
IL VOTO
Il Canada va alle urne con i liberali in vantaggio
A contendersi la maggioranza, il conservatore Pierre Poilievre e Mark Carney, premier dopo le dimissioni di Trudeau. Secondo gli analisti, il paese vira a destra nei temi (crisi abitativa, crimine, migranti) e nelle soluzioni proposte, ma potrebbe mantenere lo stesso partito al potere. È l'effetto Trump
In quella che è stata definita come una delle elezioni più importanti nel paese, il Canada va alle urne per eleggere il nuovo primo ministro, in un confronto che non vedrà la figura di Justin Trudeau come front-runner del partito liberale per la prima volta dal 2011. A contendersi la maggioranza, Pierre Poilievre, leader dei conservatori, e Mark Carney, appena insediatosi come premier dopo le dimissioni di Trudeau e capo della formazione dei liberali.
Secondo gli ultimi sondaggi di CBC, l’emittente pubblica canadese, i liberali hanno il 70 per cento di chance di ottenere una maggioranza assoluta e il 19 per cento di una maggioranza relativa. Per i conservatori, invece, solo il 10 per cento di possibilità di una maggioranza relativa. Un cambiamento storico nei rapporti di forza dei due partiti, dato che a gennaio i conservatori sembravano avviarsi a un’elezione che li avrebbe rivisti facilmente tornare al potere dopo dieci anni di opposizione; in mezzo, però, l’inizio della guerra commerciale di Donald Trump contro il Canada, i dazi e le possibilità vagheggiate di rendere Ottawa il cinquantunesimo stato dell’Unione, che hanno indebolito molto la campagna conservatrice.
Fino a inizio anno, infatti, lo slogan di Poilievre era “Canada is broken”, con echi molto vicini al massacro americano della prima campagna elettorale di Trump, e il leader aveva ottenuto l’endorsement pubblico di Elon Musk. Tre mesi dopo, Trump è detestato da tre quarti dei canadesi, che cercano il più possibile di boicottare le merci statunitensi nei supermercati, e la campagna ha dovuto cambiare tono, assumendo un più neutro “Bring it Home” come claim elettorale. Poilievre, che ha chiuso la campagna in una fattoria a Carleton, vicino Ottawa, nel suo collegio in cui per alcuni analisti non è certo della vittoria, ha cercato di evidenziare come un voto per lui significherebbe un vero cambiamento rispetto a quella che ha definito “la decade liberale”, in cui l’economia ha arrancato e la crisi ha colpito i canadesi. L’obiettivo è quello di far dimenticare lo scossone alla coscienza nazionale avvenuto dopo l’inizio della guerra commerciale con gli Stati Uniti, e ricordare ai canadesi cosa avrebbero votato in massa fino a pochi mesi fa.
Di contro, il partito liberale si è rivitalizzato dalla sensazione di torpore degli ultimi mesi di governo Trudeau, e ha scommesso sulla figura di Mark Carney, che ha agilmente vinto le primarie interne. Una persona affidabile, moderata, due volte banchiere centrale, prima del Canada e poi del Regno Unito, la cui competenza è ritenuta chiave per poter affrontare di petto Donald Trump. Il presidente americano è costantemente citato dai liberali, che vogliono porsi come il partito più adatto ad affrontare la crisi in corso. “Trump sta cercando di distruggerci così che l’America ci possa conquistare”, ha detto Carney in uno dei suoi ultimi comizi.
I partiti minori, invece, faticano a emergere: il Nuovo Partito Democratico, che si pone alla sinistra dei liberali, è accreditato secondo CBC di soli 5 seggi, in quello che sarebbe il peggior risultato della storia del partito. Il Bloc Quebecois, partito indipendentista francofono del Quebec, fatica a emergere anche per il sentimento di rinnovato nazionalismo e unità nel Paese; il suo leader, Yves-Francois Blanchet, ha affermato in campagna elettorale che non punta a diventare premier “perché questo non è il mio Paese”, una frase che ha destato molte critiche.
Oltre a Trump, di cui tanto si è parlato, i temi principali della campagna sono stati la crisi abitativa, il crimine, su cui anche Carney ha ammesso che servirebbe un approccio più duro rispetto alla gestione precedente, e le politiche migratorie, che entrambi vogliono siano più restrittive rispetto al recente passato. Un Canada che vira a destra nei temi e nelle soluzioni proposte, ma che potrebbe mantenere lo stesso partito al potere: un’anomalia che Poilievre cerca di rimarcare, legando a doppio filo la figura di Carney al governo Trudeau, di cui era consigliere economico. Dal canto loro, i liberali invece puntano sul sentimento di unità nazionale in chiave anti-statunitense, e sul fatto di non avere un leader compromesso con le figure apicali dell’amministrazione Trump: secondo i sondaggi, questo sembra bastare per consegnare ai liberali altri quattro anni di governo, ma la parola finale spetta agli elettori, con i risultati attesi nel corso della notte.
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