Euporn - il lato sexy dell'europa
A quanta frugalità saprà rinunciare il Rutte IV
Il premier olandese forma il suo quarto governo che è uguale a prima ma ben più spendaccione. Un’altra stella allineata per le colombe d’Ue
Per fare il deputato nei Paesi Bassi bisogna essere molto allenati, perché lo sforzo non è soltanto politico: i negoziati all’Aia sono uno sforzo quasi fisico, una maratona che, dal momento in cui ti getti nella danza della politica olandese, sai che potrebbe non finire mai. Direte voi, ma avete mai visto i nostri di politici, tutte quelle liti? Quell’accapigliarsi? Quegli sgambetti? Ecco, i Paesi Bassi sono un’altra cosa, sono il luogo della politica per la politica, in cui tutto è in continua trasformazione. In cui il negoziato non è momentaneo: si fa perpetuo. In questo clima di fatica, di chiacchiere e di simmetrie politiche ha prestato giuramento il quarto governo di Mark Rutte, uno dei premier più resistenti d’Europa, che ha governato con tutti, dal populista di estrema destra Geert Wilders ai laburisti. La sua ultima coalizione è identica alla precedente, eppure è completamente diversa. Ci sono voluti 273 giorni per formarla, battendo così il record dei 225 giorni impiegati nel 2017. Ne fanno parte il Partito liberal-conservatore Vvd del premier, i Liberali di sinistra, i D66, i cristianodemocratici di Cda e i Cristiano-Uniti. Rispetto al precedente governo i rapporti di forza si sono invertiti e se prima erano i cristianodemocratici ad avere più potere ora sono i liberali di sinistra. Le cose, quindi, dovevano cambiare con un impatto che sarà determinante per tutta l’Europa. L’accordo è lungo quarantasette pagine, è lo specchio di quanto sia pazza questa Olanda capace di cambiare da un giorno all’altro pur mantenendo le stesse pedine. E pure senza contraddirsi. La verità è che il sistema è complesso, i dibattiti all’Aia sono spesso surreali e tutto questo ha un retaggio antico. E’ l’effetto della democrazia polder, nata prima nei campi e poi passata alla politica. Il modello polder è un modo di prendere decisioni che si basa sul consenso, e si discute ancora molto sulla sua origine. Noi ne abbiamo scelta una: per difendere le terre dall’acqua, c’era bisogno di un dialogo continuo tra le varie associazioni delle città e del mondo contadino che ha determinato la nascita dei polder, terre bonificate dal mare che hanno bisogno di una manutenzione costante. E’ nata così la cultura del compromesso nei Paesi Bassi. E’ un modello che non piace a tutti, ma che ormai regola la formazione dei governi e i dibattiti in Parlamento, dove tutti, anche le voci più minoritarie, hanno diritto di parola (non a caso la Camera è frammentata in 19 partiti, di cui alcuni minuscoli). In Olanda il compromesso non è una scorciatoia, è un’arte che va curata, nutrita. Può sembrare un gran disastro, invece costringe a trovare soluzioni. E funziona. Siamo andate a studiare questo nuovo governo, che è una rivoluzione, e siamo partite dalla sua guida: Mark Rutte, un uomo molto misterioso.
Per capire l’arte della convivenza e del compromesso bisogna studiare i polder e pure il resistentissimo Rutte
Il segreto di Rutte. Lo chiamano “Teflon Mark”, ma nessuno davvero sa qual è il segreto della resistenza del premier Rutte. In realtà, nessuno sa niente di Rutte. E’ molto riservato, gira in bicicletta o al limite con la sua vecchia Saab quando piove, ama il pianoforte, ha ceduto alla modernità degli smartphone molto tardi e solo perché costretto, gli piace ballare, non ha una moglie, fino a due anni fa andava una volta a settimana fuori a cena con la sua mamma in un ristorante indonesiano (suo padre aveva 58 anni quando Rutte è nato, ultimo di sette figli: la prima moglie del padre era morta in un campo di prigionia giapponese e lui aveva sposato la sorella che sarebbe diventata la mamma dei suoi figli). Nel maggio del 2020 Mieke, sua madre, è morta in una casa di cura: Rutte non era andato a trovarla perché era iniziato il lockdown e questo suo rispetto delle regole era stato molto celebrato. Era il periodo in cui il presidente americano andava a giocare a golf, il premier inglese faceva party in giardino, l’ex presidente polacco andava al cimitero nonostante i divieti. Allora un commentatore disse che Rutte incarna uno dei cardini della cultura olandese: doe maar gewoon, sii normale, e per il premier la normalità è questa sobrietà naturale, oltre che una dedizione assoluta al lavoro. Questo ancora non spiega come Rutte rischi di diventare, al suo quarto mandato e con molti mesi da “reggente”, il più longevo dei premier olandesi (deve arrivare fino ad agosto per avere il primato), lui che insieme all’ungherese Orbán è già il più longevo in Europa e lui che, nel 2010, quando divenne premier la prima volta, ottenne un altro record, quello di riportare i liberali al potere dopo quasi novant’anni. Però in questa normalità e forse anche nell’essere il settimo fratello c’è qualche spiegazione della resistenza di Rutte: sopravvissuto agli scandali, capace di scusarsi, un gran navigatore a vista con qualche sbandata nel tentativo di acciuffare rivali-star come è stato Wilders, il premier sa convivere e sa convincere, e nella sua normalità frugale sembra quasi che non abbia punti deboli, o che li nasconda benissimo. Come si sposerà questa sua frugalità con il nuovo-vecchio governo spendaccione sarà tutto da vedere, perché ci siamo abituati, con Rutte, a un paese rigoroso, “piccolo ma con una vista splendida”, come disse a Emmanuel Macron accompagnandolo nel proprio ufficio, che al presidente francese deve essere sembrato uno sgabuzzino.
Quattro persone da tenere d’occhio. In questo governo si vede il forte influsso dei liberali dei D66, alla cui guida c’è una donna molto combattiva che ha cercato di mettere Rutte con le spalle al muro più di una volta. E’ Sigrid Kaag ed è grazie a lei che l’Olanda ora ci sembra così colomba. Ha il ministero delle Finanze e negli anni ha costruito una forza progressista molto attenta alle questioni climatiche, ai diritti, all’inclusione. Ha fatto parte di un governo frugale senza sentirsi tale, ma è stata la pazienza a portarla dov’è e la consapevolezza che si lavora con grinta, con determinazione e senza mai mollare l’obiettivo. La sua vittima politica è l’ex ministro delle Finanze Wopke Hoekstra della Cda, che a noi spendaccioni del sud non faceva altro che dire no. E’ l’anima dell’Olanda più frugale, e a un certo punto sembrava anche stesse diventando così popolare da poter rubare la scena a Rutte. Non è successo, e oggi è ministro degli Esteri. Dilan Yesilgöz-Zegerius è invece il ministro della Giustizia e della Sicurezza, è dello stesso partito del premier, è nata ad Ankara, è di origine curda. Sarà lei a gestire il tema dell’immigrazione che rimane molto sensibile in Olanda. L’Istruzione è invece affidata a un nome di prestigio. Robertus Henricus Dijkgraaf, un fisico allievo di Gerard ’t Hooft, un premio Nobel.
Da falchi a colombe. Il governo Rutte IV segna un netto cambio di rotta nelle politiche fiscali a livello nazionale ed europeo. L’accordo di coalizione prevede tagli alle tasse, un aumento del salario minimo, un incremento dei livelli di deficit e debito per finanziare programmi destinati a lottare contro il cambiamento climatico (35 miliardi), a ridurre le emissioni nel settore agricolo (25 miliardi), e alla costruzione di immobili (1,6 miliardi). Solo per la spesa per la Difesa sono previsti 3 miliardi in più l’anno. In aggiunta sarà lanciata la costruzione di due nuove centrali nucleari. Secondo i calcoli del governo, nei prossimi quattro anni il debito pubblico dovrebbe superare (di poco) la soglia del 60 per cento di pil. Il deficit dovrebbe collocarsi attorno al 2,5 per cento per una serie di misure una tantum. Il Centraal Planbureau (Cpb) olandese – l’equivalente dell’Ufficio parlamentare di bilancio – ha rifatto i calcoli ed è più prudente. Il debito salirà al 56 per cento del pil entro il 2025 (ben al di sotto del limite di Maastricht), mentre il deficit resterà entro i confini del 3 per cento per tutto il mandato del governo. La frugalità rimane una caratteristica olandese, anche quando si tratta di manovre espansive. Ma la direzione è contraria a quella del Rutte III. Lo stesso vale per l’attitudine dei Paesi Bassi nella zona euro, in particolare nel negoziato che si sta per aprire sulla revisione delle regole del Patto di stabilità e crescita. Il programma del governo Rutte IV include un’apertura sulla modernizzazione delle regole fiscali. La priorità non è più quella della riduzione del debito. Come la Germania di Olaf Scholz, i Paesi Bassi chiederanno agli stati membri di mantenere un debito che sia sostenibile, tenendo conto degli investimenti e della crescita.
E’ questione di necessità. Per capire la trasformazione di questi Paesi Bassi, ci siamo fatte guidare da Antonello Piras, commentatore politico italo-olandese per Bnr Nieuwsradio. Ci ha detto che il cambiamento c’è, è reale: Kaag non ha intenzione di fare i conti in tasca a nessuno e Hoekstra ha cambiato i toni. “Nella sua prima intervista da ministro degli Esteri ha sottolineato di trovarsi bene con Mario Draghi”. Inoltre il cambiamento è una questione di necessità, “è nell’interesse olandese farsi colomba”, anche per questioni interne. I Paesi Bassi dovranno spendere molto. “Primo: c’è la transizione energetica. Secondo: l’edilizia. Da tempo l’Olanda sta facendo i conti con una forte crisi del mercato immobiliare”. Piras ci ha detto che Rutte è un politico pragmatico: “Il cambiamento del premier è continuo e nullo allo stesso tempo: dopo mesi di stallo ha preso atto di dover fare i conti con una maggioranza risicata (alla Camera di soli due seggi) o inesistente (al Senato). Quindi per portare avanti il governo dovrà fare accordi continui. Da qui l’inevitabile atteggiamento di flessibilità e apertura”.
Le aperture sul Patto di stabilità fanno ben sperare noi paesi del sud. A guidare i frugali restano gli austriaci
E i frugali? Senza più i Paesi Bassi alla loro testa, che fine farà il gruppo dei “frugali”? Se Hoekstra è stato il portavoce del rigore dentro l’Eurogruppo, Rutte aveva guidato la resistenza alla creazione del Recovery fund nella primavera-estate del 2020. Al suo fianco c’erano Austria, Finlandia, Danimarca e Svezia. Se gli ultimi due sono fuori dall’euro, i governi di Vienna e Helsinki continueranno a pesare nelle trattative sulla revisione del Patto di stabilità e crescita. Dentro la Commissione è il commissario austriaco, Johannes Hahn, che si è fatto carico delle posizioni frugali di fronte all’offensiva che era stata lanciata a dicembre dal presidente francese, Emmanuel Macron, e dal presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, per escludere dal calcolo di debito e deficit gli investimenti green e quelli in settori per il futuro. Una volta che la Commissione avrà presentato la sua proposta di revisione del Patto di stabilità e crescita – ci stanno lavorando il vicepresidente Valdis Dombrovskis e il commissario Paolo Gentiloni, malgrado le idee diverse tra i due su come si garantisca la sostenibilità – servirà un accordo unanime tra i paesi della zona euro. L’Austria è chiaramente candidata a fare il nuovo capofila dei frugali.
Gli olandesi sono un popolo che va matto per i primati. Raccontano che le carote siano arancioni proprio per volere dei contadini olandesi, che per rendere omaggio a Guglielmo d’Orange studiarono una nuova qualità di carota per farla del colore dei Paesi Bassi, da bianca o viola che era prima. Questa storia ci è piaciuta molto e se non è vera, non ditecelo. E’ un po’ il simbolo di quello che continuano a essere oggi i Paesi Bassi, fieri, piccini, capaci da falchi di diventare colombe o di trasformare le carote da bianche ad arancioni. E nella loro piccolezza, sono sempre determinanti. Per questo nella storia delle carote ci abbiamo visto un presagio ottimista sul Patto di stabilità. Pensateci: alla fine, di colore sono le carote che mangiamo oggi?
(hanno collaborato David Carretta e Francesco Gottardi)