Pogba il polipo non sarà mai il nuovo Zidane
Paul Labile Pogba, detto Paul il polipo, ha un’idea smodata di sé e del suo ruolo, un centrocampista moderno dovrebbe sapere fare tutto, difendere, attaccare, segnare, fornire assist, recuperare palloni, essere leader in campo. In attesa di prove, per l’intanto ci ha mandato tutti affanculo, giornalisti babbioni e giovani che lo hanno criticato. La partita d’esordio contro la Romania, la stecca. Appena viene sostituito, la Francia passa in vantaggio e alla fine vince. Mercoledì, nella seconda contro l’Albania, l’allenatore Deschamps lo tiene in panchina, dirà che è stato per scelta tecnica e si sa che non c’è insulto peggiore per un calciatore. Stranamente comincia a circolare la voce che invece sia stato per motivi disciplinari: il polipo si sarebbe presentato a pranzo in ritardo in tuta e in infradito e vogliamo davvero credere che il mister, uomo rude del paese basco francese, tenga a una certa etichetta.
Siccome la Francia stenta ancora, all’intervallo è ancora sullo zero a zero contro una nazionale generosa ma minore, allora scatta il perdono, mutandoni e ciocie non interessano più alla patria riconoscente: Pogba entra in campo, gioca un tempo senza infamia e senza gloria. La Francia segna sul filo dell’ultimo minuto regolamentare, lui con questo gol non c’entra molto. Allo scadere dei cinque minuti di recupero dalla propria metà campo fa un lancio di sessanta metri con il contagiri, il compagno cui è indirizzato scivola, sbaglia lo stop, la palla rimbalza e va dalle parti del veloce e feroce Payet che colpisce e infila il 2 a 0: circostante fortuite dunque, buco di culo, però per fare un lancio di sessanta metri al millimetro bisogna avere piedi che parlano.
E’ tutta una contraddizione il suo romanzo, un incipit folgorante, pagine splendide dal ritmo serrato che si alternano a irritanti narcisismi, a inutile barocco, a snervante melensaggine. Questo non vuol dire che non sia forte: con i suoi centonovantuno centimetri e gli ottantaquattro chili e il tono atletico di un giovane di ventitré anni è decisamente fortissimo. E’difficile buttarlo giù, quasi impossibile contrastarlo in elevazione, ha un’apertura di gambe che al mondo è seconda solo a quella di Ibrahimovic.
I tifosi di fede juventina hanno visto in lui il leader naturale, l’uomo che si mette la squadra sulle spalle e fa la differenza e a volte effettivamente lo è davvero. Temono che la società si pieghi alla brutalità del conto economico e lo venda, avanzano argomenti che sembrano anche assennati, la società è sana, ha liquidità in cassa, non si vendono i campioni meno che mai le bandiere e Pogba è stato acclamato dal popolo e se vuoi provare a vincere la Champions non ti puoi privare di uno che tutti invidiano, che al merchandising vende più gadget di tutti ed è il più ricercato dagli sponsor. E poi Andrea Agnelli l’ha detto e ridetto, Pogba non si tocca e Agnelli è uomo d’onore.
Non si sa se il Real Madrid di Florentino Perez sia davvero disposto a sborsare 130 milioni per averlo, spesso sono i procuratori che diffondono ad arte voci false per far levitare il mercato, i compensi e le relative commissioni. Il procuratore di Pogba è Mino Raiola e di più furbacchioni non ce ne sono. Ma se fosse vero? Per rifiutare occorre essere profondamente convinti che il polipo sia già il più forte centrocampista del mondo o almeno che lo diventi tra due tre anni. Tutto il bene che si dice di Pogba lo si dice da troppo tempo, da sette-otto anni, quando militava nelle giovanili e non era ancora il polipo ma soltanto “la pioche”, il piccone. Già se ne parlava come di un fenomeno. Non sarà lo Zidane dei millennial europei, lui non si specchiava nella sua classe non si compiaceva del suo talento, era impossibile togliergli la palla, faceva dribbling a ripetizione per rendere più semplice il gioco quando si faceva complicato , non il contrario. Non sarà nemmeno Toni Kroos, che è già al Real e con Luca Modric forma la coppia di centrocampisti forse più forte del mondo. Il biondo ventiseienne ha un approccio per l’appunto tedesco alla gestione delle sue forze, delle sue energie, della concentrazione in campo, cerca sempre di fare la migliore giocata possibile, la più utile alla squadra nel momento e nelle circostanze date. Può sbagliare ma non farà mai un fronzolo.
Il polpo si piace e si compiace, nei momenti di grazia è dirompente. Poi qualcosa si muove nella sua testa, lo si vede dallo sguardo che si fa improvvisamente vuoto, dal rimprovero stizzito rivolto al compagno, dal suo caracollare, come Balotelli contro il mondo. E’ la fisiognomica dell’altrove, della tana si avverte che il polipo ha ritirato i tentacoli inabissandosi tra nuvole di nero inchiostro. Meglio prendere centotrenta milioni.
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