
Ansa
l'editoriale del direttore
La missione dell'Europa è la stessa della Chiesa: difendere valori che sono minoranza nel mondo
Sia il cattolicesimo sia l’Europa oggi si trovano di fronte a fenomeni simmetrici. Le minoranze creative, diceva Ratzinger, salveranno la Chiesa. Le minoranze creative, si potrebbe dire oggi, salveranno l’Europa da tutti coloro che la vogliono rendere vuota, superata, marginale, vulnerabile
Il funerale sobrio ma maestoso di Papa Francesco consegnerà agli osservatori più attenti e anche a quelli più disattenti un numero spropositato di emozioni, di sensazioni, di riflessioni e di impressioni, e gli spunti su cui ragionare, meditare e riflettere, oltre che pregare, avranno sfumature di ogni tipo e coincideranno prima di tutto con i fotogrammi magici e infiniti che arriveranno questa mattina da piazza San Pietro. Oltre al sentimento comune di cordoglio sincero per la morte del Papa, è difficile trovare qualcosa di concreto, e non di retorico, che leghi, in modo profondo, i volti che andranno a comporre la sfilata dei potenti del mondo e i volti che andranno a comporre la sfilata dei potenti della Chiesa. Difficile ma non impossibile se si sceglie per un istante di mettere in rilievo un’espressione formidabile, molto cara al Papa che ha preceduto Francesco. L’espressione, usata per la prima volta da Benedetto XVI nel 2009 durante un volo verso la Repubblica ceca, è composta da due parole e i lettori di questo giornale la conoscono piuttosto bene: minoranza creativa.
La minoranza creativa, secondo Benedetto XVI, rappresenta un carattere inevitabile con cui deve fare necessariamente i conti la Chiesa. La Chiesa, sosteneva Benedetto XVI, prima o poi rinascerà ma dovrà rinascere da una posizione diversa dal passato, dovrà rinascere da una posizione più piccola, più povera, “quasi catacombale”, dovrà accettare la condizione di non essere più una Chiesa che “cerca di piacere al mondo” e dovrà adattarsi a mettere la sua operazione di rinascita nelle mani di “un piccolo resto apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione”, nella consapevolezza che “contro il male resiste un piccolo gregge”.
Le minoranze creative, disse Ratzinger il 26 settembre del 2009, determineranno il futuro e la Chiesa, che ha “un’eredità di valori che non sono cose del passato ma una realtà viva e attuale”, deve essere presente nel dibattito pubblico per affermare “un concetto vero di libertà e di pace”. Il tema, naturalmente, riguarda la Chiesa del futuro, la chiesa del dopo Francesco, ma da questo punto di vista la missione che avrà il successore di Bergoglio sarà un qualcosa di simile alla missione che si ritrova sulle spalle un pezzo importante della classe dirigente che sfilerà oggi al funerale del Papa: l’Europa.
Le minoranze creative, diceva Ratzinger, salveranno la Chiesa, da tutti coloro che la vogliono rendere vuota, superata, marginale, vulnerabile. Le minoranze creative, si potrebbe dire oggi, salveranno l’Europa, da tutti coloro che la vogliono rendere vuota, superata, marginale, vulnerabile. Sia il cattolicesimo sia l’Europa, sia l’occidente se vogliamo, oggi si trovano di fronte a fenomeni simmetrici. Entrambi, scontano una perdita di centralità nel discorso globale. Entrambi, devono fare i conti con un attacco costante alla propria identità. Entrambi, cercano una via per conservare il senso della difesa della propria verità, della propria bellezza, della propria idea di libertà. Il compito di far leva sulle sue minoranze creative per ridare linfa alla Chiesa sarà una delle sfide del prossimo pontificato.
Ma in attesa di capire in quale direzione si muoverà la geometria variabile del Conclave, sarà sufficiente osservare oggi la sfilata dei potenti attorno al feretro di Francesco per capire come oggi, politicamente parlando, la resistenza agli istinti illiberali rappresentati dal grande ospite d’onore del funerale di oggi, il presidente americano, è affidata a una serie di minoranze creative che stanno tentando di proteggere l’Europa dalla furia illiberale generata dall’arrivo di Donald Trump. Sono le minoranze creative, in un certo senso, che sono state rivitalizzate dal trumpismo, in Europa, “piccoli gruppi capaci di conservare il senso della verità, della bellezza, del bene in tempi di smarrimento”, direbbe Ratzinger, e sono le minoranze creative che, con la loro specificità, la loro unicità, la loro capacità di contrapporre agli istinti estremisti la cultura del compromesso, sono riuscite a trasformare il trumpismo in un’occasione per ritrovare linfa, vitalità e visione.
L’Europa che sfilerà oggi di fronte a Trump è un’Europa fatta di minoranze creative. Una minoranza creativa, in fondo, è quella rappresentata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, chiamata a difendere un’idea di occidente, intesa come miscela unica delle democrazie liberali, della globalizzazione, dello stato di diritto, dei diritti umani, della libertà individuale, che ormai è quasi un caso unico al mondo. Una minoranza creativa in fondo è quella dell’Italia, dove vi è una premier che, a suo modo, è un unicum in Europa e anche nel mondo: una ex populista convertita all’europeismo in grado di surfare tra l’atlantismo e l’europeismo senza essere anti trumpiana. Una minoranza creativa in fondo è quella della Francia, dove vi è un capo di stato che, a suo modo, è un unicum in Europa e anche nel mondo: un leader di un movimento centrista, in disfacimento, che con la forza del proprio messaggio europeista e anti populista è riuscito a tenere a bada gli istinti nazionalisti del proprio paese.
Una minoranza creativa, in fondo, è quella del Regno Unito, dove vi è un primo ministro che, a suo modo, è un unicum in Europa e anche nel mondo: leader di una sinistra che non disprezza la globalizzazione, che non disprezza i mercati, che si batte per la difesa della democrazia liberale al punto da sfidare su questo tema lo storico alleato americano. E una minoranza creativa, in fondo, sarà quella che si andrà a formare nei prossimi giorni, in Germania, dove vi sarà un altro capo di governo che rappresenterà un caso unico al mondo: un leader di destra, che ama l’Europa, che detesta i sovranisti, che disprezza gli estremisti, che combatte il modello Maga, che non flirta con il muskismo.
L’Europa che resiste al trumpismo, rivitalizzata dal trumpismo, è un’Europa che si affida alle sue minoranze creative per resistere ai populismi, per resistere ai sovranismi, per resistere ai nuovi agenti dell’illiberismo mondiale, nella consapevolezza che l’Europa di oggi si ritrova in una posizione non troppo diversa da quella in cui si trova la Chiesa: difendere valori e istituzioni che sono ormai minoranza nel mondo, provando a far diventare minoranza chi quei valori li minaccia. Una società che non sa più dire ciò che è bene e ciò che è male, diceva Ratzinger, non è libera, è semplicemente perduta. Vale per la Chiesa di domani, che proverà a rinascere nel dopo Francesco, e vale per l’Europa di oggi, che osservandosi allo specchio, negli istanti del funerale del Papa, noterà qualcosa di ciò che è diventata che potrebbe offrire qualche elemento di ottimismo rispetto al futuro, e rispetto alla capacità di saper dire, con forza, ciò che è bene e ciò che è male, per evitare di essere semplicemente perduta.

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