Non c’è sovranità nella solitudine, ha detto ieri Mario Draghi in Parlamento, e in un attimo ha rimesso in ordine quello che molti dei parlamentari che lo ascoltavano avevano disordinato: non cinquant’anni fa, fino l’altroieri. Con precise e sapienti parole, Draghi ha descritto la posizione dell’Italia in Europa e nel mondo insistendo sull’ancoraggio atlantico e democratico del nostro paese (“nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili princìpi e valori”) e scandendo un presupposto rilevante: “Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma fuori dall’Europa c’è meno Italia”. Il nazionalismo, i “first” che si sono accumulati dentro e fuori i nostri confini, hanno definito una nuova solitudine geopolitica, “l’inganno di ciò che siamo, l’oblio di ciò che siamo stati e la negazione di quello che potremmo essere”. L’Italia forte in un’Europa forte sconfigge l’illusione dell’alleanza tra sovranismi, sconfigge la solitudine cui il sovranismo condanna ogni stato e permette di dire, come ha detto Draghi: “Questo governo sarà convintamente europeista e atlantista in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza atlantica, Nazioni Unite”, gli ancoraggi che hanno portato “benessere, sicurezza e prestigio internazionale”. Il programma prevede: priorità a Balcani, Mediterraneo allargato, Libia, Mediterraneo orientale, Africa – il nostro vicinato più prossimo: Draghi sottolinea “una specifica sensibilità mediterranea”, sulla quale avevano lavorato molto anche i governi Renzi e Gentiloni. Ci vuole un dialogo “virtuoso” con la Turchia, partner della Nato e quindi interlocutore da tenere attaccato; “meccanismi di dialogo” sono necessari anche con la Russia pure se il deteriorarsi del rispetto dei diritti lì e in Asia, “intorno alla Cina”, non può essere ignorato. L’occasione dell’Italia è la presidenza del G20, l’asse con il Regno Unito che presiede il G7: questi sono i luoghi per dare concretezza alle proposte strategiche. Con la consapevolezza che oggi l’Amministrazione americana “prospetta un cambiamento di metodo, più cooperativo nei confronti dell’Europa”. Draghi è “fiducioso” che questo nuovo assetto, la sconfitta della solitudine e il solco atlantico-europeista possano costruire un multilateralismo efficace, indispensabile oggi – perché Draghi è convinto che la pandemia non ha rafforzato i regimi, ha rafforzato le democrazie e il metodo della collaborazione.
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