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la celebrazione
La resistenza ucraina incarna i valori del 25 aprile, difendiamola
A differenza dell’Italia del 1943–1945, la resistenza non ha dovuto germogliare dopo un ventennio di dittatura, ma è sbocciata in un paese pacifico trascinato in una guerra feroce dal regime di Putin. A 80 anni dalla Liberazione, l'Europa rappresenta ancora lo strenuo bastione della libertà
Se c’è un paese che da oltre tre anni incarna i valori della Resistenza e dell’antifascismo che celebriamo ogni 25 aprile, ebbene questo paese è l’Ucraina. Come l’Italia tra il 1943 e il 1945, l’Ucraina combatte oggi una guerra per la sua liberazione, contro un aggressore vile e disumano, che è inscritta nella lotta dell’intera Europa per affermare i valori della libertà, della democrazia e del ripudio della sopraffazione, i soli che possono garantire la sopravvivenza delle nostre istituzioni comunitarie e nazionali. A differenza dell’Italia di allora, questa resistenza non ha dovuto germogliare dopo un ventennio di dittatura e la sconfitta del disegno egemonico nazifascista, ma è sbocciata in un paese pacifico trascinato in una guerra feroce da un regime, quello di Putin, che sempre più ricorda i totalitarismi che hanno sfregiato il nostro continente per tanti decenni.
Noi oggi celebriamo nelle piazze e nei nostri cuori l’80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo, frutto anche della lotta partigiana e delle tante forme di resistenza cui, dopo l’8 settembre, molti italiani e molte italiane dettero vita e per le quali dettero le loro giovani vite. Non tutti e neppure la maggioranza degli italiani seppero fare la scelta giusta, in parte stremati dai tre anni di guerra in parte deragliati dai vent’anni di dittatura. Ma a chi decise di prendere la via dei monti, di non cedere alla prospettiva di essere rimpatriato se avesse accettato di venir meno al suo giuramento di fedeltà, di lottare anche in condizioni impari nei tanti avamposti in cui la viltà degli alti comandi lo aveva abbandonato, di scioperare contro la macchina collaborazionista repubblichina, continua ad andare il nostro sentimento di riconoscenza. Sono stati loro a consentire che la libertà ritrovata con il 25 aprile non fosse solo il frutto delle decisive campagne alleate, ma anche quello di un sollevamento morale, prima ancora che politico e militare, di un popolo che con il fascismo e le sue stolide e tragiche guerre di aggressione aveva perso anche l’onore. È a quegli uomini e a quelle donne che dobbiamo il nostro onore ed è grazie al loro sacrificio che possiamo festeggiare la fine seconda della guerra mondiale non come sconfitti che tirano un sospiro di sollievo per la cessazione delle stragi e delle distruzioni ma anche e soprattutto come quelli che parteciparono a riaffermare il valore della libertà. Con il 25 aprile non fummo semplicemente “salvi”, come i tedeschi dopo l’8 maggio, ma “liberi”. Esattamente come chiedono di essere gli ucraini e le ucraine di oggi.
Quegli uomini e quelle donne che scelsero di combattere per la libertà e non di sopravvivere da servi, se oggi fossero qui tra di noi, non avrebbero alcuna difficoltà a riconoscere nei combattenti ucraini che lottano per la difesa della loro libertà e del futuro del loro paese dei “compagni d’arme”, dei commilitoni nella stessa battaglia. Non confonderebbero la resa con la pace e non auspicherebbero una generica fine delle ostilità. Chi scelse la via dei monti non lo fece nella certezza che il nazifascismo sarebbe stato sconfitto, ma nell’urgenza di partecipare alla lotta per la sua sconfitta. Quegli uomini e quelle donne erano pacifici, ma non pacifisti, perché avevano potuto vedere dove il pacifismo aveva condotto l’Europa a Monaco, nel 1938. Tra le cose che fanno più male in questo 80° Anniversario della Liberazione c’è il constatare come il vertice dell’associazione che dovrebbe serbare la memoria delle motivazioni, dei valori e del sacrificio di quei nostri progenitori non abbia saputo riconoscere l’evidente fratellanza d’armi tra quella nostra lotta di allora e la lotta del valoroso popolo ucraino di oggi. Uno spettacolo miserabile che offende la memoria dei tanti combattenti per la libertà, di ieri e di oggi, tantopiù perché affermata da “partigiani” da salotto e da tastiera.
L’Europa di oggi, per nostra fortuna, non è coinvolta direttamente in una guerra guerreggiata. E se saprà compiere le scelte giuste e mostrare il coraggio necessario non lo sarà. Ma la guerra è alle nostre porte e, complice il tentativo di cambio di regime che è all’opera Oltreoceano, una minacciosa potenza autoritaria priva di scrupoli e umanità cerca nuovamente di allungare la sua nera ombra sul nostro futuro. La difesa attiva delle libertà costituzionali che dalla Resistenza discendono è oggi coerentemente affidata tanto alle istituzioni repubblicane quanto a quelle europee. Il processo di unificazione continentale è il traguardo più nobile e più importante che la guerra di liberazione ci ha consegnato e ha reso possibile. E’ lo spirito autentico del manifesto di Ventotene. La difesa di queste nostre istituzioni democratiche, nazionali ed europee, tanto più oggi che assistiamo sgomenti e raggelati alla deriva statunitense, insieme al sostegno alla resistenza ucraina, è il modo più nobile e concreto con cui possiamo dare continuità allo spirito del 25 aprile. L’Europa, con tutti suoi limiti e con alcune vistose e tristi eccezioni di cui l’Ungheria di Orbán è la più eclatante, rappresenta comunque lo strenuo bastione della libertà in un’epoca in cui troppi, per contrapposte ma convergenti viltà e miopie, sembrano disposti a sacrificarla. Ricordiamocelo con legittimo orgoglio e con doverosa dedizione. Buon 25 aprile a tutte e tutti noi.