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Von der Leyen verso il bis alla Commissione Ue. Ma occhio ai franchi tiratori
Prevale la continuità. Alla cena informale dei capi di stato e di governo di questa sera la candidata dei Popolari dovrebbe essere incoronata una seconda volta. I guai potrebbero arrivare dal Parlamento. Il portoghese Costa verso la guida del Consiglio europeo mentre la premier estone, Kallas, è favorita per il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera
Alla cena informale dei capi di stato e di governo di questa sera, Ursula von der Leyen dovrebbe essere incoronata come presidente della Commissione per un secondo mandato. I risultati delle elezioni europei hanno ridotto al minimo le possibilità di sorprese o colpi di scena. Il gruppo del Partito popolare europeo è uscito rafforzato, con una manciata di seggi in più, mentre i socialisti sono rimasti stabili e i liberali hanno subito un netto arretramento.
Il caos provocato in Francia dalla decisione di Emmanuel Macron di andare a elezioni anticipate, che potrebbero portare al governo il Rassemblement national di Marine Le Pen, ha reso il presidente francese un'anatra zoppa a Bruxelles. Anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è uscito indebolito dalle elezioni europee, dove l'estrema destra di Alternativa per la Germania ha superato la sua Spd. Al Consiglio europeo “non c'è aria di rivoluzione. I leader preferiscono la continuità, anche se senza entusiasmo”, ci ha detto un diplomatico. Von der Leyen dovrebbe essere affiancata dall'ex premier portoghese, il socialista António Costa, come prossimo presidente del Consiglio europeo, e dalla premier estone, la liberale Kaja Kallas, come Alto rappresentante per la politica estera.
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Le sorprese non sono mai da escludere in un vertice sulle nomine. Ma gli astri “si stanno allineando” per il trio von der Leyen-Costa-Kallas, ci ha detto un diplomatico dell'Ue. L'ultima incertezza riguarda la premier estone, che alcuni stati membri considerano troppo anti russa e poco preparata su altre regioni del mondo per guidare la diplomazia dell'Ue. Tuttavia un'intesa sui tre nomi già alla cena di questa sera è la soluzione più semplice e rapida per i capi di stato e di governo, in un contesto di crisi interna e internazionali. Il centro ha retto alle elezioni europee, ma l'estrema destra ha colpito al cuore il motore franco-tedesco e, dopo l'Italia, si prepara a governare in un altro paese fondatore, i Paesi Bassi, con l'ingresso al governo del partito di Geert Wilders. “Proporre candidati alternativi a von der Leyen o rompere l'equilibrio tra popolari, socialisti e liberali avrebbe aperto un vaso di pandora”, ammette una seconda fonte. Il gruppo del Ppe e alcuni suoi leader nazionali avrebbero potuto ribellarsi, aprendo un periodo di lunga incertezza sulle nomine.
Se effettivamente sarà scelta dai capi di stato e di governo, il vero rischio per von der Leyen sta al Parlamento europeo, dove potrebbero esserci tra 30 e 90 franchi tiratori nei ranghi dei gruppi della maggioranza formata da popolari, socialisti e liberali. Il voto di elezione del presidente della Commissione dovrebbe tenersi il 17 o 18 luglio nella plenaria di Strasburgo. Molto dipenderà dalla sua attitudine nei confronti di Giorgia Meloni e del gruppo sovranista dei Conservatori e riformisti europei (Ecr). Se von der Leyen si mostrerà troppo compiacente nei confronti di Meloni, rischia di perdere un numero consistente di voti dei gruppi dei Socialisti&Democratici e di Renew. Ma nemmeno al Parlamento europeo c'è aria di rivoluzione. Il gruppo dei Verdi ha offerto a von der Leyen il suo sostegno se salverà almeno in parte il Green deal.
Saranno dunque “Five more years”: altri cinque anni, e non solo di von der Leyen. Anche le nomine di Costa e Kallas non segnano una svolta ai vertici dell'Ue. L'ex premier portoghese è considerato un leader di compromesso, in grado di parlare con tutti e facilitare il consenso. Dopo Charles Michel, Costa dovrebbe garantire un miglioramento nella gestione del Consiglio europeo, sempre che riesca a trovare un modo per convivere con von der Leyen. La premier estone è giovane e brillante, ma Kallas si troverà alla testa di un Servizio europeo di azione esterna che funziona sulla base dell'unanimità. “Senza l'appoggio degli stati membri, Kallas non potrà esprimere il suo potenziale”, dice un funzionario. Anche nel caso di Kallas, la competizione con von der Leyen, che vuole apparire come l'unica figura leader dell'Ue, rischia di inceppare la macchina comunitaria.
Al Consiglio europeo del 27 e 28 giugno, i capi di stato e di governo adotteranno l'agenda strategica per la prossima legislatura. La bozza del documento – che abbiamo potuto consultare e che continuerà a essere negoziato nei prossimi dieci giorni – non contiene nulla di davvero innovativo. Non una visione sull'Europa del 2030, né un'ambizione per affrontare le sfide rappresentante dalla Russia, dalla Cina e dal potenziale ritorno di Donald Trump negli Stati Uniti. La bozza dell'Agenda strategica riconosce che "il panorama politico globale viene rivoluzionato dalla concorrenza geopolitica e gli attacchi contro l'ordine internazionale basato sulle regole". I leader prometteranno di "combinare le nostre forze e risorse per affrontare i prossimi anni con unità e determinazione". Le priorità sono tre. Un'Europa libera e democratica, con lo stato di diritto al centro. Un'Europa forte e sicura, con un rafforzamento della politica di sicurezza e di difesa e la promessa di allargarsi. Un'Europa prospera e competitiva, con meno dipendenze dal resto del mondo e una politica industriale più attiva. Ma il documento non affronta i nodi irrisolti, come il possibile debito comune per investimenti nella difesa e nella transizione climatica, o le risposte economiche di fronte a Cina e Stati Uniti. "Il nostro destino e nelle nostre mani", diranno i leader dell'Ue. Ma l'Agenda strategica annuncia soprattutto business as usual. Lo dimostra il passaggio sull'allargamento “basato sul merito”, che rappresenta un ritorno a un approccio burocratico nonostante la posta in gioco per l'Ucraina.