Foto ANSA

Il piano di pace

I passi di Kyiv davanti alla debolezza negoziale di Trump con Putin

Kristina Berdynskykh

Saltano i colloqui di Londra che avrebbero dovuto avvicinare la pace tra Russia e Ucraina. C'è il rischio concreto che gli Stati Uniti si ritirino dal processo per trovare la pace. Zelensky è pronto a negoziare direttamente con il Cremlino, ma solo dopo un cessate il fuoco

Kyiv. I colloqui di Londra, previsti per il 23 aprile, avrebbero dovuto rappresentare un passo determinante per avvicinare la pace tra Russia e Ucraina. Questo ciclo di negoziati si sarebbe dovuto svolgere a livello dei capi dei ministeri degli Esteri di Gran Bretagna, Francia, Germania, Ucraina e Stati Uniti. Ma già martedì i dettagli del piano di pace degli Stati Uniti per porre fine alla guerra nel suo complesso erano trapelati sulla stampa occidentale. Le idee che sono state presentate non spiegano come ottenere nemmeno un cessate il fuoco temporaneo. “Questa non è ancora una proposta ufficiale. Quando sarà ufficiale, allora reagiremo”, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky il 22 aprile in una conferenza stampa, a cui ha partecipato anche il Foglio. Ma Zelensky ha subito chiarito che l’Ucraina non riconoscerà mai la Crimea come russa; è la stessa costituzione ucraina a impedire al presidente decisioni sui cambiamenti della  sovranità. “Questo è il nostro territorio, il territorio del popolo ucraino”.

Secondo il quotidiano britannico Telegraph, l’Amministrazione Trump propone inoltre di congelare il conflitto lungo l’attuale linea del fronte, di trasferire la centrale nucleare di Zaporizhzhya sotto il controllo americano, di rifiutare l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica ma di accettare un possibile ingresso nell’Ue e di revocare tutte le sanzioni contro la Russia. “In precedenza, gli americani avevano affermato che prima serviva un accordo di cessate il fuoco e poi negoziati di pace. Ovviamente, sotto l’influenza della Russia, hanno cambiato posizione”, afferma il politologo Volodymyr Fesenko. Non appena Zelensky durante la conferenza stampa ha menzionato la Crimea, il segretario di stato americano Marco Rubio e Steve Witkoff, l’inviato speciale degli Stati Uniti per il medio oriente mandato anche a occuparsi dei colloqui con Mosca, hanno cambiato bruscamente idea riguardo alla possibilità di recarsi a Londra.

Witkoff ha in programma di visitare nuovamente la Russia entro questa settimana. Gli americani hanno inviato in Gran Bretagna soltanto il generale Keith Kellogg, inviato speciale di Trump per l’Ucraina presto relegato a un ruolo di rappresentanza e con poco accesso al presidente americano: il livello dei negoziati è sceso da ministeriale a tecnico. “Dopo che Rubio si è rifiutato di andare a Londra, è diventato chiaro che non ci sarebbero stati accordi”, afferma Fesenko. Rubio non ha voluto riconoscere pubblicamente la crisi negoziale, ma la crisi è arrivata come previsto viste le premesse.

“Proporre di riconoscere la Crimea come russa è una garanzia di fallimento nei negoziati; questa è una linea rossa per Kiev”, spiega l’esperto, secondo il quale, l’errore della squadra di Trump, in particolare di Witkoff, è che è composta da persone convinte  che le concessioni alla Russia siano la via per la pace. Ogni nuova concessione invece porta la Russia a proporre nuove condizioni, rendendosi conto che Trump vuole un accordo rapido. Il 30 aprile saranno trascorsi 100 giorni dall’insediamento del presidente americano, e in Ucraina non c’è ancora pace. Zelensky ha dichiarato che non sarà possibile raggiungere rapidamente un accordo con la Russia: per prima cosa bisogna raggiungere un accordo su un cessate il fuoco incondizionato ed effettivo che duri almeno un mese. Durante la “tregua pasquale” di 30 ore, violata dalla Russia, l’attività sul fronte è diminuita, ed è stato il segnale che se Mosca può garantire il silenzio se lo si desidera.

 

                 

                

“Dopo il cessate il fuoco siamo pronti a sederci al tavolo delle trattative in qualsiasi formato”, ha assicurato il presidente. Zelensky, durante l’incontro con i giornalisti che avrebbe dovuto precedere il vertice di Londra, ha ripetuto più volte che l’Ucraina è pronta a negoziare direttamente con la Russia dopo l’attuazione della prima fase degli accordi di cessate il fuoco. Gli Stati Uniti, secondo un articolo del Telegraph, propongono di revocare tutte le sanzioni contro la Russia prima ancora che entri in vigore il cessate il fuoco temporaneo. “Per Washington, i negoziati diretti tra Russia e Ucraina rappresenterebbero già un risultato positivo dei loro sforzi”, afferma Oleksandr Krayev, direttore del programma Nord America presso il centro Prism UA. Ma ora la Russia pone una nuova condizione: il riconoscimento della Crimea come territorio russo.

“La squadra di Trump pensa che se questo è ciò che serve per far partire i negoziati, allora così sia”, spiega Krayev che sicuro di un fatto: si tratta di una posizione molto sconsiderata che dimostra che la Casa Bianca, nei tre mesi del nuovo governo, non ha ancora elaborato una strategia su come affrontare questa guerra. Finora l’unico approccio è stato quello del ricatto e dell’intimidazione nei confronti dell’Ucraina, che si è vista bloccare gli aiuti mentre la Russia riceve cortesie.

Fesenko ritiene che Kyiv debba resistere a questa pressione mantenendo la calma, per non arrivare a uno scontro finale con gli Stati Uniti. Gli ultimi mesi hanno dimostrato che gli americani si stanno rapidamente raffreddando e stanno scendendo a compromessi. Inoltre, per ora gli Stati Uniti sono ancora interessati a concludere un accordo sulle risorse minerarie con Kyiv. “L’Ucraina può dire all’America: se queste sono davvero tutte le vostre proposte per porre fine alla guerra, allora non dobbiamo firmare questo accordo”, prevede l’esperto. Se anche su questo fronte si verifica un fallimento, c’è il rischio concreto che gli Stati Uniti si ritirino dal processo.

Krayev ritiene che Trump potrebbe interrompere la sua attività alla ricerca di un accordo di pace, ma non lo abbandonerà pubblicamente. Il ritiro completo degli Stati Uniti dai negoziati rappresenta un rischio futuro per l’America e un messaggio alla Cina con Taiwan: “E la Casa Bianca non può permetterselo”.