L'aumento dei prezzi dell'energia crea tensioni in Ue
Per la Commissione la priorità è salvare l'impostazione del Green deal: chi inquina paga. I cinque paesi che chiedono di riformare il mercato dell'energia per paura di una rivolta stile Gilet gialli mettono a rischio quell'obiettivo. Ma ancor più pericolosa è l'alleanza tra chi si oppone all'estensione degli Ets
L'aumento dei prezzi dell'energia ha creato nuove tensioni dentro l'Unione europea, con i capi di stato e di governo dei ventisette divisi sulla risposta da dare al caro bolletta nelle loro discussioni a margine del summit con i paesi dei Balcani a Brdo in Slovenia. “Consiglio di non cercare soluzioni troppo semplici”, ha detto la cancelliera tedesca, Angela Merkel, nel momento in cui cinque paesi – Francia, Spagna, Repubblica ceca, Polonia e Grecia – chiedono una risposta europea. La Commissione presenterà le sue proposte la prossima settimana. Tuttavia la sua presidente Ursula von der Leyen ha ricordato che le misure immediate devono essere prese a livello nazionale. Le risorse aggiuntive del sistema di scambio di emissione Ets possono essere utilizzate a fini sociali.
Questo è un estratto di Europa Ore 7 di martedì 28 settembre, la newsletter di David Carretta realizzata con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo. Per ricevere la versione integrale nella tua mail iscriviti qui. È gratis
Von der Leyen ha aperto alla possibilità di creare una riserva strategica, ma è un progetto che non si realizzerà nel breve periodo. Per la Commissione, la priorità è salvare l'impostazione del suo Green deal: chiunque inquina paga. L'offensiva dei cinque paesi, che chiedono di riformare il mercato europeo dell'energia e di intervenire sugli Ets per paura di una rivolta stile Gilet gialli, mette a rischio quell'obiettivo. Ma ancor più pericolosa è l'alleanza tra alcuni governi e deputati europei che si oppone a una delle principali proposte della Commissione: estendere gli Ets a trasporti su strada e riscaldamento degli immobili.
Ieri, mentre i leader litigavano a Brdo, i loro ministri dell'Ambiente si sono messi a litigare a Lussemburgo in una riunione del Consiglio dedicata a “Fit for 55”, il pacchetto legislativo della Commissione per ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2050. Ciascun paese ha specificità proprie. La Grecia – per esempio – vuole preservare il settore marittimo. Chi produce o assembla automobili ha espresso dubbi sull'abolizione del motore a combustione nel 2035. Ma la vera linea di frattura riguarda l'estensione del sistema Ets a trasporti su strada (cioè benzina più cara) e immobili (cioè riscaldamento più caro). Questa misura porterà a un incremento ulteriore delle bollette per le famiglie. E' una delle ragioni per cui l'impennata attuale dei prezzi dell'energia viene utilizzata da alcuni paesi per cercare di bloccare il Green deal. “L'Ue deve cambiare la sua politica perché in parte la ragione per cui i prezzi salgono è colpa della Commissione”, ha detto ieri il premier ungherese, Viktor Orban. “Il problema per l'Ungheria è la nuova regolamentazione del Green deal è una tassazione indiretta per proprietari di appartamenti, case e auto, che non è accettabile”.
Nel Consiglio Ambiente, l'Austria è stata la prima a parlare spiegando di essere favorevole all'estensione degli Ets a trasporti e immobili (ha appena introdotto un sistema simile). Nel gruppo dei favorevoli ci sono Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Lussemburgo e Croazia, oltre all'Austria. Il Portogallo è prudente, come il Belgio e l'Irlanda, in particolare per ragioni sociali o fiscali. Il fronte degli scettici o contrari è molto più ampio e conta dei pesi massimi: Francia, Spagna, Polonia, Ungheria, Romania, Francia, Cipro, Slovacchia, Repubblica ceca, Lituania, Malta, Estonia, Grecia, Lettonia e Bulgaria. Per molti di loro il Fondo sociale climatico proposto dalla Commissione non basta.
Anche dentro il Parlamento europeo c'è un fronte di contrari sempre più ampio: il Partito popolare europeo, il liberale Pascal Canfin (presidente della commissione Ambiente e vicino a Emmanuel Macron), i gruppi della destra sovranista e nazionalista. Il gruppo dei Socialisti&Democratici non è convinto ma rimane silente, anche perché lo sponsor dell'estensione degli Ets a carburante e riscaldamento è il loro Frans Timmermans, il vicepresidente della Commissione responsabile per il Clima. “Non voglio essere dogmatico”, ha detto ieri Timmermans ai ministri: “Se avete una proposta migliore che permetta di arrivare allo stesso risultato, la sosterremo”. Ma nessuno ha proposto alternative.
E l'Italia? Ieri a Lussemburgo era rappresentata dal ministro per la Transizione, Roberto Cingolani. Si parlava di estensione degli Ets a tutta l'industria e ai consumatori, di fine del motore a combustione, di misure sociali, eccetera. Ma durante il dibattito della mattina su “Fit for 55” Cingolani è stato l'unico ministro dei ventisette a non intervenire.
Cingolani almeno ha parlato nel pomeriggio durante un dibattito pubblico sull'aumento attuale del prezzo dell'energia. Un breve intervento per lanciare alcuni messaggi. Ne abbiamo registrati quattro. Primo, l'aumento dei prezzi non ha “niente a che fare con la transizione ecologica”, ma è dovuto a “nervosismo di mercato”. Secondo, Cingolani ritiene che “dopo marzo, quando Nord Stream 2 entrerà in funzione” forse i prezzi “potrebbero scendere” (la Polonia che denuncia manipolazioni di mercato e estorsioni da parte della Russia non sarà contenta, ma come spiega il Financial Times un intervento ieri di Vladimir Putin ha calmato le tensioni). Terzo, per l'Italia non c'è una “soluzione unica” all'impennata dei prezzi, ma serve una “piattaforma globale europea per il gas” per negoziare grandi quantità e stoccare, possibilmente da diversi fornitori, ha detto Cingolani. Quarto, il ministro non sembra rinunciare al nucleare. Pur riconoscendo che è competenza nazionale, Cingolani ha chiesto una riflessione europea sul “mix energetico per il futuro”.
Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di giovedì 7 ottobre, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.