Europa Ore 7
Von der Leyen ritarda le sanzioni a Polonia e Ungheria
Nato e Ue denunciano la mancata de-escalation della Russia, Michel convoca un mini-vertice straordinario e promette di non lasciare soli gli ucraini. Von der Leyen rassicura sul gas per passare l'inverno, tutti i gruppi del Parlamento europeo contro la Russia. Al summit Ue-Africa il terzo incomodo sono i migranti e Macron annuncia il ritiro dal Mali
“Basta linee guida, o lettere informali, o dire per la ventesima volta che si è preoccupati per lo stato di diritto”, ha detto ieri l'eurodeputata ungherese di Renew Katalin Cseh
La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, deciderà finalmente di tagliare i fondi dell'Ue a Ungheria e Polonia per la violazione dello stato di diritto? I principali gruppi al Parlamento europeo ieri hanno chiesto alla Commissione di agire “subito” dopo che la Corte di giustizia dell'Ue ha respinto i ricorsi dei governi nazionalisti di Budapest e Varsavia contro il meccanismo di condizionalità che consente di tagliare i fondi comunitari ai paesi che non rispettano i valori fondamentali. Il nuovo regolamento sulla condizionalità, introdotto un anno fa, “ha una base giuridica adeguata, è conforme con il procedimento previsto dall'articolo 7 del trattato e rispetta in particolare i limiti delle competenze attribuite all'Unione e il principio di sicurezza giuridico”, ha detto la Corte. Eppure von der Leyen ha annunciato che ci vorranno “settimane” prima di pubblicare le linee guida su come userà il meccanismo. Solo poi la Commissione dovrebbe inviare le notifiche formali per contestare le violazioni a Ungheria e Polonia. Da quel momento ci vorranno altri 5-9 mesi prima della proposta agli altri governi di tagliare i fondi a Budapest e Varsavia.
“Ci aspettiamo che la Commissione applichi il meccanismo ora", ha spiegato l'eurodeputato rumeno, Siegfried Mureșan, che ieri ha parlato a nome del Ppe nel dibattito al Parlamento europeo sulla sentenza. “Non bisogna più aspettare”, ha detto la presidente del gruppo dei Socialisti & Democratici, Iratxe Garcia Perez, lamentandosi dell'assenza di von der Leyen nella discussione a Strasburgo: “Per troppo tempo l'Unione ha consentito comportamenti incompatibili con i valori europei”. Von der Leyen “non può più nascondersi dietro alla Corte”, ha detto ieri l'europarlamentare belga di Renew, Guy Verhofstadt. “Siete i guardiani dei trattati, ma ora sembrate il genio delle tattiche dilatorie”, ha spiegato la verde tedesca, Terry Reintke: “Non state solo tradendo il vostro ruolo di guardiano dei trattati, ma state tradendo milioni di cittadini europei che contano su di voi”.
A seguito dell'accordo politico raggiunto a dicembre dai capi di stato e di governo sul bilancio pluriennale dell'Ue, la Commissione aveva deciso di non applicare la condizionalità sullo stato di diritto, in attesa della sentenza della Corte. Ma il sospetto del Parlamento europeo è che von der Leyen abbia scelto la linea morbida con Varsavia e Ungheria, sin dall'inizio del suo mandato. Diverse procedure di infrazione contro Polonia e Ungheria sono state avviate con ritardo. Le linee guida sul meccanismo di condizionalità non sono state ancora adottate. Le lettere formali di notifica delle contestazioni a Varsavia e Budapest non sono mai state inviate. A settembre del 2021 von der Leyen aveva promesso di farlo “entro poche settimane”. Dopo due mesi la Commissione si è limitata a inviare delle lettere amministrative con richieste informali di informazione. La decisione di non applicare il regolamento sulla condizionalità ha spinto il Parlamento europeo a presentare un ricorso contro la Commissione davanti alla Corte dell'Ue per denunciare la sua inazione. “Basta linee guida, o lettere informali, o dire per la ventesima volta che si è preoccupati per lo stato di diritto”, ha detto ieri l'eurodeputata ungherese di Renew Katalin Cseh.
Sul Foglio spieghiamo che la Corte Ue è stata chiarissima nel legame tra rispetto dello stato di diritto e i fondi dell'Ue. “Il rispetto da parte degli stati membri dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda” costituisce “una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a uno stato membro”, compresi quelli finanziari , hanno detto i giudici di Lussemburgo. Secondo la sentenza, “la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione e gli interessi finanziari dell’Unione possono essere gravemente compromessi da violazioni dei principi dello stato di diritto commesse in uno stato membro”. Diversi governi nazionali hanno chiesto alla Commissione di muoversi. "Agli stati che rifiutano i valori dell'Ue possono essere rifiutati i soldi dell'Ue”, ha detto il premier belga, Alexander De Croo. "I nostri fondi dovrebbe essere concessi solo quando i governi rispettano la democrazia, i diritti umani e una giustizia indipendenti", ha spiegato il ministro irlandese degli Affari europei, Thomas Byrne.
I governi di Polonia e Ungheria hanno risposto lanciando le solite accuse contro l'Ue. “La centralizzazione e la federalizzazione sono un processo pericoloso”, ha detto il premier polacco Mateusz Morawiecki. Secondo il viceministro della giustizia polacco, Sebastian Kaleta, la sentenza è “un ricatto per privarci del nostro diritto di autodeterminazione”. Il governo di Viktor Orbán ha montato un'operazione di propaganda in vista delle elezioni del 3 aprile. Il ministro ungherese della Giustizia, Judit Varga, ha accusato la Corte di “abusare dei suoi poteri” e di “decisione politica per il nostro referendum sulla protezione dei bambini”. Il referendum è su una legge anti-Lgbt approvata nel giugno del 2021, dopo l'introduzione del meccanismo di condizionalità. “Questo racconta tutto del populismo di Orbán e perché è una minaccia esistenziale all'Ue: conduce una guerra contro i valori e contro la verità”, ha detto Katalin Cseh.
Anche la Procura europea ha aumentato la pressione su von der Leyen per farla muovere. Ieri il procuratore capo, Laura Kövesi, ha inviato una lettera alla Commissione denunciando il rifiuto della Polonia di cooperare con il suo ufficio. "Dato che ogni volta che l'Ufficio della procura europea conduce un'inchiesta penale di natura transfrontaliera è impossibilitato a ottenere prove localizzate in Polonia, la capacità dell'Ufficio della procura europea di combattere la criminalità che tocca il bilancio dell'Ue è sistematicamente ostacolata", ha detto il procuratore capo, sottolineando che ci sono 23 inchieste che riguardano la Polonia. Conclusione? Meglio usare le parole di un'altra deputata europea, l'olandese di Renew, Sophie in't Veld. “Per 12 mesi la Commissione ha scelto di giocare alla farsa, 12 mesi di agonia per giornalisti, giornalisti, accademici e ong in Ungheria e in Polonia, altri 12 mesi che hanno permesso la demolizione di democrazie e il consolidamento di autocrazie finanziate dai soldi dei contribuenti europei”, ha detto in't Veld.
Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di giovedì 17 febbraio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.
Nato e Ue denunciano la mancata de-escalation della Russia - Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri hanno constatato che, nonostante l'annuncio di Vladimir Putin di un ritiro parziale delle truppe dai confini dell'Ucraina, sul terreno non ci sono ancora segnali di de-escalation. “Ci sono segnali da Mosca che la diplomazia potrebbe continuare. Ma finora non abbiamo visto alcun segnale di de-escalation sul terreno: nessun ritiro di soldati o di equipaggiamento”, ha spiegato Stoltenberg, dopo una riunione dei ministri della Difesa della Nato. “La de-escalation sarebbe benvenuta, ma mancano segnali tangibili da parte della Russia”, ha detto von der Leyen dopo una conversazione telefonica con Mario Draghi. Stoltenberg ha sottolineato che la minaccia di guerra permanente da parte di Putin potrebbe diventare “la nuova normalità in Europa”. Di conseguenza, la Nato si adatterà rafforzando la sua presenza militare sul fianco orientale, cioè al confine con la Russia e la Bielorussia. A proposito, va letta Sylvie Kauffmann sul Monde che spiega il prossimo focolaio di tensione: il possibile dispiegamento di armi nucleari nella dittatura di Alexander Lukashenka.
Michel convoca un mini-vertice straordinario - La de-escalation di Putin è un bluff? L'interrogativo sarà al centro delle discussioni del mini-vertice dei capi di stato e di governo convocato per oggi dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per discutere di Russia e Ucraina. L'incontro, che si svolgerà prima del summit Ue-Africa, dovrebbe durare un'ora: due minuti a testa se tutti i leader decideranno di parlare. Un po' poco per una discussione approfondita. Dopo l'ottimismo iniziale di martedì per la promessa di Putin di perseguire la strada diplomatica ritirando le truppe dal confine ucraino, le notizie di intelligence di ieri non sono rassicuranti. L'Estonia ha pubblicato la valutazione: la Russia è pronta per la guerra. Secondo i servizi estoni, "le forze russe concentrate alla frontiera ucraina pongono una minaccia immediata per l'Europa e un ultimatum all'Occidente". Inoltre, entro la seconda metà di febbraio del 2022, la Russia avrà creato le condizioni e le capacità necessarie a lanciare un'offensiva militare di vasta scala contro l'Ucraina se la leadership russa deciderà di farla".
Michel promette di non lasciare soli gli ucraini - Davanti al Parlamento europeo ieri, Charles Michel ha voluto lanciare un messaggio ai cittadini ucraini. “Nel 2014 il popolo ucraino fiero e libero a Maidan, nei sacrifici che hanno accompagnato quel momento, ha fatto la scelta della libertà, della democrazia liberale e dello stato di diritto”, ha detto il presidente del Consiglio europeo: “L'Ue resterà affianco all'Ucraina. L'Ue non abbandonerà il popolo ucraino”. Michel ha spiegato alla plenaria di Strasburgo che la strategia dell'Ue si fonda su tre pilastri: diplomazia, preparazione di sanzioni e sostegno politico e finanziario all'Ucraina. Ma il ruolo centrale rimane quello degli Stati Uniti. Sul Foglio Daniele Raineri spiega che sulla Russia non è finita, ma per una volta l'impunità del Cremlino incontra una resistenza americana dura: il Joe Biden in Ucraina non sembra il Biden del disastro di Kabul.
Von der Leyen rassicura sul gas per passare l'inverno - Anche Ursula von der Leyen ieri ha deciso di partecipare al dibattito al Parlamento europeo su Russia e Ucraina. Inizialmente la presidente della Commissione aveva previsto di rientrare a Bruxelles martedì sera. “L'Ucraina oggi è un paese sovrano, più libero e più forte del 2014 e questa è esattamente la ragione per cui il Cremlino la minaccia di nuovo”, ha detto von der Leyen: “L'idea che il Cremlino possa decidere cosa gli ucraini vogliano o non vogliano è inaccettabile per noi”. Von der Leyen ha ribadito che “in caso di aggressione russa, la reazione dell'Ue sarà robusta e rapida” con sanzioni che “possono fare molto male e il Cremlino lo sa”. La presidente della Commissione ha voluto rassicurare sui rischi che corre l'Ue in caso di taglio delle forniture energetiche della Russia. Grazie all'aumento del Gas naturale liquefatto importato da altri paesi – più di 120 navi in gennaio - “i nostri modelli indicano che con tutte le misure che abbiamo preso siamo entrati nella parte sicura di questo inverno”, ha detto von der Leyen. In caso di taglio totale delle forniture, “abbiamo sviluppato con gli stati membri misure di emergenza”, ha spiegato la presidente della Commissione.
Tutti i gruppi del Parlamento europeo contro la Russia - Il Parlamento europeo in questa sessione ha scelto di non adottare una risoluzione sulla crisi ucraina, per motivi di opportunità (il rischio che Mosca la interpretasse come una provocazione in un momento delicato) e di opportunismo (il rischio che un sesto degli eurodeputati potesse votare contro o astenersi, inviando un segnale di divisioni). Al posto della risoluzione, la Conferenza dei presidenti – dove siedono i leader di tutti i gruppi – ha approvato una dichiarazione sulla Russia. Tra le richieste, c'è quella di una “risposta robusta se la Russia dovesse continuare a non rispettare i suoi impegni e obblighi internazionali” comprese “sanzioni economiche e finanziarie severe”. L'elenco include l'esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift, sanzioni contro individui vicini a Putin e le loro famiglie, lo stop immediato al gasdotto Nord Stream 2. La dichiarazione ha ricevuto il sostegno unanime di tutti i presidenti dei gruppi politici. Il Parlamento europeo ha anche approvato un pacchetto di aiuti da 1,2 miliardi di euro per l'Ucraina. Il primo esborso potrebbe avvenire già nel mese di marzo.
Anche Identità e democrazia contro la Russia (o solo la Lega?) - Avete letto bene: la dichiarazione del Parlamento europeo contro la Russia ha ricevuto il sostegno unanime di tutti i gruppi politici. Incluso quello di estrema destra di Identità e democrazia. “Almeno il suo presidente”, ci ha detto una fonte del Parlamento europeo. Il presidente è Marco Zanni della Lega, che ha compiuto una giravolta a 180 gradi sulla Russia, passando dalle magliette pro-Putin al voto positivo sulle sanzioni. La delegazione del Rassemblement National sarà stata d'accordo nel sostenere sanzioni durissime contro la Russia? A proposito, oggi è giovedì ed esce il nuovo numero della rubrica “EuPorn - il lato sexy dell'Europa”, che è la sorella maggiore di questa newsletter. Paola Peduzzi e Micol Flammini spiegano come il sovranismo europeo sta cadendo a pezzi: i partiti nazionalisti si azzuffano tra loro e il loro gruppo più corposo al Parlamento europeo si riduce a vista d'occhio.
Il vino si salva dall'etichetta sui danni alla salute - Il Parlamento europeo ieri ha approvato le sue raccomandazioni per la strategia dell'Ue contro il cancro. Il tema aveva sollevato diverse polemiche in Italia per la presunta minaccia al vino, data la richiesta di alcuni deputati di imporre l'obbligo di etichette per avvertimenti analogo a quello in vigore per le sigarette. Alla fine sono stati adottati gli emendamenti degli italiani Herbert Dorfmann (Ppe) e Paolo De Castro (S&D) per chiedere “una differenziazione tra uso e abuso di alcol" e “l'eliminazione della richiesta paradossale di avere sulle bottiglie di vino avvertenze sanitarie". E' stata approvata anche una formulazione meno rigida in merito al divieto di sponsorizzazione degli eventi sportivi. E' stato bocciato un emendamento che modificava il riferimento al ricorso alla tassazione tra le opzioni per scoraggiare il consumo nocivo di bevande alcoliche. Quasi tutti i parlamentari italiani e diverse lobby hanno detto che "il vino è salvo". La realtà è un po' diversa. Il vino non ha mai rischiato di scomparire. Per contro, la scienza esce sconfitta. Come la libertà di scelta dei consumatori in modo più informato.
Il gavaggio delle oche per il foie gras è in linea con il benessere animale - La lobby agricola ieri ha festeggiato un altro successo al Parlamento europeo. I deputati hanno votato una risoluzione sul benessere animale nelle fattorie, affermando che "la produzione di foie gras è basata su procedure che rispettano i criteri del benessere animale". Secondo il testo, "la fase del gavaggio (ingozzamento, ndr), che dura tra 10 e 12 giorni in media con due pasti al giorno, rispetta i parametri biologici dell'animale". Tutti gli emendamenti che chiedevano il divieto dell'alimentazione forzata per anatre e oche sono stati rigettati. E va bene. Ma sostenere che il gavaggio sia in linea con il benessere animale forse è un po' troppo. L'alimentazione forzata induce una crescita abnorme del fegato e un aumento di grassi nelle cellule epatiche. "Accogliamo in modo molto positivo il sostegno espresso dal Parlamento per il nostro settore", ha detto Christophe Barrailh, presidente di Euro Foie Gras.
Al summit Ue-Africa il terzo incomodo sono i migranti - L'Ue prometterà 150 miliardi di euro di investimenti nei paesi africani per i prossimi sette anni durante il summit Ue-Africa che si tiene oggi e domani a Bruxelles. Ma una delle complicazioni della riunione riguarda la questione migratoria. L'Ue è determinata a utilizzare diversi strumenti, compresi aiuti finanziari e visti, per spingere i paesi africani ad accettare di collaborare nelle politiche di rimpatrio. Sul Foglio Luca Gambardella spiega che Frontex è pronto alla sua campagna d'Africa. Il primo esperimento per schierare i guardia frontiera dell'Ue dall'altra parte del Mediterraneo sarà in Senegal. Ma ci sono seri dubbi sulla trasparenza.
Macron annuncia il ritiro dal Mali - Il presidente francese, Emmanuel Macron, oggi dovrebbe annunciare il ritiro dal Mali dopo anni di intervento militare della Francia contro i jihadisti nell'ambito dell'operazione Barkhane, a causa delle pessime relazioni con la giunta al potere a Bamako. Macron ieri ha riunito diversi leader europei e africani a Parigi con l'obiettivo di preparare i contorni di una nuova missione militare anti-terrorismo nella regione del Sahel. La conferenza stampa del presidente francese è attesa per questa mattina. Diverse fonti ritengono probabile anche il ritiro della missione Takuba sotto bandiera dell'Ue. Sul Foglio Daniele Raineri spiega cosa si sono detti Emmanuel Macron e Mario Draghi alla cena sul Sahel su Takuba e i mercenari russi di Wagner.
Schnabel esce dal campo delle colombe della Bce - Isabel Schnabel, membro tedesco del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, ieri ha lanciato un avvertimento sul "rischio di agire troppo tardi" di fronte all'inflazione nella zona euro. In un'intervista al Financial Times, Schnabel ha detto che la Bce "non può ignorare" l'aumento dei prezzi degli immobili "senza precedenti" nel valutare l'impatto dell'aumento dei prezzi. Schnabel è una delle voci più autorevoli dentro il board della Bce. Finora era rimasta solidamente ancorata al campo delle colombe. Le sue parole potrebbero spostare l'equilibrio dentro il consiglio dei governatori a favore dei falchi che chiedono un ritiro più rapido degli stimoli e un rialzo dei tassi. tra variante Omicron meno grave di quanto temuto, ripresa del mercato del lavoro e aumento dei prezzi nel medio periodo "è diventato sempre più probabile che l'inflazione si stabilizzerà attorno al nostro obiettivo del 2 per cento nel medio termine", ha detto Schnabel: “Questo significa che dovremmo iniziare a pensare a una graduale normalizzazione della nostra politica”.
Nel 2020 il 70 per cento dell'energia da combustibili fossili - Nel 2020 le fonti fossili hanno rappresentato circa il 80 per cento dell'energia lorda disponibile nell'Ue, con un calo dell'1 per cento rispetto al 2019, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. Dal 1990, primo anno in cui i dati erano disponibili, la riduzione delle fonti fossili è stata del 13 per cento, in gran parte grazie all'aumento delle energie rinnovabili. Tra gli Stati membri è Malta che consuma più combustibili fossili per l'energia (97 per cento), seguita da Olanda (90 per cento) e Cipro (89 per cento). L'Italia è sopra la media dell'Ue con il 78 per cento, la stessa quota della Germania. I paesi che usano meno fonti fossili sono la Svezia (31 per cento), la Finlandia (41 per cento) e la Francia (48 per cento).
Accade oggi in Europa
– Consiglio europeo: riunione informale dei capi di stato e di governo su Russia e Ucraina
– Summit Unione Europea-Unione Africana
– Commissione: la presidente von der Leyen riceve il presidente dell'Egitto, Abdel Fattah El-Sisi, e il premier ceco, Petr Fiala
– Parlamento europeo: sessione plenaria (dibattiti sui diritti umani nelle Filippine, la pena di morte in Iran, la crisi politica in Burkina Faso, la protezione dei lavoratori dai rischi dell'esposizione a cancerogeni, gli eventi meteorologici estremi nella Penisola Iberica)
– Parlamento europeo: conferenza dei presidenti
– Banca centrale europea: la presidente Lagarde partecipa alla riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali del G20
– Banca centrale europea: pubblicazione del bollettino economico
– Agenzia europea dei medicinali: conferenza stampa dell'Ema sul Covid-19
– Eurostat: dati sulla popolazione di bestiame del 2021; dati sul commercio di merci Ue-Africa nel 2021
– Nato: riunione dei ministri della Difesa