Europa Ore 7
Altro che frugali, i Paesi Bassi votano europeista
Calano i populisti di Geert Wilders e i Verdi, la sinistra tradizionale ormai è irrilevante. L'elettorato popolare è finito all'estrema destra
Nella Camera bassa ci sarà una proliferazione di partite, 17 (un nuovo record), che conferma l'estrema frammentazione della politica olandese. Ma Rutte dovrebbe avere meno difficoltà che in passato a formare una coalizione di governo.
Al termine di una delle campagne elettorali più noiose degli ultimi decenni, con i sondaggi inchiodati su cifre simili a quelle di quattro anni fa, alla fine i Paesi Bassi hanno offerto una sorpresa. Nelle elezioni di ieri, non solo Mark Rutte e il suo partito liberale VVD hanno conservato il primo posto guadagnando 3 seggi nella Camera bassa dell'Aia, ma i liberali di sinistra dei D66 hanno scavalcato il partito di estrema destra PVV di Geert Wilders con un'impressionante progressione da 19 a 27 deputati. Se confermati, gli exit poll segnano una netta vittoria del campo europeista, rafforzata dall'ingresso in Parlamento di Volt con 3 seggi. Sui 150 seggi della Tweede Kamer, il VVD di Rutte otterrebbe 36 deputati, i D66 27, il PVV 17, i cristiano-democratici della CDA 14, i laburisti della PvdA 9, la destra populista (alternativa a Wilders) del Forum per la democrazia 8, i maoisti del Partito socialista 8 e i Verdi 8. Complessivamente 17 partiti entrerebbero nella Camera bassa (un nuovo record), confermando l'estrema frammentazione della politica olandese. Ma Rutte dovrebbe avere meno difficoltà che in passato a formare una coalizione di governo.
La prima opzione del premier uscente è di confermare la coalizione attuale con i D66, la CDA e l'Unione Cristiana (la CU ha ottenuto 4 seggi). La CDA è uscita ridimensionata dalle urne: il leader dei cristiano-democratici Wopke Hoekstra, che da ministro delle Finanze ha cercato di surclassare Rutte a colpi di rigore nei confronti dei partner europei, non costituisce più una minaccia. Con questi numeri, Rutte potrebbe anche abbandonare la CU, compattando il suo governo. Oppure potrebbe aprire le porte a un esecutivo a dodici stelle, offrendo a Volt e ai Verdi di governare i Paesi Bassi per i prossimi quattro anni. E' lo scenario meno probabile. Ma perfino gli olandesi sanno essere fantasiosi. L'attuale coalizione di Rutte non ha la maggioranza al Senato e, di conseguenza, un allargamento appare indispensabile per evitare incidenti di percorso, come sulla ratifica dei trattati internazionali o degli accordi europei.
Per contro, il voto di ieri conferma l'irrilevanza delle sinistre tradizionali e segna un tracollo dei verdi. I laburisti della PvdA sono rimasti fermi a 8 seggi. L'estrema sinistra maoista del PS ha perso 6 parlamentari fermandosi a 8 deputati. I GroenLinks, che con Jesse Klaver erano stati la sorpresa del 2017, sono precipitati da 14 a 8 seggi. L'elettorato popolare è definitivamente passato ai populisti di estrema destra. Ma il PVV di Geert Wilders, che cala da 20 a 17 seggi, subisce la concorrenza del Forum per la democrazia di Thierry Baudet che, malgrado una serie di scandali di razzismo e antisemitismo, è passato da 2 a 8 deputati.
Il vero concorrente di Rutte ora sarà la leader dei D66, Sigrid Kaag. Diplomatica, attuale ministro del Commercio e della cooperazione allo sviluppo, Kaag ha quattro figli (Jenna, Makram, Adam e Inas) ed è sposata con Anis al-Qaq, un dentista palestinese che aveva servito negli anni 1990 come vice ministro dell'Autorità di Yasser Arafat. Ha studiato l'arabo, parla una marea di lingue, ha avuto diversi incarichi all'Onu: Kaag è l'incarnazione perfetta di ciò che l'estrema destra identitaria di Wilders e Baudet odia. Ma una parte significativa di olandesi le ha dato fiducia. “Che serata meravigliosa”, ha scritto ieri su Twitter, pubblicando una foto come in volo su un tavolo: “Il vostro sostegno ai nostri ideali e idee è stato travolgente. Sono molto grata”. Dietro a Kaag nei D66 c'è una squadra di internazionalisti ed europeisti sfegatati che potrebbe spingere il prossimo governo Rutte verso posizioni più concilianti su temi come la solidarietà nell'Ue, che sia sul bilancio comunitario, il Recovery fund o le migrazioni. Per l'Europa i risultati del voto olandese sono un'ottima notizia.
Il successo più grande è però quello di Mark Rutte. Il premier liberale ora può prepararsi al suo quarto mandato consecutivo. Dopo aver governato con tre coalizioni diverse (perfino con il sostegno esterno di Wilders nel suo primo governo) e aver superato piccoli e grandi scandali, si è conquistato definitivamente il soprannome di “Teflon”. Quando Angela Merkel non ci sarà più a fine anno, Rutte diventerà con Viktor Orbán il leader più longevo del Consiglio europeo. Ma se l'Ungheria si è messa ai margini dell'Ue, Rutte ha messo i Paesi Bassi al centro dei giochi europei, trasformandoli dal più grande dei piccoli paesi al più piccolo dei grandi stati membri. Il suo europeismo è stato prudente e pragmatico: Rutte ha sempre accettato i compromessi europei, ma senza superare le linee rosse che avrebbero spinto l'opinione pubblica olandese a reagire affidandosi a Wilders o Baudet. Esattamente quattro anni fa, Rutte aveva fermato l'ondata populista che stava attraversando l'Occidente con il referendum Brexit e l'elezione di Donald Trump. Ieri sera ha relegato i populisti ai margini. Nel complicato gioco politico e democratico nazionale e sovranazionale che è l'Ue, più che frugale Rutte meriterebbe di essere considerato un politico abile e intelligente.
Von der Leyen lancia l'operazione "salviamo l'estate" dell'Ue - Oggi è giovedì e sul Foglio c'è la rubrica “EuPorn - il lato sexy dell'Europa”, che è la sorella maggiore di questa newsletter. Paola Peduzzi e Micol Flammini spiegano l'operazione "salviamo l'estate" lanciata ieri dalla Commissione di Ursula von der Leyen. L'esecutivo comunitario ha presentato linee guida per la riapertura comunitaria e una proposta legislativa per l'introduzione di un certificato vaccinale (ovviamente verde e digitale) che permetta la libera circolazione all'interno dell'Ue. Sul Foglio c'è anche un approfondimento di Claudia Giulia Ferrauto sul Digital green certificate che nessuno vuole chiamare passaporto.
Il 70 per cento di vaccinati entro giugno nell'Ue è possibile - La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri ha presentato una serie di dati interessanti sulle dosi di vaccini consegnate e da consegnare agli Stati membri. Calcolatrice alla mano, il risultato è che l'obiettivo di vaccinare il 70 per cento degli adulti nell'Ue (260 milioni di persone) può essere raggiunto entro la fine di giugno, e non entro la fine dell'estate come previsto dall'obiettivo della Commissione. I numeri tra primo e secondo trimestre sono questi: 133 milioni di vaccinati grazie a 266 milioni di dosi Pfizer-BioNTech; 50 milioni di vaccinati grazie a 100 milioni di dosi AstraZeneca; 22,5 milioni di vaccinati grazie a 45 milioni di dosi Moderna; 55 milioni di vaccinati grazie a Johnson&Johnson che è a dose unica. Totale: 260,5 milioni di europei potrebbero essere vaccinati entro la fine del secondo trimestre, se le campagne di somministrazione degli stati membri saranno in grado di tenere il ritmo delle forniture (e se non ci saranno altri problemi come AstraZeneca).
L'ultimatum di Ursula al Regno Unito: dosi AstraZeneca o stop export - Ieri von der Leyen ha minacciato di imporre un divieto di esportazione ai vaccini prodotti nell'Ue diretti nel Regno Unito (in particolare Pfizer-BioNTech), se il Regno Unito non consentirà le esportazioni di dosi AstraZeneca verso l'Ue. “Se la situazione non cambia dovremo riflettere a come rendere le esportazioni di vaccini verso paesi produttori di vaccini dipendente dal loro livello apertura”, ha detto von der Leyen in conferenza stampa: “Rifletteremo anche se le esportazioni ai paesi che hanno tassi di vaccinazioni più alti dei nostri siano proporzionate”. La Commissione è pronta a “usare ogni strumento possibile” per “assicurare che l'Europa abbia la sua giusta quota” di dosi, ha aggiunto la presidente della Commissione. Il governo di Boris Johnson sta "rispettando il suo impegno" di non imporre restrizioni all'export dei vaccini, ha risposto un portavoce di Downing Street.
Il Regno Unito a corto di vaccini AstraZeneca come l'Ue - Dopo l'Ue, anche il Regno Unito si trova di fronte a una riduzione delle forniture di dosi da parte di AstraZeneca. Il servizio sanitario nazionale britannico ha scritto alle autorità sanitarie locali per avvertire che ci sarà una “riduzione significativa nelle consegne settimanali di vaccini” a partire dal 29 marzo e per un mese. La Bbc ha tutti i dettagli: alle autorità locali è stato chiesto di non accettare appuntamenti ulteriori il prossimo mese.
Kurz a corto di dosi perché ha dimenticato di ordinarle - Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, è diventato sempre più critico della strategia sui vaccini dell'Ue. Prima l'annuncio di alleanza con Israele per la produzione, poi la denuncia di un "bazar" a Bruxelles per l'attribuzione delle dosi. La ragione sta venendo a galla: come spieghiamo sul Foglio, l'Austria ha ordinato milioni di dosi in meno di quelle a cui avrebbe avuto diritto e ora Kurz chiedere agli altri leader di salvarlo dai suoi errori.
Oggi le conclusioni dell'Ema su AstraZeneca - L'Agenzia europea dei medicinali presenterà oggi le sue conclusioni sull'indagine condotta sul vaccino AstraZeneca, dopo che Germania, Francia, Italia e altri 13 paesi hanno sospeso le somministrazioni per alcuni eventi tromboembolici segnalati negli scorsi giorni. “Ho fiducia in AstraZeneca e nel (suo) vaccino. L'Ema farà una dichiarazione e sono convinta che la dichiarazione chiarirà la situazione”, ha detto Von der Leyen. La presidente della Commissione ha voluto vedere un lato positivo nel caos AstraZeneca. “Questo dimostra la necessità del processo di autorizzazione condizionale sui mercato dell'Ema. Non abbiamo scelto la scorciatoia di avere un'approvazione di emergenza in 24 ore, ma un'autorizzazione condizionata che ci ha preso 2-3 settimane in più, per buone ragioni”, ha detto von der Leyen. Nel frattempo, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato di andare avanti con la somministrazione di AstraZeneca.
Sanzioni Ue per la repressione LGBT in Cecenia - Ieri vi abbiamo dato conto delle sanzioni contro la Cina per la repressione degli uiguri nello Xinjiang. L'accordo è stato formalizzato dagli ambasciatori dei 27 ieri e la pubblicazione della decisione è prevista per il 22 marzo, quando si riuniranno i ministri degli Esteri dell'Ue. In un editoriale il Foglio spiega che è meglio tardi che mai per le sanzioni dell'Ue sulle violazioni nello Xinjiang. Ma il pacchetto di sanzioni con il nuovo regime globale sui diritti umani è più ampio e include funzionari o entità di Eritrea, Libia, Corea del Nord, Sud Sudan e Russia. Secondo quanto ci è stato riferito, nella lista nera dell'Ue dovrebbero finire due funzionari russi responsabili delle persecuzioni contro i gay in Cecenia nel 2019.
Altri due anni di Irini - L'operazione navale militare EunavForMed Irini, incaricata di monitorare l'embargo sulle armi alla Libia, sarà prolungata per altri due anni, ci ha detto ieri una fonte dell'Ue, in vista della visita di Josep Borrell oggi a Roma. La decisione dovrebbe essere formalizzata nella riunione dei ministri degli Esteri del 22 marzo. A Roma Borrell incontrerà i ministri degli Esteri e della Difesa, Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, e visiterà il quartier generale di Irini.
Il Pe minaccia di portare la Commissione alla Corte sullo stato di diritto - Il Parlamento europeo la prossima settimana invierà un ultimatum alla Commissione di Ursula von der Leyen minacciando un ricorso davanti alla Corte di giustizia se non inizierà ad applicare il nuovo regolamento su meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Una bozza di risoluzione concordata dai principali gruppi fissa all'1 di giugno la scadenza entro la quale la Commissione deve presentare le linee guida su come intende implementare il meccanismo che condiziona l'erogazione dei fondi Ue al rispetto dello stato di diritto. Se quella scadenza non sarà rispettata, il Parlamento europeo agire sulla base dell'articolo 265 del trattato con ricorso in carenza per non aver adottato un atto di sua competenza. I deputati intendono anche chiedere ai giudici di Lussemburgo di usare la procedura d'urgenza per il ricorso presentato da Ungheria e Polonia contro il regolamento che istituisce il meccanismo sullo stato di diritto.
La Corte Ue sentenzia a favore del Jobs Act - In caso di licenziamento illegittimo, un lavoratore assunto con il Jobs Act non ha diritto al reintegro contrariamente agli altri lavoratori a tempo indeterminato. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell'Ue in una sentenza sul caso di un lavoratore licenziato insieme a altre 350 persone nel 2017 dalla Consulmarketing, che a differenza dei suoi colleghi non era stato reintegrato dal Tribunale di Milano, malgrado il licenziamento fosse stato considerato illegittimo. Secondo la Corte dell'Ue, un lavoratore assunto fino al 7 marzo 2015 (data del Jobs Act) può rivendicare la sua reintegrazione, al contrario di chi è stato assunto dopo, senza che vi sia discriminazione.
EuroNomine 1 - Il collegio dei commissari ieri ha nominato la portoghese Paula Pinho direttore nella direzione generale per l'Energia, dove avrà la responsabilità della transizione giusta, dei consumatori, dell'efficienza energetica e dell'innovazione.
EuroNomine 2 - Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ieri ha ricevuto le lettere di credenziali degli ambasciatori presso l'Ue del Chad, Mahmat Mamadou Addy, del Sudafrica, Tokolize Xasa, e della Giordania, Saja Al-Majali.