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La lista dei paesi sicuri dell'Ue è piena di problemi, ma piace all'Italia

David Carretta

Le procedure accelerate e le procedure di frontiera dovrebbero permettere di valutare le richieste di protezione internazionale al massimo in tre mesi. Per il governo italiano è “un successo”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantendosi

Bruxelles. La Commissione europea ha presentato la sua prima lista di “paesi di origine sicuri”, che dovrebbe consentire agli stati membri di anticipare l’applicazione del nuovo Patto sulla migrazione e accelerare le procedure per rimpatriare i richiedenti asilo la cui domanda ha alte probabilità di essere rigettata. Le procedure accelerate e le procedure di frontiera dovrebbero permettere di valutare le richieste di protezione internazionale al massimo in tre mesi. Il concetto di “paese sicuro” implica una presunzione di domanda infondata, perché i migranti non corrono rischi di persecuzione nel loro paese. La stessa procedura sbrigativa ed accelerata si applicherà anche a migranti che provengono da paesi per i quali il tasso di riconoscimento della protezione internazionale è inferiore al 20 per cento. Per il governo italiano è “un successo”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantendosi. La lista proposta dalla Commissione include Tunisia, Egitto e Bangladesh, al centro delle battaglie tra l’esecutivo e i giudici, ogni volta che questi ultimi sono stati chiamati a valutare l’applicazione del principio del paese sicuro ai richiedenti asilo sul territorio italiano o nei centri in Albania. Gli altri paesi di origine sicuri sono quelli candidati all’adesione (con un’eccezione per l’Ucraina perché in guerra), il Kosovo, la Colombia e l’India. 

 

Per assecondare il governo italiano, la Commissione di Ursula von der Leyen si sta assumendo un rischio politico e giuridico. La lista e le modifiche al regolamento dovranno essere approvate dal Consiglio (dove sono rappresentati i governi) e dal Parlamento europeo. Nelle trattative gli eurodeputati potrebbero cercare di togliere dalla lista Tunisia, Egitto e Marocco, le cui credenziali sui diritti fondamentali sono messe in dubbio da istituzioni internazionali e organizzazioni non governative. La lista finale “potrebbe essere più corta”, ammette un funzionario della Commissione. Inoltre, prima dell’estate è attesa la sentenza della Corte di giustizia dell’Ue sui centri in Albania, che potrebbe modificare i criteri per la definizione dei paesi di origine sicuri. Un parere dell’Avvocato generale della Corte pubblicato la scorsa settimana suggerisce che per essere sicuri i paesi terzi devono essere anche delle democrazie funzionanti. Per ragioni politiche la Commissione ha scelto di non aspettare la sentenza. “Questa proposta è un’iniziativa politica che è stata annunciata in due occasioni dalla presidente della Commissione (…) prima del parere dell’Avvocato generale”, spiega il funzionario.

 

Con la sua lista la Commissione vuole uniformare l’applicazione del concetto di paese di origine sicuro. Gli stati membri saranno liberi di mantenere le loro liste nazionali (l’Italia include 19 paesi tra cui Ghana, Senegal e Algeria; la Germania ne ha solo nove; altri stati membri non hanno una lista). Ma la lista della Commissione è carica di altri potenziali problemi. La decisione di includere tutti i paesi candidati tra quelli considerati sicuri è discutibile per Turchia e Georgia, dove le persecuzioni politiche contro l’opposizione sono attualmente in corso. Anche per i curdi presi di mira da Recep Tayyip Erdogan varrà la presunzione di infondatezza della domanda di asilo. La proposta della Commissione non include le categorie di persone a rischio (politici, giornalisti, attivisti, minoranze etniche o religiose, o omosessuali) o parti di territorio a cui non si dovrebbe applicare il principio del paese di origine sicuro (le zone di guerra o persecuzione). Gli stati membri saranno lasciati liberi di scegliere se tutelare o meno categorie specifiche di persone a rischio. In ogni caso, i conflitti davanti ai tribunali nazionali non finiranno grazie alla lista. Ogni richiedente asilo potrà fare appello se la sua domanda di protezione internazionale sarà rigettata sbrigativamente con la procedura accelerata. Spetterà poi ai giudici verificare su base individuale se il paese di origine è davvero sicuro per la persona interessata.

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