Se l'Italia è un disastro non è certo colpa dell'Europa
Oggi siamo come sempre tutti là schierati, dal Premier in giù, con il dito puntato, a cercare di nascondere l’elefante nella stanza e a urlare: “è colpa dell’Europa”.
Va bene che noi poveri italiani siamo abituati a tutto. A comici che fanno i politici, a politici che fanno i comici, a politici che danno di testa e iniziano a dire le cose che dicono i comici che sono diventati politici, ai politici da quattro per cento, alle tirate di giacca, alle divisioni, alle pacche sulla spalla, alle commediole, e a tutto quello di molto poco serio che è (da sempre) la politica italiana. D’altronde un sistema in grado di selezionare una classe dirigente che valga mezza lira non ce l’abbiamo, quindi non ci resta altro che votare sta gente qua e accettare inesorabilmente che tutto il mondo è teatro e che gli uomini e le donne non sono altro che attori — long life to The Bard. Basta ammetterlo e farselo andar bene, tutto qua, tanto l’Italia resta comunque il paese più bello del mondo. E non si agitino i rètori del cambiamento, della rivoluzione o della partecipazione attiva. Quello che la maggior parte delle persone vuole è starsene in pace, farsi i fatti propri, e godersi quel poco di tempo che abbiamo a disposizione su Madreterra. Non tutti hanno tempo da perdere con la politica insomma. Come mi ha detto un tassista a Roma durante l’ennesimo sciopero senza capo né coda della caput mundi: “Ma sì, che te frega, son domila anni che l’Italia non funziona”. È tanto difficile da capire? Eppure il popolo italiano, che è vittima e carnefice, riesce imperterrito a farsi abbindolare dalla favola dello scaricabarile. È sempre colpa dell’altro, in particolare dell’Europa di questi strani tempi in cui viviamo. Andiamo per ordine. Un paese tra i più avanzati al mondo, al centro del Mediterraneo, da sessanta milioni di abitanti, con scenari demografici desolanti per giunta (leggere gli articoli di Giulio Meotti), non riesce a gestire decentemente duecentomila arrivi l’anno? Tutta colpa dell’Europa. Case di burro che al primo terremoto vengono giù? Colpa dell’Europa che non ci dà soldi (che ci dà per altro), non nostra che costruiamo male le case. Miliardi di euro di fondi strutturali UE spesi male e per metà (vedere i saggi di Roberto Perotti)? Colpa dell’Europa che ci dice di spendere quei soldi prima di chiederne altri. Un debito alle stelle accumulato in decenni di menefreghismo politico? Colpa dell’Europa e del fiscal compact che ci impone di ridurlo (leggere l’ultimo libro di Veronica De Romanis). Città e regioni sommerse dai rifiuti? Colpa dell’Europa che ci dice di smaltirli. L’elenco può continuare ancora e ancora, vagliando tutte e sessantasei le procedure di infrazione ancora aperte dalla Commissione nei confronti dell’Italia per violazione del diritto comunitario o per mancato recepimento di direttive europee, tra questioni ambientali, di concorrenza, fiscalità, giustizia, appalti, tutela dei consumatori, eccetera, eccetera, eccetera. Eppure oggi siamo come sempre tutti là schierati, dal Premier in giù, con il dito puntato, a cercare di nascondere l’elefante nella stanza e a sbraitare: “è colpa dell’Europa”. E noi poveri italiani ancora a crederci, scalpitanti nell’attesa di vendicarci alle prossime elezioni votando l’ultimo demagogo di turno. La mente è il proprio luogo, e può in sé fare un cielo dell'inferno, un inferno del cielo, scriveva Milton, e aveva proprio ragione.
Il Foglio sportivo - in corpore sano