
Claude-Joseph Vernet, "Il naufragio", 1772 - National Gallery of Art, Washington, DC
Come può salvarsi l'Europa, terra di libertà, dal naufragio americano
Il vecchio continente deve rafforzare la propria unità politica e valoriale per resistere al declino della leadership americana e alla minaccia egemonica russa. Solo così potrà salvaguardare democrazia e libertà nel continente
L’impossibilità di ammettere di essersi cacciato da solo – per arroganza, cinismo e incompetenza – in un vicolo cieco e la presunzione, fin qui corroborata dall’esperienza di questi mesi di poter impunemente contrabbandare la sua narrazione – ovvero la marea di bugie che racconta – come se fosse la descrizione della realtà. Questa è quanto mi sembra meglio descriva il comportamento dello psicopatico eletto come 47esimo presidente di quella che è stata la più grande democrazia del mondo. E’ una strategia, se possiamo definirla così, che incorpora l’uso sistematico della violenza (non solo verbale, si pensi alla deportazione coatta di stranieri tatuati nelle carceri speciali salvadoregne) e della sua minaccia come pratica usuale della conduzione politica congiunta a una totale assenza di decenza morale e di scrupoli etici. Donald Trump (da ora in poi DJT) si crede un fenomeno delle trattative dure e una specie di re Mida, ma tutto quello che è riuscito a fare finora è stato, semplicemente, distruggere la reputazione e l’autorevolezza degli Stati Uniti, riducendo la più antica delle democrazie alla stregua di uno staterello da operetta.
Dopo l’ennesima deliberata strage di civili operata dai russi la domenica delle Palme ha toccato il provvisorio fondo della sua ignominia. Prima parlando di “errore” – giustificazione peraltro smentita dal Cremlino che, come al solito, opta sempre per l’ostinata negazione dei suoi crimini – e poi accusando Zelensky e Biden di aver iniziato una guerra che non potevano vincere (sembra di sentire gli oracoli nostrani e il loro sgangherato capo menestrello), falsificando tranquillamente i fatti, invertendo gli aggressori con gli aggrediti. Una cosa che neanche Salvini e Conte (sempre più nostalgici delle loro baruffe amorose dell’epopea populista) riuscirebbero a fare. A sostenere il diritto del popolo ucraino a lottare per la sua indipendenza, per il diritto di poter scegliere il suo futuro, è rimasta pressoché solo l’Europa, l’Unione e il Regno Unito, sostenuti da chi continua a riconoscersi in un’idea di occidente che non sia racchiusa nell’angusta e soffocante teca identitaria e nativista (dall’Australia al Canada, dalla Nuova Zelanda al Giappone e alla Corea del sud) ma che sia invece consapevole della sua natura valoriale e politica nata con il secondo dopoguerra, grazie al contributo fondamentale dell’America di Roosevelt e Truman.
Trump è prigioniero della sua retorica, dicevamo, che gli impedisce di riconoscere che il modo dilettantesco, vendicativo e vigliacco con cui ha affrontato il dramma dell’aggressione russa all’Ucraina lo ha messo nelle mani di Putin (sempre che già non lo fosse per ragioni che non possiamo conoscere). L’Ucraina, massacrata da oltre tre anni da quel criminale sanguinario di Vladimir Putin per aver osato scegliere un futuro europeo invece del ritorno al terribile passato della dominazione russa, può contare solo su di noi, su quel che resta dell’occidente e in primo luogo sull’Europa. Gli ucraini, dall’inizio della guerra, stanno combattendo per difendere se stessi e per dare tempo all’Europa di attrezzarsi per poter respingere le minacce di Mosca, che continua a dichiarare che il suo obiettivo è restaurare l’unità del “mondo russo”, cioè riportare sotto il tallone del giogo moscovita i baltici, i polacchi e i finlandesi. L’obiettivo politico di Putin è distruggere l’Unione europea, far venir meno con la forza e con l’inganno e l’infiltrazione propagandistica quel progetto di unità politica continentale che se realizzato pienamente impedirebbe qualunque disegno egemonico russo sul Vecchio continente. Il fatto poi che questa unità sia stata realizzata (per la parte in essere) e continui a essere perseguita con la forza delle idee, attraverso le istituzioni democratiche e un’economia di mercato regolata e che rappresenti il luogo sulla terra in cui meglio sono tutelate le libertà e i diritti individuali, rende la mera esistenza del progetto europeo una minaccia esistenziale al suo sanguinario incubo di un ritorno al passato. In questo senso, la sconfitta politica di Putin, del suo disegno egemonico reazionario, è la premessa necessaria affinché il sogno europeo possa continuare a vivere.
DJT si illude di poter separare Mosca da Pechino, concedendo al tiranno moscovita quella vittoria politica che solo una resa incondizionata dell’ucraina e dell’Europa potrebbe assicurargli. E’ una sciocca e tragica illusione. Né la Cina né la Russia sono davvero intenzionate a lasciare sfuggire la ghiotta occasione per capovolgere le gerarchie mondiali rappresentata dal tradimento americano di quell’idea di occidente sulla quale si è fondata la leadership degli Stati Uniti. Ma noi non possiamo permetterci il lusso di assistere da spettatori compiaciuti al naufragio dell’improvvisato nocchiere d’Oltreoceano. Occorre piuttosto che ci attrezziamo per sopravvivere al possibile disastro, per consentire che i valori della libertà e della democrazia sopravvivano, ben custoditi e ben applicati, in questa piccola, estrema propaggine di terra che si ostina a volersi chiamare Europa e non Asia.