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Dal Washington Post

L'accordo tra Russia e Iran sulla produzione di droni a lungo raggio

Mary Ilyushina, Siobhán O'Grady e Susannah George 

Un rapporto redatto da un gruppo di ricerca che si occupa di sicurezza globale getta luce sulla crescente cooperazione tecnologica tra i due principali avversari geopolitici degli Stati Uniti. Tra una rete di pagamenti occulta e limiti delle sanzioni globali

La collaborazione tra Iran e Russia per produrre droni di progettazione iraniana su suolo russo ha rafforzato i legami militari tra i due stati pesantemente sanzionati e ha notevolmente potenziato l’industria dei droni russa, secondo un rapporto pubblicato giovedì.

Nei due anni trascorsi da quando Mosca ha stretto un accordo con Teheran per lo scambio di tecnologia e l’avvio della produzione di droni senza pilota (Uav) nella regione del Tatarstan, in Russia, il paese ha aumentato significativamente la propria capacità di produzione interna di droni, utilizzandola per colpire le città ucraine con centinaia di Uav al giorno. La collaborazione ha inoltre dato origine a una rete di pagamenti occulta, basata su trasferimenti d’oro e paesi intermediari, per aggirare le sanzioni occidentali – complicando gli sforzi degli stati Uniti e dei loro alleati di applicare i controlli sulle esportazioni

 

              

 

Il Washington Post aveva già riferito dell’ambizioso progetto nella zona economica speciale di Alabuga, in Tatarstan, volto a costruire 6.000 droni entro l’estate del 2025, secondo documenti trapelati dal Cremlino. L’accordo mirava a colmare la carenza di armamenti a lungo raggio della Russia, dopo l’esaurimento dei missili da crociera, e a rafforzare la posizione di Mosca nella corsa agli armamenti con droni, sempre più determinante nel conflitto in Ucraina.

Il nuovo rapporto – redatto da C4ADS, un gruppo di ricerca con sede a Washington che si occupa di sicurezza globale, e condiviso con il Washington Post – getta luce sul lato iraniano dell’accordo e sulla crescente cooperazione tra i due principali avversari geopolitici degli Stati Uniti. “Il passaggio dalle importazioni alla produzione locale di Uav ha avuto un ruolo significativo nel sostenere la guerra della Russia in Ucraina”, si legge nel rapporto.

L’accordo ha permesso alla Russia di costruire il drone iraniano Shahed-136, un velivolo a elica in grado di percorrere centinaia di chilometri e schiantarsi sul bersaglio trasportando 53 kg di esplosivo. La Russia lo ha ribattezzato Geran-2. Secondo fonti ucraine, nel 2025 gli attacchi con una media di 100 droni tipo Shahed per notte sono diventati comuni, e lo scorso fine settimana si sono registrate alcune delle offensive più massicce, con circa 300 droni per notte. Questi numeri suggeriscono che l’accordo di produzione, che sarebbe costato alla Russia circa 2 miliardi di dollari, ha dato i suoi frutti.

Un’analisi degli attacchi con droni su Kyiv – condotta da Dragonfly Intelligence, un fornitore di intelligence geopolitica e di sicurezza – ha rilevato che il numero di proiettili per attacco è aumentato nel tempo, passando da 60 al giorno tra agosto e gennaio a 110 al giorno negli ultimi tre mesi. “I droni russi ora volano più velocemente e ad altitudini maggiori, oltre la portata dei gruppi mobili di difesa aerea ucraini”, afferma il rapporto di giovedì, aggiungendo che i droni trasportano anche carichi esplosivi più pesanti.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato ai giornalisti questa settimana che la Russia può costruire circa 300-350 droni a lungo raggio al giorno. L’Ucraina, invece, ne produce circa 100 al giorno, poiché non dispone delle risorse finanziarie per aumentare la produzione. Localizzando la produzione di droni, la Russia è riuscita a mantenere e ampliare rapidamente la propria capacità di attacchi a lungo raggio, sfruttando la ricerca e lo sviluppo già esistenti. “Per rispondere a esigenze operative in evoluzione, la Russia può allocare risorse aggiuntive per produrre o modificare il Geran-2 senza ulteriore supporto iraniano”, afferma il rapporto.

Gli sviluppatori russi presso lo stabilimento di produzione droni di Alabuga sono anche riusciti ad acquisire tecnologia fornita dall’Iran per avviare la produzione del modello Geran-3, una variante a propulsione a getto con una velocità massima superiore al Geran-2. L’aumento della velocità consente un puntamento più rapido e una maggiore capacità di eludere i sistemi di difesa aerea. “Abbiamo osservato che sono passati dall’importazione del Geran-2, alla sua produzione localizzata, fino alla realizzazione del Geran-3 localizzato”, ha dichiarato Omar al Ghusbi, autore del rapporto. “Sembra che si tratti di una localizzazione piuttosto riuscita, dato che vediamo sempre più varianti rispetto ai droni iraniani originali, anche se per alcune componenti continuano a dipendere dalle importazioni”.

Il ministero della Difesa russo non ha risposto alle domande sul rapporto e sulla cooperazione con l’Iran nella produzione di droni. Anche la missione iraniana presso le Nazioni Unite non ha commentato, ma in passato un portavoce iraniano ha riconosciuto che Iran e Russia “mantengono una cooperazione bilaterale in ambito difensivo, scientifico e di ricerca, che precede l’inizio del conflitto in Ucraina”.

Il rapporto di C4ADS si basa su dati trapelati e fonti pubbliche per tracciare il trasferimento di tecnologia Uav dall’Iran alla Russia. Tra le fughe di notizie principali vi sono 10 gigabyte di file della Sahara Thunder – un’azienda con sede a Teheran attiva in vari settori, dalla spedizione di petrolio agli appalti per la difesa – pubblicati dal gruppo di hacker Prana Network all’inizio del 2024.

La fuga di notizie ha rivelato i legami dell’azienda con Alabuga, sede di un centro di ricerca e di una linea di assemblaggio. I dati sono stati verificati attraverso fonti pubbliche, dati sul tracciamento di aerei e navi, e analisi dettagliate dei componenti. Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a Sahara Thunder nell’aprile 2024 per aver sostenuto il ministero della Difesa iraniano e facilitato il trasferimento di Uav alla Russia. L’azienda è stata identificata come una copertura per le forze armate iraniane, coinvolta anche nella spedizione di merci verso paesi come Russia, Cina e Venezuela.

Il rapporto descrive anche un sistema complesso di pagamenti utilizzato per portare avanti questo accordo multimilionario. Oltre a un bonifico bancario convenzionale, che secondo i documenti è stato elaborato tramite una banca degli Emirati Arabi Uniti, la Russia ha anche consegnato lingotti d’oro come parte della transazione. Russia e Iran hanno fatto uso delle Free Zone Establishments degli Emirati – giurisdizioni speciali che consentono piena proprietà straniera, esenzione fiscale e maggiore libertà nel trasferimento di beni e fondi – ottenendo accesso a infrastrutture finanziarie altrimenti inaccessibili a questi paesi, afferma il rapporto.

Un estratto di un contratto tra Alabuga e Sahara Thunder menziona una consegna di lingotti d’oro per un valore totale di circa 104 milioni di dollari. “Utilizzando l’oro, le parti hanno evitato di usare il dollaro statunitense, che potrebbe essere scarso o soggetto ad azioni legali da parte del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti”, prosegue il rapporto. “Il trasferimento di oro garantisce inoltre un ulteriore anonimato, in quanto aggira i sistemi finanziari tradizionali lasciando una traccia digitale limitata”. I dati societari iraniani indicano che, nei mesi successivi all’imposizione delle sanzioni statunitensi contro Sahara Thunder, l’azienda ha avviato un processo di liquidazione, con la probabile creazione di una nuova entità legale per sostituirla.

Secondo il rapporto, la partnership tra Russia e Iran nel settore dei droni evidenzia i limiti delle sanzioni globali, poiché le entità si adattano e altre ne sorgono per sostituirle. “Solo comprendendo e adattandosi a queste tattiche, gli attori globali possono riuscire a contrastare entità simili”, conclude il documento.

Mary Ilyushina
Hanno collaborato Siobhán O’Grady e Susannah George 
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