L'amante spagnolo
L'Italia è uscita dal gruppo e tra le sue tante elezioni (regionali, locali, europee) Madrid lotta per contare di più nell'Ue. Storie di famiglia, di luci rosse e una signora che dice: "Order! Order!"
"In democrazia, la politica è un teatro e nessuno può recitare in un teatro senza simulare quello che non prova".
Javier Cercas, "Anatomia di un istante"
11 aprile 2019
All'inizio di giugno dello scorso anno, Italia e Spagna si ritrovarono con due nuovi governi. Quasi in contemporanea.
Pedro Sánchez, socialista, vinse il voto di sfiducia contro l'allora premier Mariano Rajoy grazie all'appoggio di Podemos e dei partiti indipendentisti e divenne capo del governo. Nominando al ministero degli Esteri l'ex presidente del Parlamento europeo Josep Borrell decise di dare un segnale chiaro: la Spagna diventa (già un po' lo era) la pietra angolare del progetto europeo.
L'Italia ha scelto una strada tutta diversa, di conflitto con l'Europa, e di molte bufale (271, and counting).
Il risultato è abbastanza evidente: l'Italia è uscita dal gruppo.
E la Spagna?
Oggi vogliamo provare a rispondere a questa domanda, sperando di non finire nei soliti cliché, sintetizzati di recente dall'Economist:
"Viene sempre la tentazione di trattare Spagna e Italia come se fossero uguali. Gli italiani e gli spagnoli parlano a voce alta, mangiano tardi, guidano veloci e inghiottono enormi quantità di pomodori e olio d'oliva, che allungano la vita"
Non ci soffermeremo nemmeno sulla questione estetica: non ci piace deprimerci.
(Giudicate voi)
Racconteremo la storia di un tradimento consumato sotto gli occhi di tutti, anzi con l'incoraggiamento della moglie.
L'Italia è la moglie.
L'Europa, o meglio il suo cuore franco-tedesco, è il marito.
La Spagna è l'amante (del marito).
E no: questa cosa delle corna non ci va giù.
Il 28 aprile si vota in Spagna.
E' appena stato pubblicato il megasondaggio del Cis, che inaugura ufficialmente la campagna elettorale:
Il Partito socialista (Psoe) dell'attuale premier Sánchez sta andando molto bene, è il primo partito con il 30,2 per cento, secondo i sondaggi (che in Spagna non sono attendibilissimi).
Anche "molto bene" è relativo: nel 2008, i socialisti con José Luis Zapatero presero il 44 per cento dei voti. Nel 2016, stavano al 22.
Lo slogan della campagna è "Haz que pase", fai che succeda (che è un po' contestato), ma lo slogan è soprattutto Sánchez stesso.
Perché il Psoe e Sánchez sono forti?
- il Psoe sfrutta le divisioni degli altri: per una volta, non tocca alla sinistra spezzettarsi, ma agli altri. I socialisti stanno vivendo il loro momentum, trainato anche dal supersondaggio che è sempre, dicono, molto favorevole al Psoe. Potrebbe essere quindi un'euforia temporanea, ma intanto i socialisti se la godono, visto che le sinistre in Europa oggi non sono affatto in forma;
- la leadership di Sánchez: nel luglio del 2014, diventa il leader del Psoe alle primarie e contestualmente il capo dell'opposizione al governo Rajoy. Alle elezioni del dicembre del 2015, il Psoe prende il 22 per cento, tallonato da Podemos, partito di sinistra radicale, al suo esordio alle elezioni nazionali (20,5 per cento). Fare un governo è impossibile: Rajoy non ci riesce, ma nemmeno Sánchez (si accorda con Ciudadanos, partito centrista con aspirazioni macroniste, ma Podemos si mette di traverso) e nel giugno del 2016 si torna a votare. Non cambia granché. C'è l'ipotesi di una grande coalizione con il Partito popolare di Rajoy, e Sánchez si oppone. "No es no": questo slogan ancora oggi è uno dei suoi motivi di forza. Sul momento però gli costa il posto. Scoppia la guerra de las rosas nel Psoe, Sánchez contro Susana Díaz, lui se ne va, c'è un reggente, i socialisti (senza Sánchez) consentono il funzionamento del governo di minoranza di Rajoy. Quando il Psoe organizza le primarie, nella primavera del 2017, Sánchez si candida, vince e prepara il terreno per quella mozione di sfiducia che, nel giugno del 2018, lo manda dritto alla Moncloa.
Sintesi: un leader non particolarmente carismatico dice un no pesante, resta coerente con quel no, se ne va, e quando ritorna, rimpianto da molti, riesce a scalzare il capo del governo del partito avverso (prendiamo appunti, sì?)
Sánchez è forte anche perché la campagna elettorale gliela stanno facendo gli altri.
Il Partito popolare si è affidato al giovane Pablo Casado, 37 anni e nessuna esperienza di governo, che si è trovato a maneggiare un inedito nella politica spagnola moderana: l'ascesa di Vox, partito di estrema destra che con l'exploit alle elezioni in Andalusia ha messo in discussione molti equilibri.
Uno per tutti: in Andalusia, Vox è alleato con il Pp e con Ciudadanos, che pareva argine ai populisti e invece non lo era.
A Casado però la faccenda è un po' sfuggita di mano. Dice che Sánchez è a capo di "una idra a otto teste", un mostro che comprende "complottisti, terroristi, golpisti" e via dicendo. Si è messo a fare una battaglia identitaria con Vox rubandosi a vicenda i toreri da candidare (Vox comunque ha una predilezione per gli ex generali), il risultato è che il Pp non si rafforza affatto e a fare campagna elettorale nelle zone che si contende con l'estrema destra, Casado ha deciso di mandare José María Aznar.
Per Vox comunque vada è un successo: è la sua prima volta.
Vox è come te lo aspetti: un partito xenofobo che si aggancia alla retorica del populismo di destra oggi tanto in voga. Fondato nel 2013, finora nessuno si era accorto della sua esistenza. Oggi bisogna farci i conti: contro l'immigrazione, contro l'indipendentismo catalano, contro l'Europa – compresa la solita triade: il globalismo di Merkel, Macron e Soros – Vox ha impiantato il populismo in un paese che pareva immune. Il suo leader, Santiago Abascal, s'ispira a Orbán, vuole fare l'alleanza sovranista con Salvini ed è molto popolare su Instagram.
Albert Rivera di Ciudadanos contribuisce allo spezzatino a destra (che aiuta il Psoe). Pur avendo dato nel 2016 il suo appoggio al Psoe per un eventuale governo, ora sta facendo una campagna contro la sinistra. Dice che una conferma del Psoe è una "emergenza nazionale" e che "svenderà" la Spagna.
Questa cosa che Rivera non lo capisce nessuno – e illude molto – non gli sta portando grandi consensi.
E Podemos?
Diciamo che da quando Pablo Iglesias è andato a vivere in una villa le cose non sono andate bene. E anche il gruppo di comando si è sfaldato. Il Monde diplomatique racconta bene questa trasformazione (prendiamo appunti, sì?): da "we can" a "can we?".
Per concludere due cose importanti, una media e una no.
La prima è che come aveva raccontato Guido De Franceschi sul Foglio, il grande tema in campagna elettorale è la "Spagna vuota", le regioni attorno a Madrid che potrebbero essere decisive alle elezioni.
La seconda è che il rischio che in Spagna si ritorni a votare è molto alto (no, non è uno scherzo).
La terza è che Sánchez, con i suoi 47 anni, è il più vecchio di tutti.
La quarta è che gli animali vanno forte (h/t Guido De Franceschi)
La questione catalana, un appunto di @eugenio_cau (che sulla Spagna ci spiega ogni giorno molte cose).
Oriol Junqueras, leader di Erc, uno dei due principali partiti indipendentisti catalani, ha fatto richiesta formale per partecipare ai dibattiti elettorali e per rilasciare interviste dal carcere, dove si trova per i reati presunti legati al referendum indipendentista del 2017.
Socialisti e popolari sono inferociti alla sola idea, sulla quale si dovrà esprimere la Giunta elettorale, ma alla fine ci sono buone probabilità che entrambi dovranno fare i conti con i partitini indipendentisti e autonomisti. Durante la scorsa legislatura questi ultimi (indipendentisti catalani, autonomisti baschi e frattaglie delle Canarie) sono stati decisivi nella caduta del governo Rajoy. Sono stati sempre loro (i catalani, in questo caso) a spingere Sánchez a elezioni anticipate, quando hanno respinto la legge Finanziaria proposta dal suo governo.
Secondo i sondaggi, se la coalizione di destra non dovesse ottenere la maggioranza assoluta questi partitini tornerebbero indispensabili per formare un esecutivo. E’ per questo che Sánchez non ha negato del tutto la possibilità che i leader indipendentisti catalani come Junqueras, che attualmente si trovano a processo, ricevano l’indulto, se condannati.
Ora veniamo al perché questo amante spagnolo è una grandissima sofferenza.
L'angolo dell'esperto.
Diego Torres è un giornalista di Politico, segue la Spagna, è spagnolo, ma ha un passato come corrispondente dalla Cina dove ha scritto molti reportage su diritti umani e questioni ambientali. Ha anche co-diretto un documentario assieme al regista Antón Calderón dal titolo “The foolish old man”, la storia di quattro attivisti cinesi per i diritti umani. E’ tornato a Madrid dove avrà molto da fare tra elezioni parlamentari, locali, regionali e ovviamente europee.
Trailer - The Foolish Old Man - A documentary film about civil society in China from Diego Torres on Vimeo.
- Di cosa si parlerà durante la campagna elettorale per le europee? Il dibattito sarà contaminato soprattutto dalle questioni interne. La Spagna poi arriverà con ogni probabilità senza governo alle elezioni europee.
- Quali saranno i personaggi determinanti? In Spagna, Pedro Sánchez. Visto da fuori sembra un politico debole, lo è? Migliorerà la sua posizione alle prossime elezioni. E in Europa? Angela Merkel. Soprattutto se si pensa a come sarà l’Ue nel dopo Merkel, sarà multipolare, il potere sarà più frammentato.
- C’è competizione tra Italia e Spagna in Europa? Hanno interessi simili, alcuni diplomatici spagnoli si lamentano perché l’Italia non vuole portare avanti le battaglie comuni sull’immigrazione, l’economia assieme a Madrid e preferisce altri alleati.
- Ora che il governo italiano si è defilato la Spagna cerca di prendere il suo posto a fianco della coppia franco tedesca? Ci sono due scuole di pensiero. C’è chi, come il ministro degli Esteri Josep Borrell, sostiene di sì. Altri credono che Madrid dovrebbe approfondire il rapporto con i paesi del sud e aprirsi a quelli dell’est.
- Come sarà la Spagna dopo le europee? La Spagna vuole diventare più importante, vuole trovare una strategia per contare di più come accadeva ai tempi di Felipe González.
- Come sarà l’Ue tra due anni? Deve stare attenta a non collassare.
- Un posto speciale all’inferno, parafrasando Donald Tusk, a chi lo riserviamo? David Cameron. Non so se condannarlo direttamente all’inferno, ma avrebbe potuto gestire le cose in maniera diversa.
Ecco, per quel che ci riguarda, il punto è questo: la Spagna ci sta sostituendo nel cuore dell'Europa e dopo questa tornata elettorale il suo ruolo potrebbe essere ancora più rilevante.
Recuperare quel posto per noi, per l'Italia, sarà difficile. E il brutto è che non vogliamo nemmeno farlo.
Di padre in figlio. L’uomo nella foto si chiama Nikolai Kosov, è l’amministratore delegato della Banca internazionale di investimenti russa, la IIB che sta aprendo una filiale in Ungheria. Anche suo padre si chiama Nikolai Kosov, è stato ufficiale del Kgb e ha alle spalle una storia ungherese.
Una delle prime apparizioni pubbliche di Viktor Orbán fu nel 1989, quando pronunciò un discorso in onore di Imre Nagy, leader della rivolta ungherese contro i sovietici nel 1956. Mosca per sedare quella rivolta mandò i carri armati ma anche diversi agenti del Kgb.
Uno di loro, giovanissimo, era Nikolai Kosov, padre, che da poco aveva avuto un figlio, anche lui Nikolai Kosov.
Ormai tutto è cambiato, Imre Nagy non è più un eroe, l’Unione sovietica non esiste più, ma è curioso, osservano molti giornalisti, che nel 1956 Nikolai Kosov padre arrivava a Budapest per sedare la rivolta e nel 2019 Nikolai Kosov figlio guida il trasferimento a Budapest di una banca legata al Cremlino.
Visegrád Today. Viktor Orbán è riuscito ad acquisire il controllo sulla maggior parte dei media ungheresi. Una fondazione a lui vicina, la Central European Press and Media Foundation, la Kesma, possiede circa 400 testate tra emittenti televisive e radiofoniche, carta stampata e siti. Fidesz, il partito di governo, vigila quindi sulla quasi totalità della stampa che però comunica in ungherese e non è una lingua semplice. La rilevanza di Orbán sul piano internazionale è cresciuta, come è cresciuta l’importanza dei paesi del gruppo di Visegrád, la loro capacità di incidere sugli interessi europei, e quel che raccontano i media orbaniani lo capiscono soltanto gli ungheresi. Per ovviare a questo fatto, per far arrivare le verità di Visegrád sulla scena internazionale è nata l’agenzia V4NA. "Visto il crescente interesse da parte delle agenzie internazionali e altri media per i paesi dell'Europa centrale e orientale siamo onorati di chiarire le informazioni in circolazione", si legge nel sito.
@lucianabig ci ha raccontato di una battaglia di giovani olandesi che forse non cambierà le cose, ma che sta facendo fare qualche domanda.
Basta con la prostituzione in Olanda. Lo chiedono, con buona pace dei turisti che ad Amsterdam e dintorni si recano più per questo che per i quadri di Van Gogh, un gruppo di attiviste, tutte under trenta, che hanno raccolto 40 mila firme in calce a una petizione (I’m Priceless) che sarà consegnata al parlamento olandese.
“L’idea – ci ha spiegato Natasha Bos, fondatrice del gruppo anti-prostituzione Exxpose – è che la prostituzione, per quanto legale, vìola i diritti fondamentali dell’uomo, primo tra tutti quello di non essere sfruttato. Pensare che per il solo fatto che qui in Olanda la prostituzione sia legale rappresenti una libera scelta delle donne è una pia illusione. Non è vero. Anzi. Le donne che si prostituiscono quasi sempre non hanno scelta, quasi sempre sono sfruttate e vittima di traffico di esseri umani, dall’Africa o dall’est Europa, e quasi sempre riportano traumi e si ritrovano in situazioni pericolose e squallide”.
Così, per evitare tutto questo, la crociata di Exxpose è quella di rendere illegale, prima di tutto, l’acquisto di sesso: punire i clienti in buona sostanza. “Paesi come la Svezia, la Norvegia e l’Islanda hanno adottato politiche simili e questo ha fatto diminuire la domanda. Cosa che, inevitabilmente, ha reso i loro paesi meno attraenti per sfruttatori e trafficanti di esseri umani”.
La proposta di Exxpose, va detto, benché sia arrivata in Parlamento non ha quasi nessuna possibilità di diventare legge, non solo perché nessun partito, per ora, vuole farsi alfiere di questa causa, ma anche perché si stima che la prostituzione in Olanda muova un mercato di circa 600 milioni di euro. Troppi soldi per rinunciarvi.
- La Brexit non si farà domani, o almeno così pare. Abbiamo fatto una settimana di disintossicazione dopo lo sfogo di sabato scorso (abbiamo anche la posta intasata da foto di pesci) e ora siamo pronte per la campagna elettorale degli inglesi per le europee (unico commento buono: "Rido"). Intanto: il fatto che Alexandria Ocasio-Cortez abbia ignorato i consigli di giardinaggio di Jeremy Corbyn ci ha fatto abbastanza ridere.
The best part of the AOC / Jeremy Corbyn gardening encounter is that she ignored Corbyn but replied to a Rabbi. pic.twitter.com/kFZW51DxYo
— Frances Weetman (@francesweetman) 8 aprile 2019
Anche questa bellissima foto con questa didascalia ci ha fatto abbastanza ridere.
Poi Betty Boothroyd, 89 anni, ex Speaker di Westminster, ci ha riportate alla realtà. Dove dovremmo stare tutti, tra l'altro.
"Nobody voted for this mess... I blame the charlatans who peddled the falsehoods that [Brexit] would be easy. I wouldn't trust them to run my bath, let alone the country"
— BBC Politics (@BBCPolitics) 9 aprile 2019
Baroness Boothroyd makes the case for a 'people's vote' on #Brexit
[tap to expand] https://t.co/WrhyjOCGJ3 pic.twitter.com/ytxTw656C6
- Riguardo alla Brexit, l'incompetenza linguistica dei britannici ha qualcosa a che fare con le incomprensioni tra Londra e Bruxelles? Forse no, ma potrebbe peggiorare le cose nel dopo Brexit.
- Sabato scorso siamo state a Torino al Festival di Konrad a parlare di Europa, di come amarla, di come cambiarla, se cambiarla (ci hanno anche chiesto di EuPorn e di come si trova il lato sexy dell'Europa). Abbiamo cercato di fare un po' d'ordine, ma non avevamo ancora letto Florence Gaub dello European Institute for Security Studies che su Politico propone di ricorrere a Marie Kondo e alle sue regole auree per riformare l’Ue: creare spazio per il nuovo, tutto ciò che non procura gioia deve andarsene.
- Vi ricordate Charlie Rowley? E’ il sopravvissuto della coppia di malcapitati che ad Amesbury sono venuti a contatto con il Novichok usato per avvelenare l’ex spia russa Sergei Skripal. Lei, Dawn Sturgess, è morta. Le indagini condotte finora e gli scoop del sito investigativo Bellingcat indicano la Russia come il principale responsabile. Ma si sa, Alexander Yakovenko, l’ambasciatore russo a Londra, ha una grande passione per la comunicazione e ha invitato Rowley in ambasciata. Il Cremlino aspetta il rapporto dell’incontro. Intanto c’è la foto.
Together with Charlie Rowley we insist on getting official results of the investigation on #Salisbury and #Amesbury, yet UK authorities do their utmost to hide details. Read our comment: https://t.co/NDAaAOoBWx pic.twitter.com/OgvX6HCN7e
— Alexander Yakovenko (@Amb_Yakovenko) 8 aprile 2019
- Shabab Talk è il nome di un programma televisivo prodotto dall’emittente Deutsche Welle. Lo conduce Abdul Karim e pone domande sulla cultura musulmana, sullo stato dei diritti umani in medio oriente, sulle guerre culturali, temi che non piacciono ai conservatori musulmani. Di nemici Abdul Karim in questi anni se ne è fatti molti. La sua popolarità ha raggiunto l’apice nel 2015, quando la cancelliera Angela Merkel decise che era arrivato il momento di accogliere, “ce la possiamo fare”, disse. Karim allora è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che arrivavano e non conoscevano la lingua. Ma oggi ha diversi nemici, alcuni da estrema destra, altri da parte delle frange più conservatrice della società musulmana.
- Pare che la Croazia spiasse la Slovenia, ma i rapporti tra le due nazioni non vanno bene già da un po’.
- In Polonia gli insegnanti manifestano da una settimana per chiedere un aumento. L’unico sindacato a firmare l’accordo con il governo è stato Solidarność. “Solidarność non esiste più”, ha tuittato il suo fondatore deluso Lech Walesa. Dalla parte degli insegnanti si è schierata anche la modella polacca Anja Rubik, che combatte il governo pure a colpi di selfie.
L'amante spagnolo non ci mette di buonissimo umore. Ci consoliamo così: all'ottomillesimo iscritto a EuPorn racconteremo dei nostri trascorsi personali con Pedro Sánchez (ci sono pure delle foto, ma quelle proprio non possiamo mostrarle, il revenge porn è fuori legge).
Alla prossima settimana.
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