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Europa ore 7

Perché il voto in Francia indebolisce Macron dentro al Consiglio europeo

David Carretta

I risultati del secondo turno consegnano alla Francia un Parlamento diviso, con un presidente non più onnipotente e i partiti chiamati al compromesso. L'Ue potrebbe essere vittima collaterale di questa situazione

L'eccezionalismo della Francia è finito ieri sera alle otto. I risultati delle elezioni legislative mettono fine all'eccezione francese di democrazia con un regime presidenziale quasi monarchico, in cui il Parlamento gioca un ruolo marginale, perché tutti i poteri sono affidati all'uomo (o alla donna) che occupa l'Eliseo. Al primo turno del 30 giugno gli elettori francesi hanno sancito il divorzio da Emmanuel Macron, dopo sette anni alla presidenza. Al secondo turno hanno rigettato l'alternativa di una “coabitazione” con un governo guidato dal Rassemblement National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Ma, al contempo, hanno privato l'Assemblea nazionale di una maggioranza, costringendo la politica francese a uscire dagli schemi che hanno segnato tutta la Quinta repubblica. Che sia una grande coalizione dei partiti tradizionali o una coalizione sul modello di quella di Giorgia Meloni in Italia, la Francia entra in una nuova era politica e diventa un paese come tutti gli altri nell'Ue. Il presidente non sarà più onnipotente e dovrà fare i conti con un Parlamento diviso. I partiti dovranno imparare a negoziare tra loro e a scendere a compromessi. L'Ue potrebbe essere una vittima collaterale della normalizzazione della Francia.

 


 

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Al secondo turno di ieri la strategia del fronte repubblicano ha funzionato. Il gioco delle desistenze per fare da sbarramento ai candidati dell'estrema destra ha impedito al Rassemblement National di ottenere la maggioranza assoluta, e persino avvicinarsi. Il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella è precipitato in terza posizione, superato anche dalla coalizione centrista Ensemble di Emmanuel Macron. Il Nuovo Fronte Popolare, la coalizione di tutta la sinistra, è arrivata in testa per numero di seggi. Tuttavia le divisioni interne pesano su cosa fare dopo il voto. Il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, ha preteso subito il governo per applicare tutto il programma (pensioni a 60 anni, blocco dei prezzi, aumento del salario minimo) e ha escluso una coalizione con i centristi e la destra gollista. “Oggi non c'è maggioranza assoluta. Bisogna comportarsi da adulti. Bisognerà dialogare”, gli ha risposto Raphaël Glucksmann, uno dei leader dei socialisti. Alcuni leader della destra gollista dei Républicains hanno escluso una coalizione con i socialisti e i verdi, ma anche con l'alleanza Ensemble di Macron.

“Il fronte repubblicano ha salvato la Francia umanista”, ha detto ieri Glucksmann appena chiuse le urne. Il peggio è stato evitato. Ma questo non significa che la scommessa di Macron di andare a elezioni anticipate, dopo la disfatta alle europee per il suo partito di fronte al Rassemblement National, abbia pagato. Gran parte degli analisti politici francesi sottolinea le difficoltà nel formare una coalizione in un regime che è abituato alle maggioranza di una sola parte politica. Il primo ministro, Gabriel Attal, ha annunciato che presenterà le dimissioni. Ma ha aggiunto che, data la mancanza di maggioranza, manterrà le sue funzioni “per tutto il tempo che il dovere lo esigerà”. Come negli altri paesi europei, anziché affidare subito l'incarico a un nuovo primo ministro, Macron probabilmente dovrà avviare un giro di consultazioni con i leader dei partiti nella speranza di trovare una coalizione funzionante. Difficilmente potrà essere lui a pilotare i negoziati, dato che è parte in causa. La Francia potrebbe ritrovarsi alle prese con le figure degli informatori, dei negoziatori, degli incaricati che riempiono il panorama post elettorale di paesi come il Belgio o l'Olanda. Per quanti mesi? Con che esito? Un governo tecnico non può essere escluso.
 
Comunque andrà, nello strano regime che è quello presidenziale francese, Macron conserverà le sue prerogative sulla politica estera e sulla politica di difesa. Sarà importante in particolare per il continuo sostegno all'Ucraina. “A Parigi entusiasmo, a Mosca delusione, a Kyiv sollievo. Abbastanza per essere felici a Varsavia”, ha detto il premier polacco, Donald Tusk. I partiti dell'arco repubblicano hanno promesso di continuare ad aiutare Kyiv. Ma nell'Ue politica estera e difesa sono solo una piccola parte dell'enorme agenda della prossima legislatura. I temi più controversi saranno il Green deal, la politica industriale, l'immigrazione, l'allargamento. Entro il 2027, anno delle prossime presidenziali in Francia, i ventisette dovranno anche negoziare il prossimo quadro finanziario pluriennale, il bilancio dell'Ue per il periodo 2018-2025. La Francia, inoltre, è sotto procedura per deficit eccessivo e dovrà realizzare importanti manovre di bilancio per rispettare le regole del Patto di stabilità e crescita che sono appena tornate in vigore. 
 
Fino al 9 di giugno, Macron aveva un governo funzionante. Con la sua scommessa della dissoluzione dell'Assemblea nazionale ha portato la Francia e l'Europa sull'orlo del precipizio. I francesi hanno deciso di non saltare, almeno fino al 2027. Ma Macron è lungi dall'avere avuto il "chiarimento" che aveva preteso dalle elezioni anticipate. La Francia è divisa e debilitata perfino più di prima. Sempre che si riesca a fare, una coalizione "repubblicana" a Parigi, che va dai Républicains al Partito comunista, sarà in grado di avere una linea coerente a Bruxelles? In ogni caso i risultati delle elezioni e la fine del presidenzialismo monarchico indeboliscono Macron dentro al Consiglio europeo. Il più europeista dei leader europei faticherà a far pesare la voce di una Francia che da ieri sera assomiglia a tutti gli altri paesi europei.