Di Europiattismo e di altre bugie
A lezione dai fact checker per stanare i bugiardi e le fake news più popolari di queste elezioni. Una sinistra per due candidati, una città non francese in cui si parla francese e un bacio
"Che pena, che nostalgia
non guardarti negli occhi e dirti un'altra bugia".
Lucio Dalla, "Cara"
25 aprile 2019
Un piccolo caso recente di "intox", il termine usato dai francesi per indicare il mix di false notizie e teorie del complotto che intossica la nostra vita quotidiana.
Brucia Notre-Dame, il rogo comincia attorno alle 18.30.
Alle 19.45, Pierre Sautarel, fondatore del sito identitario Fdesouche (qui un ritratto del Monde), dice che "sono stati individuati due focolai" nell'incendio.
La notizia viene ripresa nelle dirette di alcuni giornali: non è esclusa l'ipotesi di un attentato.
Sautarel dice di non essersi inventato niente: è il canale all news Lci che ha parlato di due focolai.
Secondo la ricostruzione del Monde, Lci come tutti i media in diretta deve velocemente e voracemente dare tutte le informazioni a disposizione, e verifica poco.
Alle 22.35, Jean Messiha, del Rassemblement national (ex Front, il partito lepenista), tuitta: "Alcune fonti dicono che il fuoco è partito da diverse parti. Se questa informazione dovesse essere confermata, la tesi dell'incidente, avanzata da molti media con certezza fin dall'inizio anche quando non si era a conoscenza di nulla, risulterebbe traballante".
Circolano le prime foto dell'incendio, in cui si vede la colonna di fumo da un'unica parte.
Ma è tardi.
"E se fosse un attentato?" diventa una domanda realistica, accompagnata dall'ovvia analisi: ci vogliono dare una versione ufficiale falsa.
Philippe Karsenty, consigliere nel comune di Neuilly-sur-Seine, "dissidente di estrema destra" e animatore di un sito che registra i pregiudizi nei media, quelle ironie, va su Fox News a dire: "Il politicamente corretto vi dirà che si tratta di un incidente".
L'anchorman di Fox News, Shep Smith, lo interrompe e pone bruscamente fine al complottismo.
Ma è tardi.
Nicholas Vinocur, su Politico Europe, racconta come la teoria dell'attacco a Notre Dame, volutamente insabbiato da Emmanuel Macron, sia diventato tema di discussione in molti siti legati alla alt-right, passando anche per QEurope, il forum di discussione sull'Europa che fa parte di Qanon (si trova sulla piattaforma Discord, dove ci sono chat per gamers ma anche moltissimi contenuti politici: quando complottismo e polarizzazione vi sembrano termini vaghi, provate a farvi un giro su Discord).
E c'entrano anche i gilet gialli, naturalmente.
A commento della sua inchiesta, Vinocur ci ha detto: "Molti politici e intellettuali vogliono trasformare il rogo nell'11 settembre francese, perché sono legati a una visione declinista, quasi apocalittica, del futuro della Francia. Con l'aiuto dei social media e delle teorie del complotto, possono godersi questa loro fantasia ancora di più".
Questa settimana partiamo dall'"intox" su Notre-Dame, tra i più innocui, per cercare di capire che impatto avranno le bugie sulla campagna elettorale europea e se quel che è accaduto in passato ci ha reso più svegli e vigili.
La verità è generalmente sopravvalutata, più nelle questioni di cuore che in quelle politiche. Ma la domanda resta: perché devi mentirmi per ottenere il mio consenso, il mio voto, il mio amore?
Più svegli e più vigili lo siamo diventati.
C'è stata anche una campagna di sensibilizzazione europea.
Sono nate molte iniziative per verificare e controllare le notizie.
La task force europea per monitorare le ingerenze del Cremlino (è nata dalla volontà comunitaria nel 2015, ha fatto molta fatica a mettersi in piedi) ha lanciato il programma EU vs Disinfo, vario e approfondito.
In vista delle elezioni, ha pubblicato un dossier molto interessante e molto utile su come la Russia ha manipolato l'informazione in passato e su come può farlo ora (l'account Twitter è @EU Mythbusters. I capitoli si dividono in:
- la "cassetta degli attrezzi" delle potenze straniere che vogliono interferire in una elezione (dieci metodi)
- le cinque storie di disinformazione tipiche del Cremlino
- come funziona la Internet Research Agency russa, la "fabbrica dei troll", nel dettaglio
- un caso recente: la copertura delle elezioni in Ucraina delle tv russe: la cosa migliore riguarda la "repubblica delle banane" (no, non la nostra)
- che cosa fare per non bersi proprio tutte le bugie
A marzo è anche arrivata FactCheckEu, una piattaforma che unisce 19 media europei – in Italia collabora con la Voce.info e con Pagella politica – coordinati dall'International Fact-Checking Network, un'organizzazione nata nel 2015 e poi cresciuta notevolmente.
Su Notre-Dame ha fatto un lavoro molto approfondito sui media spagnoli, francesi, indiani, americani e filippini.
A parte le questioni grandi, i tipi di FastCheckEu si occupano anche dei dettagli, ed è questa la parte più interessante: l'opinione pubblica sull'Europa si forma sulle cose legate alla vita quotidiana.
In questi ultimi giorni, si sono occupati di una faccenda tedesca, in collaborazione con Correctiv Faktencheck: si è sparsa la voce che, a causa di una nuova legge europea, in Germania si dovesse rifare la patente ogni cinque anni. Era un pesce d'aprile. Sempre in Germania, un esponente del partito di estrema destra Afd ha detto che, secondo la Corte europea dei Diritti umani, la "protezione dell'islam" è prioritaria rispetto alla libertà d'espressione: non è vero.
Vi ricordate il Migration Compact, l'accordo dell'Onu che l'Italia (con altri) non ha firmato perché era un attentato alla nostra sovranità? Non lo era, ma non era nemmeno vero che la commissione europea voleva renderlo vincolante.
Santiago Abascal, leader del partito spagnolo di estrema destra Vox, ha detto che nel 2050 la Francia sarà per metà abitata da musulmani: non è vero (i dati sono stati messi insieme da Newtral, che ha fatto anche il factchecking in diretta ai dibattiti elettorali spagnoli).
C'è una newsletter settimanale, che segnala storie su cui noi perdiamo le giornate.
Negli ultimi giorni: l'intervista a Mirko Ceselkoski, quello che ha questo biglietto da visita:
E poi questo: il video virale falso creato dalla campagna pro Brexit, secondo un'inchiesta di Channel 4.
Jules Darmanin è uno dei coordinatori di FactCheckEu, è giornalista e insegna fact checking e sondaggistica a Science Po, ha collaborato con BuzzFeed, è francese ma scrive anche in inglese e spiega che è su Internet dalla culla. Vede tutto attraverso i social, attraverso la rete, attraverso gli algoritmi e cerca di capire come va il mondo smontando e rimontando le fake news, che – ci tiene a specificare – sono sempre esistite. E’ un dibattito molto antico che ha anche a che vedere con la crisi dei media: "Più i media sono deboli, più c’è spazio per le fake news, ad esempio in Grecia anche i media pubblici sono stati toccati dalla crisi del debito e i tagli hanno permesso alle fake news di emergere".
- Come funziona FactcheckEu? Siamo 19 partner di 13 nazioni europee, le testate che hanno aderito partecipano al progetto Network Internazionale del Fact-Checking, propongono le loro verifiche su determinati temi che riguardano le elezioni europee. Poi c’è la sezione domande e risposte dove le persone possono chiedere ai nostri giornalisti di fare delle verifiche.
- Ci sono dei paesi che collaborano di più? Non esattamente, in alcuni paesi come la Francia hanno aderito più testate, cinque in tutto.
- Si dice che le bugie non abbiano frontiere, è vero? E’ vero. Lo abbiamo visto con Notre-Dame, le fake news arrivavano da tutte le parti, dall’Europa come dagli Stati Uniti.
- Ma ogni paese ha le sue bugie? Sì, spesso è il contesto politico a crearle, dipendono anche dalla quotidianità. In Italia? In Italia per esempio girano molte bufale sui rom. Un altro esempio? In Spagna quelle sui diritti delle donne e sulle violenze domestiche.
- Per le elezioni europee quali sono le notizie false più frequenti? Quelle sui migranti e molte anche sul Global compact. Sono sorte molte fake news sull’Unione europea che vuole imporre il patto e costringere i paesi a firmarlo. Molte riguardano anche il regolamento di Dublino. In Grecia ad esempio girava la notizia che la Germania volesse riversare tutti i migranti lì.
- Ma con tutte queste notizie false, c’entrano i russi? Non solo, anzi bisogna fare attenzione alla molteplicità di fake news, non ci si può concentrare soltanto su un paese, i colpevoli sono molti e bisogna monitorare costantemente.
- Come si possono combattere tutte queste bugie? Ci vuole trasparenza e non bisogna sottovalutare la portata della televisione. Spesso in tv vengono invitati editorialisti o commentatori che polarizzano il dibattito, ma non sono esperti.
- Parlando di elezioni europee a cosa dobbiamo stare attenti? Da fact checker credo che bisogna prestare molta attenzione ai partiti di estrema destra. Spesso sono loro a diffondere notizie false. Anche all’Ungheria dove Viktor Orbán ha influenzato tutto il dibattito mediatico. Ma ogni paese ha il suo.
- Dal punto di vista dell’informazione, miglioreranno le cose in Ue nei prossimi anni? Negli ultimi anni non siamo migliorati, anzi. Sono arrivati i populismi e le cose sono diventate ancora più difficili. Bisogna che le testate condividano la loro esperienza e la competenza.
- Se come Donald Tusk potessi riservare un posto all’inferno a qualcuno, a chi lo riserveresti? Devo rispondere per forza? No, no. Preferisco non dirlo allora.
Come avrete capito, si potrebbe star qui a parlare per giorni delle bugie, e non basterebbe.
Non ci illudiamo di essere esaustive sul tema, ma dato che c'eravamo abbiamo fatto un'altra piccola indagine – grazie a Luciana Grosso – questa volta su Fandango, uno studio commissionato e cofinanziato dall'Unione europea per riconoscere e stanare le bugie.
Francesco Nucci, ricercatore del colosso italiano dell’informatica Engineering (un gigante da più di un miliardo di fatturato, le cui tecnologie sono alla base di buona parte di quello che funziona in Italia e, di recente, anche in Europa) e responsabile per l’Italia (che è capofila del progetto) di Fandango, esordisce: “Sono un informatico e matematico, non un giornalista o un filosofo dell’’informazione”.
- Chiunque abbia mai combattuto una guerra, foss’anche dei bottoni giocando in cortile, sa che la prima cosa da fare, per sconfiggere il nemico, è riconoscerlo. “Il compito di Fandango non è decidere cosa è notizia e cosa no, cosa ha dignità di stare sui giornali e sui social e cosa no. Per carità. Noi facciamo altro: ci limitiamo a mettere i giornalisti in condizione di riconoscere un video o un contenuto fasullo da uno vero”.
- Ottimo. Come si fa? “Come si fa a distinguere un contenuto falso da uno vero? Ci si fida del buon senso e delle proprie conoscenze? Sì. Ma potrebbe non bastare, specie se, come sembra, in futuro i contenuti fake saranno sempre meglio realizzati, praticamente indistinguibili da quelli veri. Un giornalista, o tanto meno un comune cittadino che scorre distrattamente le sue pagine social, non può essere in grado di riconoscere a occhio nudo se un video o un audio sono autentici. E volendo non è nemmeno tenuto a farlo. Ma un software, invece, sì. Un sistema che si basa sul machine learning, ossia sull’apprendimento continuo e sulla trasformazione algoritmica delle informazioni in conoscenza acquisita, e sull’incrocio di un'enorme mole di open data, può farlo. Per questo lo strumento che abbiamo in mente e a cui sta lavorando Fandango potrebbe consentire alla stampa di riconoscere in pochi secondi se un’immagine è stata alterata, se un audio non è originale, ma il montaggio della campionatura di altri audio e se un video è o non è autentico. Un lavoro che a un essere umano richiederebbe competenze enormi e un ancor più enorme quantità di tempo, ma che un il sistema che abbiamo in mente potrebbe concludere in pochi minuti”.
- Così, l’idea è che quando la squadra di ricercatori di tutta Europa di Fandango avrà finito il suo lavoro, esisterà una piattaforma capace di riconoscere i tarocchi e le bufale e di sbugiardare i maramaldi di ogni latitudine. “La guerra tra il vero e il falso, tra verità e menzogna è questione eterna che nessuna macchina può risolvere. Però possiamo fare la nostra parte e almeno rendere le cose un po’ più difficili ai bugiardi".
Per orientarsi meglio, tre manualetti: uno, due e tre.
C'è poi Full Fact che si occupa di Brexit ma in realtà racconta la bellezza della quotidianità europea come pochi altri. C'è anche questo.
Forse a furia di essere vigili stiamo imparando a riconoscere le bugie.
Ma poi che si fa? Si denuncia, si sbraita, si ribadisce.
E poi?
Nessuno risponde a questo poi.
Pensavamo l'altro giorno, in un momento di intolleranza che invero non ci si addice, che forse l'unica misura utile è menarli, i bugiardi.
E' durato un attimo, poi siamo tornate noi.
Di solito si presenta così: “Mi chiamo Violeta e sono nata a Sarajevo”, che era Bosnia ed era ancora Jugoslavia. Poi di solito aggiunge: “Sono nata da un matrimonio misto”.
A Sarajevo Violeta Tomič c’è rimasta poco, all’età di 7 anni si è trasferita a Lubjana con sua madre e lì ha trascorso tutta la sua vita. Si è impegnata prima con il teatro, poi un teatro lo ha fondato, poi si è dedicata alla politica e ora il suo nuovo impegno è l’Europa. Violeta Tomič è uno degli Spitzenkandidat del Partito della sinistra europea, in Slovenia è membro del movimento chiamato Levica, sinistra, è odiatissima dall’estrema destra (soprattutto per la sua predilezione per le vacanze esotiche) ed è particolarmente impegnata nella comunità LGBT.
Ma non è l’unica. Quando la Sinistra europea ha lanciato la propria campagna elettorale a Strasburgo con un motto un po’ d’antan “per un’Europa dei popoli e non dei capitali”, è stato presentato anche un altro capolista: il sindacalista belga Nico Cué.
Cué a Strasburgo ha detto che bisogna combattere per l’aumento dei salari, contro il dumping fiscale e sociale perché “c’è il rischio che l’Europa esploda con la crescita delle destre che vogliono distruggere il continente".
Cué in una recente intervista a Politico ha detto che:
- Timmermans sembra più un liberale che un socialista, “a volte”
- dopo le elezioni il partito della Sinistra europea vuole creare una coalizione progressista
- nel gruppo GUE/NGL ci sono tante correnti e anche molte differenze
- le sinistre passano le ore a litigare e ad accapigliarsi sui commi, mentre le destre sono bravissime a trovare punti di incontro
Cinque anni fa, eravamo tutti diversi, anche le sinistre, e lo Spitzenkandidat era lui. Lo ricordavate, arrabbiato e scamiciato?
C’è un segno distintivo che fa sembrare le strade di Cluj-Napoca, in Romania, un po’ più europee. Non è tangibile, ma è orecchiabile ed è quella musica, quel groviglio linguistico che si diffonde per tutti gli angoli della città universitaria. A Cluj infatti si parla sì romeno, ma anche spagnolo, tedesco, italiano e soprattutto francese. Non sono turisti, ma sono studenti, ragazzi arrivati in Romania perché vogliono fare i medici e non potendo rientrare nelle facoltà delle loro nazioni dove vige il numero chiuso hanno deciso di trasferirsi al confine sud orientale dell’Unione europea.
Certo non è del tutto un merito, è una piccola scappatoia per realizzare un sogno, ma la città ne ha beneficiato tanto da trasformarsi e da diventare quasi irriconoscibile rispetto ad altre zone della Romania.
Nel 2019 a Cluj i ragazzi francesi che studiano medicina sono più di mille su una popolazione di circa 300 mila abitanti. I francesi lì sono il secondo gruppo di studenti stranieri più nutrito, il primo è quello dei moldavi.
Questo via vai di studenti ha fatto sì che il francese sia diventato una delle lingue più studiate e la città sta crescendo molto rapidamente. La disoccupazione è quasi a zero e la città si è guadagnata il soprannome di “Silicon Valley d’Europa” perché non ci sono soltanto medici, ma anche tanti scienziati informatici, circa 20.000. Chi arriva spesso rimane, apre cliniche, studi, va avanti con i progetti. Qualcuno che si lamenta c’è, ovviamente, soprattutto qualche studente romeno: gli affitti sono alle stelle.
- Fare un partito dal nulla e poi ritrovarsi a dover partecipare a un'elezione che non era in programma non è affatto semplice. Poi succede anche che ci si complica la vita da soli. Prendiamo il partito centrista che è nato nel Regno Unito il 18 febbraio: The Independent Group. Non si chiama più così: ora è Change Uk. Ma nel logo tiene anche il claim originario. E quando questa settimana ha presentato le liste per le europee – si candida in tutto il Regno – si è trovato un'altra definizione: "la remain alliance", l'alleanza di chi vuole ribaltare la Brexit, fare un secondo referendum, vincerlo e mantenere la Gran Bretagna nell'Unione europea. La confusione di forma è spesso di sostanza: Change Uk non ha un leader e dopo le polemiche sul suo logo a strisce bianche e nere (con relativa ironia) ha pensato bene di riproporlo di tutti i colori. Ai critici, ha risposto Chuka Umunna, ex laburista e volto riconoscibile di questa impresa, piuttosto alterato: "Non è importante! Questa è sempre la bolla di Westminster che parla. Santo cielo, ci siamo addirittura permessi di usare tre diversi colori, che scandalo! Sentitevi mentre parlate, è sempre la solita bolla di Westminster". A parte le difficoltà organizzative, ce ne sono di sostanziali. Perché gli elettori dovrebbero scegliere Change Uk e non i Verdi o i Lib-dems come partito del remain (e perché non si sono uniti)? E perché, dopo tanto tempo, l'opposizione ai Tory e al mondo brexitaro è tanto debole? A questa risponde Alastair Campbell, con un tema molto bello: "The age of unleadership".
ps nella lista di Change Uk c'è anche Rachel Johnson, la sorella di Boris. Ve la ricordate?
- A proposito di bolle. Sull'Atlantic, James Kanter racconta la vita dei corrispondenti a Bruxelles/Strasburgo e dice che il grande problema è che ognuno trasforma la politica europea in politica nazionale. Pure le elezioni europee di fatto sono una sommatoria di elezioni nazionali. Ci sarebbe bisogno di una stampa federale? (Kanter fa questo imprescindibile podcast: EUScream)
- Manfred Weber, Spitzenkandidat del Partito popolare europeo, ha aperto la sua campagna elettorale ad Atene, per la solita solfa sulla culla della civiltà europea e perché conta in un buon risultato di Nuova Democrazia, il partito di destra di Kiriakos Mitsotakis che vuole scalzare il premier, Alexis Tsipras. L'hashtag è #ThePowerOfWE, "i populisti vogliono dividerci, ma non lo permetteremo. Combatteremo per un'Europa più unita, più forte, più ambiziosa". A Nemea, dove sorgeva il santuario di Zeus, Weber ha detto anche che "i populisti non mantengono mai le promesse" e che la Grecia sa bene cosa vuol dire essere guidata da populisti, "ma è entrata ora nella sua stagione post populismo". In ogni caso Tsipras, che sta pagando da solo la conversione al moderatismo, a Weber aveva dato di "antigreco" e "neoliberale".
- Domenica si vota in Spagna (ne avevamo discusso ampiamente nella puntata sull'amante spagnolo). La rappresentazione perfetta della situazione, ci dice Eugenio Cau, l’ha descritta in un tweet Kiko Llaneras, uno dei più importanti giornalisti che si occupano di dati. Llaneras ha calcolato che, secondo i sondaggi, è possibile in via teorica che tutte e tre le coalizioni ipotetiche per il governo della Spagna ottengano lo stesso numero di seggi dopo le elezioni di domenica, e che questo numero sia, guarda caso, quello necessario per ottenere la maggioranza: 176.
E’ un’ipotesi piuttosto remota (Llaneras scrive che dopo 15 mila simulazioni questa configurazione è stata calcolata una manciata di volte), ma una buona testimonianza del risultato più probabile: l’ingovernabilità. L’ultima volta che dopo le elezioni nessuno è riuscito a formare il governo (era il 2015) si tornò a votare e il governo conservatore di Mariano Rajoy ne uscì rafforzato. Oggi gli unici che sono sicuri di poter approfittare del caos sono gli estremisti di Vox.
- In Ucraina hanno votato e il nuovo presidente è l'ex comico Volodymyr Zelenskij. Delle sue idee politiche sappiamo poco, della sua vita privata sappiamo molto. Anche che ha un pappagallo nervoso, due cani, un pesce e un porcellino d'India, lo ha detto sua moglie.
Finiamo così, su una moglie e su un bacio: il cerchio delle bugie non potrebbe chiudersi meglio.
Alla prossima settimana, vi aspettiamo.
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