
Autocrazie e il pensiero di Anne Applebaum, vincitrice del Premio Strega Internazionale
Tutte le interviste della giornalista e scrittrice da Pulitzer, i discorsi e gli estratti tradotti sul Foglio. Il regime di Vladimir Putin, la determinazione degli ucraini, la deriva illiberale, il navalnysmo e un'America impazzita di moralismo
Anne Applebaum, giornalista e scrittrice da premio Pulitzer esperta di Russia che vive tra gli Stati Uniti e la Polonia, ha vinto il Premio Strega Saggistica Internazionale 2025 con "Autocrazie. Chi sono i dittatori che vogliono governare il mondo", tradotto da Tullio Cannillo (Mondadori, 2024). Il libro racconta l’alleanza delle autocrazie globali che stanno insieme non per una ideologia in comune ma perché condividono lo stesso desiderio di potere, ricchezza e impunità: per questo rappresentano una nuova minaccia che le democrazie non hanno ancora messo del tutto a fuoco. Applebaum aveva raccontato sul Foglio come era nata l'idea: da un articolo che scrisse sul magazine Atlantic alla fine del 2021, in cui diceva che i “bad guys” stavano vincendo: fu molto ripreso, in particolare da chi sosteneva che l’occidente liberale era rovinato, che allora erano spesso anche gli stessi che Putin non avrebbe mai invaso l’Ucraina. “Autocracy Inc. è dedicato agli ottimisti", ha detto Applebaum a Paola Peduzzi: perché “gli ottimisti credono che il cambiamento sia possibile e che valga la pena provare a ottenerlo”.
Nel dicembre 2022 Applebaum aveva tenuto un discorso al National Endowement for Democracy sulle autocrazie: "I regimi collaborano tra di loro per mantenersi al potere, e noi li abbiamo spesso lasciati impuniti". Ma le forze democratiche, i paesi e i popoli che aspirano alla libertà possono disfare la rete globale illiberale, aveva detto: "Gli ucraini hanno dimostrato che è possibile essere patrioti e credere in una società aperta, che una democrazia può essere più forte e più feroce dei suoi avversari. Proprio perché non c’è un ordine mondiale liberale naturale, né norme né regole, potremmo dover lottare per far sì che le nostre società aperte continuino a esistere". Trovate l'estratto della Seymour Martin Lipset Lecture qui.
A Cortina Applebaum, ospite del festival letterario “Una montagna di libri” con Radek Sikorski, suo marito da trent’anni, ex ministro polacco della Difesa e degli Esteri, ci ha detto: "Credo che tutti noi qui abbiamo avuto la straordinaria fortuna di vivere la nostra vita o buona parte di essa in un sistema libero, un sistema liberaldemocratico, ma i regimi hanno sempre avuto spazio nella storia umana e anzi l’attrazione di un’autocrazia diventa forte proprio quando si è liberi”.
Applebaum studia da sempre, da quando era a Harvard, il mondo sovietico; è andata a Varsavia alla fine degli anni Ottanta a vivere e raccontare la trasformazione post sovietica. "Ma quel che la rende imprescindibile è la capacità di portarti dove non vorresti andare – un’arte rara e necessaria, contro l’indifferenza e la distrazione", scrive sul Foglio Paola Peduzzi, che la Applebaum pratica dall’inizio degli anni Duemila, quando pubblicò “Gulag”, una ricerca approfondita e dolorosa sui campi di concentramento sovietici che le valse il Premio Pulitzer. La Applebaum vinse sulla distrazione, ci costrinse a guardare e a stravolgere le nostre convinzioni, rimanendo salda al nostro fianco, perché non ci perdessimo e non chiudessimo gli occhi. Ha fatto lo stesso in "Il tramonto della democrazia. Il fallimento della politica e il fascino dell'autoritarismo", in cui racconta i rivolgimenti ideologici del conservatorismo occidentale e il fascino che esercitano i modelli autocratici sulle democrazie; e ne “La grande carestia. La guerra di Stalin all'Ucraina", che nasceva come un libro storico sull’Holodomor e sembra un reportage realizzato ieri nell’Ucraina invasa da Putin.
Qui un estratto del Tramonto della democrazia, tradotto da Micol Flammini.
Nei primi giorni dell'invasione dell'Ucraina Applebaum ci aveva detto: "Questo non è un attacco soltanto all’Ucraina. Questo è un attacco all’ordine mondiale del Dopoguerra, che si fonda su un accordo per cui, almeno in Europa, i confini non si cambiano con la forza”. "Putin ha già ridisegnato i confini di un altro paese nel 2014, ma allora avevamo creduto, sbagliando, che le sue ambizioni fossero limitate. Ora ci accorgiamo che le sue ambizioni sono illimitate. Possono estendersi alla Polonia, agli stati baltici o persino alla Germania. Qualche anno fa, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco che la riunificazione tedesca era ‘illegale’. Risero tutti. Non credo che stesse scherzando. Putin ricorda quando l’Unione sovietica aveva un’enorme presenza nella Germania orientale, ne ha fatto parte lui stesso. Potrebbe avere nostalgia di quel tempo, così come ha nostalgia del resto dell’impero sovietico”. "È il momento per l'Europa e per gli Stati Uniti di ripensare completamente la strategia verso la Russia”.
Qui il testo di un'intervista alla saggista e scrittrice, realizzata da Giancarlo Loquenzi, conduttore di “Zapping” su Rai Radio1, in cui Anne Applebaum spiega cosa significa “vittoria” per Putin: "Per la Russia, la vittoria sfortunatamente è definita da Putin ed è la distruzione dell’Ucraina. Questo vuol dire trasformare l’intero paese in un campo di concentramento. Assassinii di massa, distruzioni di massa".
Applebaum ci ha raccontato anche cosa significa la vittoria per gli ucraini: "Gli ucraini funzionano meglio quando si organizzano da soli, funzionano peggio quando si devono muovere costretti sotto un unico leader”, ha detto al Foglio poco dopo aver pubblicato Autocracy Inc.”. "E' il contrario della verticalità del regime di Vladimir Putin, è anche la ragione di una resistenza capillare, orizzontale appunto, mescolata alla capacità di reinventarsi, alla determinazione di sopravvivere". "I russi devono accettare che l’Ucraina non è russa”. A quel punto si potrà avere un cessate il fuoco, una discussione sui confini e i negoziati, ma prima c’è da immaginare la vittoria.
Qui trovate un estratto del libro-dialogo di Anne Applebaum e Donald Tusk uscito il 10 dicembre 2021 in Polonia con il titolo “Wybor”, che significa “La scelta”, tradotto dal polacco da Micol Flammini. Cosa succede quando i regimi fanno leva sui liberali per rafforzarsi? Un dialogo sul futuro e sui politici che sembrano usciti dal Faust
Dopo la morte in un gulag russo dell’oppositore di Vladimir Putin più famoso del mondo, Alexei Navalny, l'autrice dell’imprescindibile “Gulag” ci ha detto che la squadra di Navalny sarebbe sopravvissuta, continuerà “a gestire i canali youtube al di fuori della Russia, manterrà i suoi legami con le molte persone all’interno della Russia che ancora credono che il loro può essere un paese diverso”.
Già nel 2018, durante il primo mandato di Trump, commentando la conferenza stampa a Helsinki del presidente americano e Vladimir Putin, Applebaum aveva detto al Foglio che il piano della presidenza Trump era chiaro fin dall’inizio, destabilizzare destabilizzare destabilizzare, e lei aveva smesso di aver pazienza con chi dice “vediamo, aspettiamo”: nell’attesa si perde tempo utile per organizzarsi, “perché l’Europa deve capire che non può più contare su quest’America”. “Non so cosa accadrà ora – dice la Applebaum – Ma posso dire che cosa dovrebbe accadere: l’Europa deve creare un’Unione di Difesa, immediatamente. E deve iniziare a organizzare una propria strategia di sicurezza: non soltanto militare, ma anche sicurezza cyber e sicurezza sull’informazione. Anche l’Italia è sotto la minaccia di una campagna politica russa molto aggressiva, che usa la corruzione e la manipolazione dei social media, ed è tempo di essere vigili e consapevoli prima che sia troppo tardi”.
Applebaum si è occupata a lungo anche di cancel culture, in un lungo saggio sull’Atlantic che abbiamo tradotto sul Foglio ha coniato il termine di “nuovi puritani” e ha messo in fila le censure, isolamento, sete di sacrifici, rabbia via social: storie di un’America impazzita di moralismo.


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