Europa Ore 7
L'Ue alla ricerca del suo "reset" sulla Russia
L'Europa vuole rivedere la strategia con cui si è finora relazionata con Putin. Al vertice sono emerse molte domande: quanto si è pronti a investire nei Balcani, quanta apertura concedere a Ucraina, Georgia e Moldavia. E poi le linee rosse
L'Alto rappresentante e la Commissione hanno un mese di tempo per proporre risposte che l'Ue non si è voluta dare negli ultimi anni. Poi il compito più difficile di scegliere quali spetterà ai leader. L'esercizio si annuncia complicato. Anche perché in molti vogliono prima vedere cosa emergerà dal summit tra Joe Biden e Vladimir Putin programmato per il 16 di giugno a Ginevra
Sull'onda delle sanzioni contro la Bielorussia, i capi di stato e di governo dell'Unione europea sono alla ricerca di una nuova strategia per affrontare la Russia di Vladimir Putin. Il tema è stato al centro di una lunga discussione al Consiglio europeo lunedì. Le conclusioni del vertice incaricano la Commissione e l'Alto rappresentante di preparare un rapporto con alcune opzioni per il prossimo Consiglio europeo di giugno. Ma il dibattito tra i leader è stato molto più denso di quanto lascino pensare quelle poche righe del documento finale. Lo si è compreso dalle parole dette ieri in conferenza stampa dal presidente francese e dal presidente del Consiglio italiano. “Siamo a un momento di verità con la Russia”, ha detto Emmanuel Macron, spiegando che la politica delle sanzioni mirate ha raggiunto il suo "limite". “Siamo un continente forte, un continente economicamente forte. Il 70 per cento degli investimenti diretti in Russia è europeo. Non dobbiamo considerarci così deboli, quando prendiamo delle decisioni che consideriamo giustificate dal punto di vista umano”, ha detto Mario Draghi. Di fronte alla Russia, l'Ue “deve rafforzarsi molto”, perché “il livello di interferenza sia con le spie, che abbiamo visto recentemente, sia attraverso la manipolazione del web è veramente diventato allarmante”, ha spiegato Draghi.
Il reset che cerca l'Ue con la Russia non è come quello di Barack Obama nel 2008. Semmai al contrario: è un reset del modo in cui l'Ue si è relazionata a Vladimir Putin nel corso degli ultimi anni. Provocazione dopo provocazione, conflitto dopo conflitto, l'Ue ha avuto una reazione difensiva. Ogni volta ha adottato sanzioni minime e incrementali, che non hanno cambiato il comportamento del presidente russo. Nel frattempo, l'Ue ha lasciato la Russia operare nel suo vicinato, con l'obiettivo di proteggersi dalla presunta minaccia occidentale e di destabilizzare l'Europa. Le domande che sono emerse durante la discussione al Consiglio europeo sono queste: l'Ue è pronta a investire di più nei Balcani occidentali per evitare l'influenza della Russia? Fino a che punto l'Ue è disposta a andare, anche in termini militari, per rispondere alle richieste di apertura di Ucraina, Georgia e Moldavia? Quali sono le linee rosse strategiche per l'Ue che Putin non deve oltrepassare? C'è un'agenda positiva da offrire alla Russia, pur nella consapevolezza che Putin non si convertirà in un democratico pronto a rispettare l'ordine internazionale?
L'Alto rappresentante e la Commissione hanno un mese di tempo per proporre risposte che l'Ue non si è voluta dare negli ultimi anni. Poi il compito più difficile di scegliere quali spetterà ai leader. L'esercizio si annuncia complicato. Anche perché in molti vogliono prima vedere cosa emergerà dal summit tra Joe Biden e Vladimir Putin programmato per il 16 di giugno a Ginevra. Appena prima, in un summit della Nato e in un vertice con l'Ue, il presidente americano avrà l'occasione di affinare la sua strategia con gli alleati europei. “Si ripropone l'esigenza di accentuare la nostra unità di fronte alla Russia”, ha spiegato Draghi in conferenza stampa. Ma “è previsto un vertice tra il presidente Biden e il presidente Putin presto, credo che sia in giugno, e vedremo quello che succederà”.
La Bielorussia ieri è rimasta al centro dell'attenzione dei leader, anche dopo l'accordo raggiunto sulle sanzioni lunedì notte. Macron, si è detto favorevole alla proposta dell'opposizione bielorussa di invitare Sviatlana Tsikhanouskaya al prossimo vertice del G7. Ma a condizione che "i britannici lo vogliano", dato che sono gli ospiti del summit, ci ha detto una fonte dell'Eliseo. "Il G7 è un club di democrazie ed è importante nel contesto attuale sostenere gli oppositori al regime di Lukashenka", ha spiegato l'Eliseo. Nel frattempo, il premier olandese, Mark Rutte, ha annunciato che incontrerà Sviatlana Tsikhanouskaya all'Aia venerdì per discutere degli sviluppi in Bielorussia.
Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, invece ha lanciato un invito a esporre la foto di Roman Protasevich negli aeroporti europei come segnale di solidarietà nei confronti del giornalista e oppositore arrestato a Minsk domenica grazie al dirottamento di un volo Ryanair da parte del regime di Alexander Lukashenka. "Sarebbe molto bello, ed è un invito che faccio, che negli scali principali dei nostri paesi nell'Ue venisse esposta una foto di Roman come segnale perché la nostra solidarietà non venga a mancare", ha detto Sassoli. Intanto sul Foglio è tutto da leggere l'articolo di Anna Zafesova che spiega come il regime di Minsk usa la pratica staliniana di minacciare i parenti per piegare gli oppositori.
Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di mercoledì 26 maggio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.
Asse Draghi-Macron sulla Libia, ma non sui migranti - Mario Draghi ha ottenuto che il tema dei migranti sia discusso al prossimo vertice europeo di giugno, ma se spera di arrivare a un accordo globale sulla solidarietà dell'Ue con i paesi di primo ingresso si illude. “In un mese buona fortuna”, ci ha detto un funzionario europeo: “Ci saranno urla, non ci sarà niente e tutti scriveranno giustamente che l'Europa è divisa sulla migrazione”. Secondo Emmanuel Macron, “mentiremmo a noi stessi se dicessimo che a giugno risolveremo il pacchetto migratorio nella sua totalità” perché “i disaccordi sono ancora troppo profondi”. In realtà, come spieghiamo sul Foglio, molto più delle richieste all'Ue, è la possibile svolta sulla Libia annunciata da Draghi con lo stesso Macron che può modificare i parametri dell'emergenza migratoria per l'Italia. Ieri i due si sono incontrati a colazione per discutere di Sahel, Ciad, Mali, Libia e Tunisia. “Si è iniziato un nuovo passo importante delle nostre relazioni internazionali, una collaborazione in una parte del mondo che ci aveva sempre visto su sponde diverse, se non contrastanti”, ha detto Draghi. La riappacificazione tra Italia e Francia in Libia, ancora meglio un'alleanza di interessi e intenti, sarebbe fondamentale per riconquistare influenza nel paese di fronte alle ingerenze di Turchia e Russia e creare le condizioni per avere un interlocutore serio a Tripoli con cui trattare sulle migrazioni.
Accordo sul clima per far saltare un paragrafo - La discussione sul clima al Consiglio europeo è stata più breve e meno drammatica del previsto ieri. E' bastato cancellare un paragrafo del capitolo delle conclusioni – quello più controverso che dava indicazioni sul pacchetto di misure legislative che la Commissione deve presentare tra sei settimane – per evitare un grande scontro tra i 27 capi di stato e di governo. “Non c'è stato vero scontro”, ci ha detto una fonte dell'Ue. Alla fine è bastato “saltare il paragrafo che la Polonia e altri paesi (la Repubblica ceca, l'Ungheria, la Slovacchia, la Lituania e la Romania) volevano modificare”. Lorenzo Consoli di Askanews (che è uno dei giornalisti più esperti a Bruxelles su clima e ambiente) spiega cosa non hanno deciso sulle emissioni i leader al vertice. Risultato: la Commissione avrà mani più libere e il negoziato si farà forse a livello di ministri. L'aspettativa è che Ursula von der Leyen proponga un sistema parallelo di scambio di emissioni ETS per i settori che non sono attualmente inclusi, come i trasporti e il riscaldamento. “Non c'è altro modo per ridurre emissioni se non pagare per il carbonio come strumento chiave per incoraggiare il cambiamento del modello”, ci ha detto la fonte. Ma diversi leader hanno sottolineato che “questo deve essere fatto in modo cauto, perché non si può far pagare all'improvviso alla gente prezzi molto più alti per benzina, riscaldamento o isolare la casa”.
I leader confermano la donazione di 100 milioni di dosi - I capi di stato e di governo ieri si sono impegnati ad “accelerare la condivisione di vaccini per sostenere paesi che ne hanno bisogno, con l'obiettivo di donare 100 milioni di dosi entro la fine dell'anno”, si legge nelle conclusioni del Consiglio europeo. L'Ue intende anche “contribuire a sviluppare la capacità produttiva” nel resto del mondo e in particolare in Africa. “L'impatto della pandemia sarà contenuto solo attraverso una ampia risposta globale”, dicono le conclusioni. Nel capitolo dedicato al Covid-19 i leader hanno anche riconosciuto che l'accelerazione delle vaccinazioni permette “una graduale riapertura delle nostre società”, anche se si deve “restare in allerta per l'emergere e la diffusione di varianti e agire se necessario”. Il Consiglio europeo ha dato la sua benedizione all'accordo con il Parlamento europeo sul Certificato digitale Covid dell'Ue.
La prossima settimana il 50 per cento degli adulti nell'Ue con una dose - “Questa settimana superiamo una nuova tappa: la metà degli adulti dell'Ue avrà ricevuto la loro prima dose”, ha annunciato ieri Ursula von der Leyen su Twitter, illustrando le proiezioni sui vaccini fino al 30 di maggio. La presidente della Commissione è forse ottimista, ma di poco, a giudicare dalle cifre che ha presentato. Al 30 di maggio le dosi consegnate dovrebbero essere 300 milioni, mentre quelle somministrate 245 milioni e il 46 per cento della popolazione adulta dell'Ue ha ricevuto almeno una dose. Un portavoce della Commissione ci ha spiegato che il 46 per cento “sarà raggiunto il 30 maggio”, mentre “metà degli adulti nell'Ue sarà raggiunto poco dopo”.
Le forniture di vaccini per tutto il 2020 - Von der Leyen ha anche presentato al Consiglio europeo le stime sulle forniture fino alla fine dell'anno. Dopo 106 milioni di dosi consegnate nel primo trimestre, nel secondo trimestre sono attesi 413 milioni di dosi, di cui 250 milioni di Pfizer-BioNTech. Nel terzo trimestre le forniture dovrebbero salire a 529 milioni di dosi, con un forte incremento delle forniture da parte di Moderna, Johnson&Johnson e AstraZeneca. Nel quarto trimestre le dosi consegnate dovrebbero essere 452 milioni, grazie anche all'avvio del terzo contratto con Pfizer-BioNTech. Nei calcoli della Commissione non è incluso CureVax, il cui vaccino non è stato ancora approvato dall'Agenzia europea dei medicinali.
I Paesi Bassi ratificano il Recovery - Il Senato olandese ieri ha approvato con 45 voti a favore e 23 contrari la decisione sulle risorse proprie dell'Unione europea, lo strumento giuridico che serve alla Commissione per indebitarsi sui mercati e finanziare il Recovery fund. Il voto al Senato completa il processo di ratifica parlamentare nei Paesi Bassi, dove la Camera bassa aveva già approvato la decisione sulle risorse proprie a marzo. Quattro paesi devono ancora completare la ratifica: Austria, Ungheria, Polonia e Romania.
Sulla ratifica del Recovery occhio alla Romania - E' su Bucarest che sono puntati gli occhi di Bruxelles. Nel Parlamento rumeno serve una maggioranza dei due terzi per approvare la decisione sulle risorse proprie, ma la coalizione di governo diretta dal primo ministro, Florin Citu, non ha i voti necessari. Il partito social-democratico, all'opposizione, finora ha rifiutato di votare a favore della ratifica perché Citu non vuole coinvolgere il Parlamento sul piano nazionale di ripresa e resilienza che sta negoziando con la Commissione. Per sbloccare la situazione ieri il ministro per gli Investimenti e i progetti europei, Cristian Ghinea, ha invitato dei rappresentanti del partito social-democratico per leggere i documenti del piano nazionale legato al Recovery fund.
Altri 14 miliardi da Sure - La Commissione europea ieri ha versato a 12 stati membri altri 14,1 miliardi di euro dello strumento Sure, che fornisce prestiti per finanziare meccanismi come la cassa integrazione. L'Italia, con un versamento di 751 milioni, è vicina a completare la sua quota di 27,4 miliardi di euro. Gli altri paesi che hanno ricevuto aiuti dalla settima tranche di ieri di Sure sono Belgio (2 miliardi), Bulgaria (511 milioni) Cipro (124 milioni), Grecia (2,5 miliardi), Spagna (3,3 miliardi), Lituania (355 milioni), Lettonia (113 milioni), Malta (177 milioni), Polonia (1,6 miliardi), Portogallo (2,4 miliardi) ed Estonia (230 milioni). "Un anno dopo che il Consiglio ha adottato lo strumento Sure, abbiamo già sborsato il 90 per cento degli aiuti disponibili: quasi 90 miliardi di euro", ha spiegato il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni. "Oltre a aiutare lavoratori e imprese europee a navigare questa crisi senza precedenti, Sure ha fatto risparmiare agli stati membri 5,8 miliardi di euro rispetto ai tassi di finanziamento sui mercati", ha ricordato Gentiloni.
La Commissione taglia il 25-30 per cento di uffici - Il commissario al Bilancio, Johannes Hahn, ieri ha confermato l'intenzione di diminuire la superficie di uffici occupati a Bruxelles dalla Commissione europea del 25-30 per cento nei prossimi anni. La cura dimagrante di palazzi, paradossalmente, è stata resa possibile dal Covid-19, che ha costretto l'amministrazione comunitaria a passare massicciamente allo smart working. Il telelavoro sarà mantenuto, almeno in parte, nei prossimi anni. L'obiettivo è rendere la Commissione più rispettosa dell'ambiente, più digitale e più moderna. Durante una conferenza stampa con il presidente della regione di Bruxelles, Rudi Vervoort, e altri responsabili locali, Hahn ha detto che la Commissione abbandonerà alcuni immobili satellite. Ma per evitare speculazioni sul mercato immobiliare, il commissario non ha precisato quali quartieri o palazzi saranno abbandonati. In ogni caso il quartiere storico europeo attorno a Schuman e quello vicino alla Gare du Nord di Rogier dovrebbero restare al centro della politica della Commissione sugli immobili.
Nell'Ue fallimenti in aumento - Nel primo trimestre del 2021, il numero di nuove imprese registrate è aumentato dello 0,3 per cento nell'Unione europea, mentre le dichiarazioni di fallimento sono cresciute del 5,8 per cento rispetto all'ultimo trimestre del 2020, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. L'aumento delle bancarotte potrebbe essere dovuto alla graduale uscita dalle misure generalizzate di sostegno alle imprese in alcuni stati membri dell'Ue. Per l'Italia si registra un aumento delle nuove imprese del 6,0 per cento, mentre le dichiarazioni di fallimento sono in calo dell'1,6 per cento.
Accade oggi in Europa
- Consiglio agricoltura e pesca
- Commissione: riunione settimanale del collegio dei commissari
- Commissione: conferenza stampa dei commissari Jourova e Breton sul codice di condotta contro la disinformazione
- Commissione: la vicepresidente Vestager riceve il ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti
- Parlamento europeo: conferenza stampa del presidente Sassoli con il primo ministro sloveno, Janez Jansa, sulla futura presidenza slovena del Consiglio dell'Ue
- Parlamento europeo: il presidente Sassoli partecipa al forum dell'Ansa e incontra il ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti
- Parlamento europeo: conferenza stampa sul fondo di riserva della Brexit
- Parlamento europeo: voto della commissione Libertà civili sul Certificato digitale Covid dell'Ue
- Parlamento europeo: audizione della commissaria Simson alla commissione Industria
- Parlamento europeo: audizione pubblica sull'attuazione dell'accordo commerciale e di cooperazione Ue-Regno Unito e le sfide per il mercato interno e l'unione doganale
- Parlamento europeo: workshop sul Digital Market Act e il Digital Service Act
- Corte dei conti dell'Ue: relazione sull’integrazione della dimensione di genere
- Eurostat: dati sull'integrazione dei migranti