Gerald Darmanin (Ansa)

Da Parigi

Che cos'è questa pericolosa scia di violenze contro il sistema penitenziario in Francia

Mauro Zanon

Per il ministro della Giustizia francese, Gérald Darmanin, dietro agli "attacchi coordinati" degli ultimi giorni, ci sono le organizzazioni di traffico di stupefacenti, in rivolta contro i provvedimenti drastici per i reati legati alla droga che sono stati recentemente annunciati dal governo Macron

Parigi. Da una decina di giorni l’amministrazione penitenziaria francese è vittima di un’ondata di violenze che si sta abbattendo su carceri, veicoli e residenze del personale del ministero della Giustizia. “Attacchi coordinati”, li ha definiti il ministro della Giustizia francese, Gérald Darmanin, dietro i quali ci sarebbero le organizzazioni di traffico di stupefacenti in rivolta contro i provvedimenti drastici per i reati legati alla droga annunciati di recente dal governo Macron. I primi attacchi violenti si sono verificati nella notte tra domenica 13 e lunedì 14 aprile nel parcheggio dell’École normale d’administration pénitentiaire di Agen, nel sud-ovest della Francia, dove sette veicoli sono stati “distrutti o danneggiati a causa di un incendio”, secondo quanto riportato dalla procura del Lot-et-Garonne. “E’ una prima volta nella storia dell’École normale d’administration pénitentiaire”, ha dichiarato a France 3 Fouad Tabaza, rappresentante sindacale degli allievi della scuola. 

 

Nel corso della stessa notte, all’esterno dell’istituto penitenziario di Réau, a sud di Parigi, è stata incendiata l’auto di un secondino e sono state trovate tracce di benzina su altri tre veicoli. Tra lunedì 14 e martedì 15 aprile gli attacchi si sono intensificati e hanno coinvolto sette carceri in tutta la Francia, da Nanterre, dove due individui sono stati avvistati mentre davano alle fiamme l’auto di un membro del personale del carcere locale, a Marsiglia, nel Tredicesimo arrondissement, dove diverse macchine parcheggiate nei pressi di una residenza in cui vivono dipendenti del ministero della Giustizia sono state incenerite. L’attacco più grave si è verificato a Tolone, dove sono stati sparati quindici colpi di kalashnikov contro la porta d’ingresso principale da parte di “diverse persone arrivate in auto”, secondo il procuratore locale, Samuel Finielz. A Marsiglia, per la prima volta, gli autori hanno rivendicato l’attacco con un tag, “Ddpf”, che sarebbe l’acronimo di “Difesa dei prigionieri francesi”. Ouest-France ha potuto consultare il canale Telegram “Défense des prisonniers français”, prima della chiusura ordinata dalla Procura nazionale antiterrorismo che ha in mano l’inchiesta sugli attacchi agli istituti penitenziari e che, per ora, non esclude nessuna pista. Nel gruppo Telegram, che riuniva 1.700 follower e affermava di essere all’origine degli attacchi, gli amministratori si presentavano come difensori dei “diritti dell’uomo all’interno delle prigioni” e se la prendevano in particolare con il ministro Darmanin, accusato di aver “scatenato una guerra” con le misure adottate dopo la sua nomina e di aver “violato i loro diritti fondamentali”. 

   

Secondo alcune fonti vicine al dossier sentite da France Info, la miccia che ha acceso le rivolte sarebbe stato l’annuncio della creazione di prigioni di massima sicurezza destinate ai detenuti più pericolosi della criminalità organizzata, ispirate al 41-bis italiano, la forma di detenzione più dura del nostro sistema penitenziario (Darmanin ha incontrato a febbraio a Roma il suo omologo italiano Carlo Nordio per studiarlo da vicino). Le carceri di Vendin-le-Veil, nel Pas-de-Calais, e di Condé-sur-Sarthe, nell’Orne, si stanno infatti preparando a ospitare tra qualche mese duecento tra i più pericolosi trafficanti di droga sul territorio francese. Il tag Ddpf è apparso anche durante le ultime azione violente intorno a Lione, a Caen e nel dipartimento dell’Oise avvenute nella notte tra Pasqua e Pasquetta. “Tag Ddpf sono stati trovati sul veicolo di un agente, che era parcheggiato fuori dalla sua casa”, nel comune di Mouy, ha dichiarato Frédéric Trinh, procuratore di Beauvais (Oise). 

 

Secondo fonti della polizia sentite dal Parisien, cinque veicoli del personale del Service pénitentiaire d’insertion et de probation di Caen sono stati incendiati tra domenica 20 e lunedì 21 aprile. La stessa notte, due macchine sono state incendiate e altre due danneggiate nel parcheggio del carcere di Corbas, a sud di Lione, e a pochi chilometri di distanza, a Villefontaine, è stato dato fuoco alla porta di una casa, su cui è stata anche scritta la sigla Ddpf. “Gli agenti penitenziari e le carceri sono stati nuovamente presi di mira la scorsa notte”, ha scritto lunedì sera su X Darmanin: “Questi atti costituiscono un’intimidazione alla Repubblica in un momento in cui stiamo ripristinando l’autorità e l’ordine nelle nostre prigioni. E’ un momento difficile ma indispensabile per lo stato e i suoi agenti”.  Le proteste hanno fatto risalire però anche il dibattito sul sovraffolamento degli istituti: a marzo nelle carceri francesi erano detenute 82.152 persone, mentre il totale è di 62.539 posti, una percentuale di oltre il 130 per cento, tra le peggiori in Europa. Un problema al quale Darmanin fatica a dare risposta. 

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