Europa ore 7

Il veto di Ungheria e Polonia al bilancio Ue

“Siamo di nuovo in crisi”, ha ammesso ieri un diplomatico europeo. La riunione in videoconferenza dei capi di Stato e di governo di giovedì per discutere di misure sanitarie è destinata a trasformarsi in un vertice di emergenza

David Carretta

Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki hanno messo in atto la loro minaccia portando a uno stallo sul bilancio 2021-27 e sul Recovery fund da 750 miliardi. La disponibilità di Michel a trattare, il corteggiamento alla Polonia e un'idea per "andare a vedere il bluff" fino in fondo 

L'Ungheria e la Polonia ieri hanno messo in atto la loro minaccia di veto sul pacchetto di bilancio da 1.800 miliardi di euro che comprende il bilancio pluriennale dell'Unione Europea e il Recovery fund per rilanciare l'economia dopo la crisi del Covid-19. La presidenza tedesca dell'Ue ha cercato di andare a vedere quello che pensava fosse il “bluff” di Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki. I premier di Budapest e Varsavia avevano detto che si sarebbero opposti al pacchetto di bilancio dopo l'intesa tra la presidenza tedesca e il Parlamento europeo sul meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. E alla fine, malgrado il fatto che i loro paesi siano tra i principali beneficiari dei fondi comunitari, non hanno fatto marcia indietro. Il loro “no” alla cosiddetta "decisione sulle risorse proprie” porta allo stallo sul bilancio 2021-27 da 1.086 miliardi e sul Recovery fund da 750 miliardi. “Siamo di nuovo in crisi”, ha ammesso ieri un diplomatico europeo. La riunione in videoconferenza dei capi di Stato e di governo di giovedì, che era stata convocata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel per discutere di misure sanitarie per la seconda ondata di Covid-19, è destinata a trasformarsi in un vertice di crisi.

 

La presidenza tedesca valuterà “i passi successivi” con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ci ha spiegato il diplomatico europeo. Il commissario al Bilancio, Johannes Hahn, ha lanciato un appello alla “responsabilità” degli Stati membri perché “non si tratta di ideologia, ma di aiuti per i nostri cittadini nella peggiore crisi della seconda guerra mondiale". In realtà, von der Leyen non sembra intenzionata a immischiarsi. "La realtà istituzionale è che tocca alla Germania, presidente di turno dell'Ue, di trovare le soluzioni per una ratifica all'unanimità”, ha detto il portavoce della Commissione, Eric Mamer. Tutto il peso ricade sulle spalle di Merkel, chiamata ad aumentare la pressione su Orbán e Morawiecki. “I contatti dietro le quinte dovrebbero intensificarsi”, ci ha assicurato il diplomatico europeo.

 

Per uscire dallo stallo ci sono diversi scenari. Michel non vorrebbe nemmeno mettere il punto all'ordine del giorno della videoconferenza di giovedì. Ma è consapevole che si aprirà un dibattito tra i capi di stato e di governo, che rischia di trasformarsi in uno scontro. Michel sarebbe favorevole a fare delle concessioni a Ungheria e Polonia, in particolare chiedendo al Parlamento europeo di rivedere l'accordo sullo stato di diritto. “Bisognerà negoziare. Serve un gesto a favore di Orbán”, dicono nella sede del Consiglio europeo. Ma la presidenza tedesca dell'Ue ha escluso di riaprire il pacchetto di intese raggiunte con il Parlamento europeo. Il rischio è che i deputati si ribellino e blocchino a loro volta il quadro finanziario pluriennale, su cui hanno un diritto di veto. Merkel dovrebbe cercare di corteggiare la Polonia per isolare l'Ungheria. La cancelliera sembra intenzionata a andare fino in fondo nella resa dei conti con Orbán.

 

Silvia Merler dell'Algebris Policy & Research Forum ha avuto un'altra idea per andare a vedere il bluff di Ungheria e Polonia: gli altri paesi potrebbero fare "copia e incolla" del testo del Recovery fund “in un trattato intergovernativo ad hoc (come quello del Mes)”. Sarebbe uno Special Purpose Vehicle, e non più la Commissione, a fare debito sui mercati per finanziare il Recovery fund, ma “è fattibile”, secondo Merler: “a quel punto Ungheria e Polonia non riuscirebbero a bloccare il Recovery fund per altri paesi, ma non riceverebbero soldi del Recovery fund per loro”. Al danno si aggiungerebbe la beffa: i due paesi sarebbero soggetti alla condizionalità sullo stato di diritto per i soldi che ricevono dal bilancio Ue ordinario. “E' una minaccia credibile per andare a vedere il bluff del veto”, assicura Merler.

 

Per ora, però, l'unica cosa certa è un ulteriore ritardo per il Recovery fund che non potrà partire a inizio 2021.“Non si può dire quanto tempo ci vorrà per riportare le cose sui binari giusti. Quel che è certo è che ci saranno ritardi”, spiega la fonte europea. La cosiddetta “decisione sulle risorse proprie” deve essere ratificata dai parlamenti nazionali e il processo potrebbe durare tre mesi. Calendario alla mano, l'erogazione del Recovery fund potrebbe slittare a fine estate. E l'Ue rischia di iniziare il 2021 con i dodicesimi dell'esercizio provvisorio.

 


Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 17 novembre, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


 

Orbán si gioca il Ppe con il veto al Recovery - Il presidente del Partito popolare europeo, Donald Tusk, ha evocato l'espulsione del Fidesz di Viktor Orbán, dopo il veto dell'Ungheria al pacchetto di bilancio per l'introduzione di un meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. “Chiunque sia contro il principio dello stato di diritto è contro l'Europa. Mi aspetto una chiara posizione su chiesto da parte di tutti i partiti del Ppe”, ha scritto Tusk su Twitter: “Gli oppositori ai nostri valori fondamentali non devono più essere protetti da nessuno". Il Fidesz attualmente è sospeso dal Ppe. Ma la proposta di espulsione di alcune delegazioni nazionali è bloccata per la contrarietà, tra gli altri, della Cdu-Csu e di Forza Italia. Ma anche la pazienza tedesca ha un limite. "Negare a tutta Europa aiuti di emergenza nella peggiore crisi da decenni a questa parte è irresponsabile", ha detto il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, Manfred Weber, che è un esponente della Csu bavarese.

 

Il braccio destro di Gentiloni contro l'Italia sul piano per il Recovery - Marco Buti, il capogabinetto di Paolo Gentiloni, ha pubblicato un paper con l'economista della Luiss Marcello Messori critico del modo in cui il governo sta finalizzando il piano nazionale di riforme e investimenti legato al Recovery fund. “Il deterioramento delle prospettive di crescita, dovuto al riacutizzarsi della pandemia, dovrebbe accelerare la preparazione” del piano italiano” in modo da attivare rapidamente l'interazione con i servizi della Commissione, si legge nel paper. Sulla sostanza l'Italia è chiamata “a comporre un quadro complesso, in cui si deve trovare spazio per la crescita ma anche per un progressivo contenimento del debito pubblico a medio termine”. Secondo Buti e Messori, servono “un approccio top-down” per “selezionare “un insieme limitato di progetti che risponda a priorità strategiche e che assorba il grosso delle risorse disponibili”. Inoltre, il piano italiano “deve incorporare una governance incentrata su una cabina politica di regia” che abbia anche poteri di tipo commissariale. Buti e Messori criticano anche l'uso dei prestiti del Recovery fund per “attivare effetti sostituzione” di investimenti già programmati “invece che effettuare impieghi incrementali”.

 

La Commissione contro Sassoli sui debiti sostenibili - La Commissione europea ha espresso delle critiche sull'idea del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, di cancellare i debiti della pandemia in particolare per la sostenibilità. “E' importante precisare che tutti gli stati membri continuano a beneficiare di un accesso totale ai mercati finanziari a tassi molto vantaggiosi”, ha detto una portavoce della Commissione, ricordando che l'esecutivo comunitario aveva effettuato un'analisi della sostenibilità del debito di tutti gli Stati membri in collaborazione con la Banca centrale europea. L'analisi “ha confermato che tutti hanno debiti sostenibili”, ha spiegato la portavoce. La Commissione teme che le parole di Sassoli possano far nascere qualche dubbio agli investitori.

 

La Bce contro Sassoli sulla cancellazione dei debiti - E' toccato al vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, ricordare a Sassoli che il debito non può essere cancellato. ''In Europa è il Trattato che definisce quello che si può e che non si può fare. In particolare l'articolo 123 vieta il rifinanziamento da parte della Bce del debito pubblico dei paesi membri. Dunque non ci sono le basi giuridiche per una cancellazione del debito da parte della Bce", ha detto de Guindos. Sul Foglio, Luciano Capone e Carlo Stagnaro spiegano perché la proposta di Sassoli sul debito da cancellare è inutile e pure pericolosa.

 

Vestager a favore degli aiuti di stato per il Recovery - La vicepresidente della Commissione responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager, ha annunciato che le norme sugli aiuti di stato “non si applicheranno” per gli interventi finanziari dal Recovery fund destinati alle transizioni verde e digitale. La Commissione fornirà a tutti i paesi "linee guida per una serie di investimenti che ci aspettiamo" per l'uso delle risorse del Recovery Fund, ha detto Vestager in un discorso a un forum di alto livello sugli aiuti di stato.

 

Il veto della Bulgaria sulla Macedonia del Nord - I ministri per gli Affari europei oggi discuteranno del pacchetto di bilancio e del veto di Ungheria e Polonia. Ma il Consiglio affari generali che si terrà questa mattina potrebbe essere ricordato per un altro veto: quello della Bulgaria alla convocazione della conferenza intergovernativa per far partire i negoziati di adesione con la Repubblica della Macedonia del Nord. Il primo ministro bulgaro, Boyko Borisov, in difficoltà in patria ha trovato un modo per distrarre l'opinione pubblica: aprire un conflitto con la Macedonia del Nord su lingua e identità nazionale. Il veto della Bulgaria rischia di ritardare ulteriormente il calendario di adesione anche per l'Albania.

 

La Commissione negozia per il vaccino Moderna - La Commissione europea ha annunciato che detto di sperare di "finalizzare presto" un contratto con Moderna per la fornitura del vaccino contro il Covid-19, dopo che la società farmaceutica ieri ha annunciato un'efficacia del 94,5 per cento per il suo vaccino. L'Agenzia europea del farmaco (Ema) ha annunciato che ha avviato l'analisi dei dati attraverso la procedura del “rolling review” del vaccino di Moderna, primo passo dell'iter di approvazione. Il vaccino Moderna semplificherebbe la vita agli stati membri dell'Ue rispetto a quello di Pfizer e BioNTech. Le dosi possono essere conservate per trenta giorni a temperature standard di refrigerazione. Per l'Ue resta il problema dell'approvvigionamento. Moderna ha comunicato che le prime 20 milioni di dosi prodotte nel 2020 saranno destinate agli Stati uniti, mentre per il 2021 la produzione totale dovrebbe essere tra 500 milioni e 1 miliardo.

 

La Commissione firma un contratto per il vaccino CureVac - La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri ha annunciato la firma di un contratto per l'acquisto di 405 milioni di dosi del vaccino contro il Covid-19 prodotto da CureVac. "I progressi sono tangibili", ha assicurato von der Leyen. CureVac era stata oggetto di un contenzioso tra Stati Uniti e Unione Europea a marzo, quando l'amministrazione Trump aveva cercato di assicurarsi l'esclusiva sul vaccino della società tedesca. La Commissione era intervenuta con un finanziamento di 80 milioni di euro per CureVac.

 

L'Austria impara dalla Slovacchia sui test di massa - Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha annunciato che intende sottoporre a test sul Covid-19 tutta la popolazione del suo paese. Micol Flammini spiega come l'Austria di Kurz si stia ispirando dal modello Slovacchia.

 

Alla ricerca di soluzioni creative per prolungare le scadenze Brexit - L'Unione europea potrebbe far slittare tutte le scadenze che aveva fissato per la conclusione dei negoziati con il Regno Unito sulle relazioni post Brexit. "E' già estremamente tardi" per chiudere un accordo di libero scambio in tempo per una ratifica del Parlamento europeo prima dell'uscita del Regno Unito da mercato unico e unione doganale l'1 gennaio 2021, ha ammesso ieri una fonte dell'Ue. "Serve qualche soluzione creativa" in caso di prolungamento dei negoziati oltre questa settimana, ha detto la fonte. "Diamo priorità alla qualità di questo accordo rispetto a qualsiasi calendario o scadenza", ha confermato un portavoce della Commissione. Le ipotesi per ora sono due: un'applicazione provvisoria di un accordo di libero scambio senza aver ottenuto prima il via libera del Parlamento europeo o un voto  degli eurodeputati tra Natale e Capodanno. Le sedute in remoto causa Covid-19 del Parlamento europeo favoriscono la creatività.

 

La Brexit, Cummings, il Boris Reset e la fidanza di BoJo - I negoziati tra Michel Barnier e David Frost sono in corso a Bruxelles. In attesa di vedere se ci sarà una svolta, Paola Peduzzi spiega il "Boris Reset" e gli scatoloni a Downing Street dopo l'uscita di Dominic Cummings. In realtà scopriremo con il tempo se la partenza dell’architetto della Brexit e della più grande vittoria elettorale per i Tory da molti anni significa un cambiamento di rotta per Boris Johnson o se invece si tratta della più semplice delle storie: la fidanzata del capo s’è stufata degli amici del suo fidanzato.

 

La Moldavia europeista - Maia Sandu sarà il prossimo presidente della Moldavia, il suo partito europeista Azione e solidarietà ha vinto il ballottaggio con il 57 per cento dei voti contro l'ex presidente filorusso, il socialista Igor Dodon. Le istituzioni dell'Ue hanno salutato con entusiasmo l'elezione di Sandu. Ex ministro dell’Istruzione, lo scorso anno era stata nominata premier per un breve periodo. La sua elezione è una rottura  nelle dinamiche della politica moldava che si è sempre mossa tra forze europeiste e filorusse. Ma finora l’europeismo era rappresentato dal Partito democratico moldavo, che più che essere un punto di riferimento per chi desiderava avvicinarsi a Bruxelles era famoso per gli scandali e la corruzione. In un editoriale il Foglio spiega che Sandu dovrà comunque imparare a muoversi tra l'Ue e la Russia.

 

Macron vuole il consenso di Parigi al posto di quello di Washington - In un'intervista visionaria al Grand Continent dopo l'elezione di Joe Biden, Emmanuel Macron ha detto di voler sostituire il consenso di Washington con il consenso di Parigi. Ma più che a Washington il messaggio del presidente francese sembra indirizzato all'Unione europea. Macron ha nel mirino la Germania che, rassicurata dall'uscita di scena di Donald Trump, rischia di affidarsi nuovamente all'illusione della protezione benevola della potenza americana.

 


Accade oggi in Europa

- Consiglio Affari generali

- Consiglio Agricoltura e pesca

- Parlamento europeo: il presidente Sassoli incontra in videoconferenza il vice-presidente del governo spagnolo, Pablo Iglesias

- Commissione: audizione del commissario Gentiloni partecipa alla commissione Finanze del Parlamento italiano

 

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