EuPorn-Il lato sexy dell'Europa

La stella polare d'Europa ci indica la strada contro Putin

Paola Peduzzi e Micol Flammini

I Paesi baltici costruiscono l’indipendenza energetica, Svezia e Finlandia entrano nella Nato, e in Estonia si confezionano  i droni da inviare in Ucraina 

Nel 1988 Kaja Kallas, oggi primo ministro dell’Estonia, andò a Berlino con la sua famiglia. Suo padre la portò assieme a suo fratello e a sua mamma alla porta di Brandeburgo a guardare da vicino il muro di Berlino: la Kallas aveva undici anni. “Ricordo come se fosse adesso che papà ci disse: ragazzi, respirate profondamente, questa è l’aria della libertà che arriva dall’altra parte. Se facciamo tutto quello che è nelle nostre possibilità per aiutare l’Ucraina, non ci saranno ragazzini di undici anni che possono respirare l’aria della libertà soltanto da lontano”. Kaja Kallas, che compie quarantacinque anni a giugno, guida l’Estonia dal gennaio del 2021; suo padre che insegnava ai suoi figli a respirare la libertà è Siim Kallas, che è stato premier a sua volta all’inizio degli anni Duemila, e poi europarlamentare e commissario europeo: è una famiglia che lavora da sempre per vivere e far vivere libero il popolo europeo.

 

Nel suo discorso a Berlino, un discorso potentissimo, la Kallas ha detto che “il gas può certo essere molto costoso, ma la libertà non ha prezzo. Ogni governo deciderà quanto sobbarcarsi di questo costo, ma dobbiamo anche dire ai nostri cittadini: il problema del nostro vicino oggi sarà un nostro problema domani, se la casa del nostro vicino ha preso fuoco, anche noi siamo in pericolo”. L’Estonia, i suoi vicini baltici, la Svezia e la Finlandia stanno dando un grande esempio di convivenza occidentale: condividere gli stessi valori non è una posa, è una missione che si declina nella quotidianità, organizzandosi ma anche comprendendo quanto sacrificio si è disposti a sopportare perché la casa del vicino, e quindi la nostra, siano sicure. Nella guerra contro la Russia la voce del nord europeo è diventata limpida e chiarissima: siamo andate a seguire questa nostra europeissima stella polare.

 

La Nato è più grande. Svezia e Finlandia hanno accelerato il loro ingresso dentro l’Alleanza atlantica andando in pochissimo tempo oltre la loro neutralità. Il primo ministro svedese, Magdalena Andersson, e il primo ministro finlandese, Sanna Marin, si sono mosse all’unisono, quando hanno compreso, molto presto, che il mondo era cambiato sotto i loro occhi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non ha soltanto riportato nel presente il pericolo dell’espansionismo russo: questi paesi da anni assistono agli sconfinamenti dei jet russi nei loro cieli, alle azioni di destabilizzazione da parte di Mosca sui partiti e i cittadini locali. La minaccia qui c’è sempre stata e infatti dal punto di vista militare esercitazione e formazione sono già integrate nei sistemi Nato. Il passo ulteriore, l’adesione all’Alleanza, ha un significato molto più ampio della mera (e necessaria) difesa militare: si tratta di tessere insieme una nuova convivenza buona per i tempi di guerra, ma soprattutto buona quando ci sarà la pace. Il grande spostamento dell’opinione pubblica svedese e finlandese a favore dell’ingresso della Nato non ha una valenza soltanto per il presente, è una promessa per il futuro, altrimenti sarebbe bastato unirsi alle esercitazioni militari e inviare armamenti all’Ucraina. E’ questo che più allarma Vladimir Putin, non tanto e non solo una nuova militarizzazione del nord Europa che non aveva calcolato, ma lo slancio che ha ripreso il soft power occidentale. Pensava di essere lui il maestro dei cuori e delle menti dopo aver tanto investito in propaganda e indottrinamento, ma non è così: i filorussi in Ucraina, stremati e massacrati, si ribellano, e i filoccidentali ci tengono a rendere formali le loro appartenenze, a sposarsi invitando più gente possibile perché non ci siano dubbi sulla volontà di restare uniti.

 

Lo spostamento dell’opinione pubblica svedese e finlandese è una promessa per il futuro. Non guarda solo alla guerra di oggi


Le rappresaglie di Putin. Svezia e Finlandia temono che la Russia farà di tutto per impedire la loro adesione alla Nato e temono che possa muoversi su più livelli. Si aspettano un incremento di operazioni di spionaggio, tentativi di influenzare la politica e soprattutto attacchi informatici. A inizio aprile, durante il discorso del presidente ucraino Zelensky al Parlamento finlandese, i siti del governo erano stati colpiti da un attacco hacker. I responsabili non sono mai stati trovati, ma la coincidenza ha fatto pensare che ci fosse dietro la Russia, intenzionata a mandare un messaggio ai finlandesi. Il Cremlino ha minacciato già che dispiegherà armi nucleari e missili ipersonici nell’exclave di Kaliningrad se i due paesi verranno accolti.  Ma, per bloccare l’adesione delle due nazioni, il Cremlino ha anche  un’arma più immediata. La procedura per entrare a far parte della Nato non è breve e Putin potrebbe approfittarne per lanciare un attacco diretto, soprattutto nel territorio finlandese, con il quale condivide un confine lungo 1.300 chilometri. Automaticamente l’adesione sarebbe congelata, perché nell’Alleanza non vengono ammessi paesi impegnati in un conflitto armato. Bisogna però considerare che l’esercito di Putin ha già molto da fare  altrove e al confine con la Finlandia non rimangono forze sufficienti. Helsinki invece, in questi anni, ha lavorato alla sua sicurezza e non ha mai tolto gli occhi da quella frontiera storicamente tormentata, ha messo su un esercito addestrato e motivato, non molto numeroso, ma ben armato. Ricorda qualcosa? Con le sue minacce e i suoi ruggiti, Putin vuole intimorire anche gli altri alleati atlantisti, spera che saranno gli altri a dire di no a Finlandia e Svezia per paura,  così lui non dovrà neppure impegnarsi troppo. Un piccolo cedimento c’è stato in Croazia. Il presidente Zoran Milanovic ha definito l’ingresso dei due paesi “ciarlataneria pericolosa” e ha detto che non deve essere ratificata nessuna nuova adesione fino a quando la Bosnia Erzegovina non cambierà legge elettorale. Le due cose non sono connesse in alcun modo, l’affermazione di Milanovic è stata  smentita dal suo governo che ha poi assicurato che non ci saranno veti da parte di Zagabria. 

 

Nel 2015 il fabbisogno di gas lituano era soddisfatto da Mosca. Oggi il nuovo terminale di Gnl si chiama “Indipendenza” 

 

L’indipendenza energetica. La strategia contro la Russia non è fatta soltanto di armi, ma anche di energia. La Lituania è stata il primo paese a fermare le importazioni di gas russo, in grande anticipo. Il 2 aprile scorso, il ministro dell’Energia lituano ha detto: “Siamo i primi clienti di Gazprom a diventare indipendenti dalle forniture russe”, e ha potuto mostrare che il passaggio di gas attraverso la Bielorussia era stato portato a zero. Il presidente lituano, Gitanas Nauseda, ha spiegato che “dieci anni fa il mio paese ha preso la decisione che ci permette oggi di interrompere le relazioni con l’aggressore  senza sentire male. Se possiamo farlo noi, anche il resto dell’Europa può farlo”. La decisione di dieci anni fa è il terminale di gas liquefatto nel porto di Klaipeda, il porto sulla foce del fiume Nemunas nel mar Baltico, una delle cittadine più particolari della Lituania, con le sue casette colorate come quelle del nord Europa e la prima cerchia fuori dal centro in classico stile sovietico. Il terminale di Klaipeda è stato soprannominato “Indipendenza”. Nel 2015 tutto il fabbisogno di gas della Lituania era soddisfatto dalla Russia, nel 2020 la percentuale era ancora alta, al 60 per cento. Lettonia ed Estonia non hanno terminali di gas liquefatto di proprietà ma ne stanno costruendo  uno in partnership con la Finlandia: è a Paldiski,  città che ospitava una delle più importanti basi navali dell’impero russo, e che oggi diventerà il fulcro dell’indipendenza baltica dalla Russia di Putin, simbolo potente dell’anacronismo brutale della visione del presidente russo. La Lettonia ha intanto ripreso il controllo sulle proprie infrastrutture per la distribuzione del gas, che erano sempre state gestite da Gazprom, così ha anche potuto costruire le proprie riserve. Che sono così rifornite che la Lettonia può stare per tutto il 2022 senza il gas russo, senza collassare. Lo stesso vale per l’Estonia, che ha riserve fino alla fine dell’estate e che all’inizio dell’autunno finirà di costruire il molo a Paldiski: sarà un terminale galleggiante in grado di  accogliere la nave contenente gas liquefatto che Tallinn ha comprato assieme alla Lettonia e alla Finlandia. Il ministro dell’Economia estone ha spiegato che non sa che prezzo avrà il gas quest’inverno, ma intanto i paesi del nord Europa si saranno organizzati per far sì che il gas liquefatto diventi molto più conveniente, più competitivo e quindi lo strumento perfetto per potersi garantire una indipendenza di lungo periodo da Putin.


Adotta un drone. L’Estonia, che ha un milione e trecentomila abitanti, è il secondo fornitore di aiuto militare all’Ucraina, ma questo dato non include il sostegno che è stato dato dai privati estoni. Una comunità di start up ha organizzato tre giorni fa un convoglio di una decina di mezzi partito da Tallinn: su una portiera c’era la bandiera ucraina, vicino al cofano c’era la scritta: “Gli orchi devono morire”. Nelle stesse ore, dall’altra parte della capitale estone, partivano i mezzi con gli aiuti umanitari. Il più popolare co-working di Estonia e Finlandia, Lift99, ha anche creato il crowdfunding  “adotta un drone”: si tratta di droni commerciali che servono agli ucraini per individuare gli obiettivi da colpire. Ne sono già stati adottati quattro, sistemati nel bagagliaio delle jeep e dei minivan appena partiti. 


Proprio per questo attivismo estone così diffuso, gli attacchi cyber da parte della Russia sono molto frequenti. All’inizio finivano tra le notizie, ora sono quasi diventati normali, e per questo inefficaci. Nessuno se ne accorge, anzi sono i russi che ci tengono a far sapere che riescono a portare a termine dei cyberattacchi. Si sta invertendo sotto i nostri occhi il rapporto di forza con la Russia, e questo certo non la rende meno pericolosa, anzi, ma la stella polare del nord Europa che ci indica la direzione della solidarietà e del vento della libertà brilla forte, e ci fa luce.