’ stato lui a mandare via le migliaia di persone che lavoravano da Twitter senza spiegazioni e, si dice, rifiutandosi di pagare gli arretrati. In quel periodo, con partner e figlioletto bebè al seguito, Davis dormiva nella sede di quello che sarebbe diventato X, poco dopo grande megafono cospirazionista del mondo Maga. Quando Musk ha iniziato a pensare alla sua influenza politica in modo più attivo, creando un’organizzazione per raccogliere fondi per le campagne elettorali, Davis è stato mandato in Pennsylvania a supervisionarlo. Viveva in albergo, tra Pittsburgh e Philadelphia. Sarebbe una sua invenzione anche la lotteria – da molti considerata illegale – da un milione di dollari al giorno per elettori di swing state che si fossero iscritti al super Pac pro Trump. E anche il pagamento di 47 dollari richiesto a ogni nuovo membro per portare in pari il costo dell’operazione. Allora Davis venne bollato dal New York Times come un misterioso “luogotenente di Musk”. “Steve è come la chemioterapia”, ha detto Musk poco prima che Joe Biden uscisse dalla Casa Bianca. “Un po’ di chemioterapia può salvarti la vita, troppa può ucciderti”.
“Steve è come la chemioterapia”, ha detto Musk. “Un po’ di chemioterapia può salvarti la vita, troppa può ucciderti”
Washington, Texas, Las Vegas, San Francisco, Pennsylvania. E ora di nuovo DC, dove il frugale luogotenente dorme al sesto piano della sede del Doge insieme alla sua partner, Nicole Hollander, anche lei infilata nello pseudodipartimento a supervisionare la mega svendita delle proprietà immobiliari federali. Davis è fedelissimo. Fa tutto quello che vuole Musk e lo considera, come sempre meno gente negli ultimi mesi, un genio. Si dice che lo idolatri. Che lo consideri superiore. Quando gli è stato chiesto cosa pensasse della colonizzazione di Marte lui ha risposto: “E’ roba per gli Elon del mondo. A me basta guardare il razzo che parte”.
Fa tutto quello che vuole Musk e lo considera, come sempre meno gente negli ultimi mesi, un genio. Lo idolatra e lo considera un essere superiore
Per quel che si sa, avrebbe litigato solo una volta con il boss. E’ successo dopo il 2018: Musk lo mise a capo della Boring Company, la sua azienda di costruzione di tunnel sotterranei nata per risolvere il problema del traffico nelle grandi città. Musk lo spedì a Las Vegas, dove era iniziata la costruzione di una galleria, ma per via di alcuni impedimenti amministrativi il progetto fu bloccato più volte, e in 7 anni furono costruiti solo pochi chilometri, soprattutto per l’opposizione dell’allora sindaca democratica indipendente. La lentezza nella realizzazione “dell’unica soluzione al traffico” – come la chiamava Musk – lo avrebbe fatto arrabbiare parecchio, tanto da prendersela con Davis e minacciare di licenziarlo. Il piano di Las Vegas prevedeva una serie di tunnel in cui viaggiare a 240 chilometri orari su veicoli a guida autonoma, e ci si sta ancora lavorando, a differenza del progetto precedente, cancellato, che voleva collegare Washington a Baltimora, per far viaggiare i pendolari in soli 15 minuti, e che è fallito perché le curve erano troppo strette per permettere di girare a quella velocità. I pochi video che abbiamo di Davis vengono dagli incontri al municipio di Las Vegas per convincere le autorità e i cittadini dell’utilità del progetto di trasporto sotterraneo.
In uno di questi incontri un lobbista era riuscito a convincerlo a togliersi la felpa e a mettersi una giacca da uomo sulla t-shirt – “ma è impossibile fargli indossare una cravatta”, diceva. Alcuni ex dipendenti della Boring Company hanno parlato con la stampa e hanno descritto Davis come un uomo che non delegava alcuna autorità e non faceva prendere alcuna decisione ad altri. “Fa tutto lui. Anche gli ordini di piccole parti dei macchinari che costano poche migliaia di dollari dovevano avere l’approvazione diretta di Steve”, dicono. E poi si vantava tutto il tempo di quanto lavorava, cioè circa 18 ore al giorno, guardando con sdegno chi stava in ufficio meno di 15 ore. “Tutto per far contento Elon!”. Nell’azienda non erano rare le dimissioni di gente che non riusciva a tenere il ritmo quando Steve era al comando. Per lo stress Davis aveva iniziato a strapparsi i capelli piegato sulla scrivania. “Era come lavorare sotto un costante allarme antincendio, l’ansia era tantissima, perché Elon deve essere sempre soddisfatto”, dice un ex dipendente.
“Si vantava tutto il tempo di quanto lavorava, cioè circa 18 ore al giorno, guardando con sdegno chi stava in ufficio meno di 15 ore”
Dopo la sfuriata di Las Vegas il fedelissimo sottoposto è stato sempre più attento a non far arrabbiare il grande capo geniale. Anche quando era a X, si dice che Davis riprendesse i dipendenti con “che figura mi fai fare con Musk!”. Ora del suo lavoro di massimo supervisore al Doge sappiamo poco, solo che bypassa le decisioni che arrivano direttamente dalla Casa Bianca e dagli uomini di Trump, e che lui risponde solo a Elon. Quando c’è stata una fuga di notizie sulle mail di licenziamento dei dipendenti federali, Davis avrebbe fatto una scenata con lo staff presidenziale, rischiando una rottura tra il re Elon e il mondo Maga. Non sono rari, si dice, suoi messaggi Whatsapp inviati a orari improbabili, ben poco diplomatici, a persone che lavorano ad alti livelli governativi da decenni, a segretari e senatori.
Ora starebbe provando a infilare gente dappertutto – sempre quei ragazzini come Big Balls – anche al Pentagono, facendo arrabbiare i vecchi generali. Alcuni iniziano a preoccuparsi che per Mr Yogato, come l’ha chiamato il Washingtonian, sia tutto un gioco. E che i mega tagli al dipartimento dell’educazione, la distruzione di Usaid, il licenziamento dei ranger dei parchi nazionali, di chi si occupa di prevenzione di malattie virali e di chi ha lavorato all’impeachment contro Trump, siano come una grande partita a Pac Man di un nerd della Gen X mai cresciuto e che, mentre la gente riga le Tesla nei parcheggi, manda messaggi ai deputati come fossero dipendenti pigri.


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