
danni di washington
Con la Russia e l'Iran, gli Stati Uniti sono a corto di idee
Witkoff dice che la soluzione del conflitto in Ucraina dipende dai "cinque territori" che la Russia occupa e suggerisce la via brevissima dell'accontentare Putin. Con Teheran tira fuori clausole molto simili a quelle dell'accordo siglato da Obama da cui Trump era uscito
Gli Stati Uniti hanno bloccato il comunicato in cui il G7 voleva esprimere la sua condanna contro il bombardamento russo di Sumy, quando due missili balistici hanno colpito il centro della città ucraina molto vicina al confine di Mosca. I comunicati risolvono poco, il Cremlino non è sensibile alle condanne, ma se, come riferisce Bloomberg, gli Stati Uniti scelgono di dirottare l’unità del G7 per non rovinare i negoziati con Vladimir Putin, allora il dirottamento assume una grande rilevanza, soprattutto se sommato alle frasi con cui il presidente americano, Donald Trump, ha accusato Kyiv di aver iniziato la guerra contro un nemico troppo grande e ha giustificato l’attacco come un “errore”, aderendo alla propaganda russa secondo la quale i missili erano diretti a una cerimonia per soldati. La cerimonia era prevista, è stata il pretesto per colpire ma tra le vittime non ci sono soldati, soltanto civili. Steve Witkoff, l’inviato di Trump dal medio oriente alla Russia, al suo ritorno dal fine settimana diplomatico ha rilasciato un’intervista a Fox News in cui ha annunciato: “Penso che potremmo essere sull’orlo di qualcosa di molto importante per il mondo intero”. Ancora una volta Witkoff si è dimostrato ottimista riguardo ai rapporti con il Cremlino e secondo le sue dichiarazioni, dopo colloqui con Putin che ha definito “convincenti”, la chiave per un accordo ruota tutta attorno ai “cosiddetti cinque territori”.
Si riferisce alla Crimea, che la Russia ha annesso illegalmente nel 2014 con un referendum illegittimo e alle regioni di Zaporizhzhia, Kherson, Luhansk e Donetsk, che l’esercito di Mosca occupa non interamente, ma il Cremlino le ha dichiarate russe senza neppure averle conquistate. Secondo il Wall Street Journal, nell’Amministrazione americana si scontrano due posizioni opposte. Da una parte ci sono il segretario di stato Marco Rubio e Keith Kellogg, il generale nominato per mediare la soluzione della guerra in Ucraina che di fatto è stato sostituito da Witkoff. Dall’altra ci sono Witkoff e il vicepresidente J. D. Vance. Rubio e Kellogg avrebbero suggerito a Trump di non fare concessioni territoriali a Mosca, mentre Witkoff vede le concessioni come la strada più breve per ottenere un cessate il fuoco. Trump è in cerca di vie brevissime, continua a dare retta a Witkoff, che dopo il suo terzo ritorno dalla Russia ha ancora ripetuto che Putin è pronto a negoziare. Dopo tre anni di guerra, la soluzione dell’Amministrazione Trump che prometteva di far finire il conflitto in ventiquattro ore è accontentare le richieste del Cremlino, a costo di creare un precedente molto pericoloso che mette in pericolo non soltanto l’Ucraina, ma l’intera Europa. L’arte dell’accordo di Trump e Witkoff prevede, stando alle indiscrezioni della stampa americana, di fare quello che detta Putin.
Il presidente americano aveva promesso una soluzione rapida anche di altri conflitti soprattutto in medio oriente, ma né a Gaza né con l’Iran è riuscito a trovare qualcosa di nuovo. Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas si basava sulla proposta fatta dall’Amministrazione Biden e adesso che i bombardamenti sulla Striscia sono ricominciati e cinquantanove ostaggi israeliani sono ancora tenuti prigionieri dai terroristi le ultime nuove proposte di negoziato vengono soltanto dall’Egitto. Dopo il primo mandato, Trump era ricordato per il suo atteggiamento falco nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran: si era ritirato dal Jcpoa (Piano d’azione congiunto globale per regolare il progetto nucleare iraniano) e aveva dato il via libera per l’omicidio del generale Qassem Suleimani, la mente della strategia di circondare e stritolare Israele da ogni lato con il sostegno attivo di gruppi terroristi accomunati dall’odio per lo stato ebraico. Quando Trump si ritirò dall’accordo sul nucleare iraniano che era stato siglato dall’Amministrazione Obama, non lo fece per avviare nuovi colloqui e migliorare un accordo imperfetto, come si sarebbero aspettati gli israeliani, lasciò l’Iran libero di arricchire l’uranio nonostante le pesantissime sanzioni. Adesso Trump ha deciso di negoziare un nuovo accordo e ancora una volta ha mandato Witkoff a farlo.
L’inviato americano si è incontrato in Oman con gli iraniani e un secondo appuntamento è previsto per questo fine settimana. E’ stato Witkoff a rivelare quali sono le proposte americane, sconosciute fino a lunedì sera: Washington non chiede lo smantellamento del programma nucleare, punta a limitare l’arricchimento dell’uranio al 3,67 per cento, senza nessun cambiamento rispetto al Jcpoa negoziato da Obama. In cambio di questa percentuale citata da Witkoff, l’Iran avrebbe un allentamento delle sanzioni e ovviamente dovrebbe sottoporre il programma nucleare a controlli, sempre come previsto dal Jcpoa. I piani americani garantirebbero la sopravvivenza del programma nucleare e anche del regime iraniano: proprio per questo la guida suprema Ali Khamenei, prima contrario a ogni colloqui con gli americani, si è deciso a negoziare. Trump sarebbe uscito nel 2018 dal piano siglato nel 2015 per rifirmalo senza troppe differenze nel 2025. In questi anni Teheran ha irrobustito il suo programma, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica a febbraio disponeva di 274,8 chilogrammi di uranio arricchito al 60 per cento: per raggiungere il 90 per cento richiesto per le armi atomiche basta poco. Cosa dovrebbe fare l’Iran dell’uranio arricchito finora? Gli Stati Uniti hanno fatto una proposta: trasferirlo in paesi terzi, anche la Russia viene presa in considerazione.