Questione Derivati del Tesoro: Una trama assurda!

Carlo Torino

Tutta la vacuità del complottismo pentastellato, e le ragioni che assolvono i tecnici del Mef

Attraverso contratti derivati denominati Irs - Interest rate swaps - Il Tesoro, come ogni altro governo o azienda privata, trasforma le proprie passività a tasso variabile in obbligazioni a tasso fisso; mutandone in tal modo il profilo di durata finanziaria (duration), e riducendo di fatto la sensibilità del bilancio pubblico ad eventuali incrementi nei tassi d’interesse. 

A questo punto è opportuna una precisazione: questi contratti - compensativi, nella loro essenza – sebbene intimamente correlati con la variabile di rischio dalla quale si vuole ottenere una copertura (in questo caso un aumento nei tassi), possiedono un valore di mercato del tutto indipendente.

Appare dunque naturale che in una congiuntura monetaria caratterizzantesi per una forte compressione dei tassi – frutto di una politica monetaria ultraespansiva - il mark-to-market (valore di mercato) dei contratti swap - per la controparte che si trovasse nella condizione di pagare la gamba fissa e ricevere quella variabile (la posizione contrattuale del Tesoro) – fosse in territorio profondamente negativo: - 31 miliardi, per la precisione.

È opportuno però ricordare che si tratta di una perdita virtuale: un rialzo nei tassi infatti non potrà se non modificarne in positivo il valore. Senonché sorge un altro problema – opportunamente rilevato dalla dottoressa Cannata, la quale parlò di “correlazione perversa” durante un’audizione nell’ambito di un’indagine conoscitiva in Commissione finanze – di natura squisitamente regolamentare.

Le controparti negoziali del Tesoro per i contratti derivati sono le medesime che sottoscrivono le emissioni del nostro debito pubblico. A seguito dell’annuncio del Qe da parte della Bce, i mercati poterono vivere una fase di euforico ottimismo caratterizzato da una forte domanda di titoli periferici (tra cui quelli Italiani), la quale pose a sua volta in essere le condizioni per un’ulteriore compressione dei rendimenti.

D’altra parte un aumento vertiginoso di Btp in portafoglio genera però anche un incremento del rischio di credito nei confronti dell’emittente (in caso di un suo default); naturale dunque che gli operatori corressero ai ripari acquistando protezione nei confronti dell’Italia mediante contratti CDS: alimentando di riflesso un allargamento nel valore dei premi. Un’operazione configurata in tal modo – a base negativa, come viene definita - permette anche un guadagno tecnicamente privo di rischio: si acquista un’obbligazione e al tempo stesso ci si protegge dal fallimento dell’emittente, pagando un premio assicurativo inferiore al rendimento percepito sul titolo. Pensateci! 

Questo meraviglioso stato del mondo venne ben presto a svanire lasciando gli operatori con un’enorme esposizione di rischio di credito verso l’Italia. Si intese attenuarlo, in primo luogo, esercitando la chiusura anticipata di svariate posizioni in derivati - a lungo termine e non collateralizzate - ove possibile, in virtù di una termination clause. Nella maggior parte dei casi i contratti presentavano un valore di mark-to-market negativo per lo Stato. Ma ciò, va ribadito, fu necessario anche per consentire a queste controparti di continuare a sottoscrivere le emissioni di debito pubblico Italiano.

Senonché rimane non del tutto chiara quella tendenza del Tesoro a vendere delle opzioni denominate receiver swaption; le quali riconoscono alla controparte la facoltà di entrare – dietro versamento di un premio per cassa, e a una data futura - in un contratto di IRS, ove ricevono tasso fisso e pagano variabile. Si stenta a comprendere la natura di una tale operazione di gestione del rischio di tasso, se non giustificandola in relazione alla volontà di ridurre il costo di finanziamento – al presente, s’intenda - della struttura. Ed è pur vero che ciò accadeva, in quanto si incassava il premio, ma d’altra parte ci si esponeva a rischi potenzialmente infiniti qualora la curva dei tassi avesse subito una compressione. I diligenti, ma poco avveduti, tecnici del Tesoro non potevano nel 2012 immaginare che i tassi potessero contrarsi a tal punto da entrare in territorio negativo!

Quelle operazioni - contabilizzate a mark-to-market - avrebbero imposto, in virtù dell’esercizio della controparte, un debito contabile aggiuntivo – in base ai parametri SEC-10 dell’Eurostat -  di circa 1 miliardo di Euro. Il Tesoro le ha tempestivamente ristrutturate, evitando l’insorgenza di un debito di tali dimensioni: ma rimandando essenzialmente il problema di due anni.

In conclusione, appare a mio avviso assurdo evocare oscure trame complottistiche, secondo le quali il Ministero si sarebbe prestato a una connivenza con istituti di credito internazionali. Si può contestare nel merito solo quella parte residuale dell’attività in derivati inerente alla vendita di swaption. Una pratica se non altro insolita, ma che non avrebbe d’altra parte suscitato una tale eco mediatica, qualora la politica monetaria non avesse piegato su posizioni così fortemente espansive; in ogni caso difficili da prevedere nel momento in cui quei contratti vennero stipulati.

@carlo_torino/www.carlotorino.me