Gabriele Lavia, il Classico per salvarci dal Nulla
Notevole prova dell’attore e regista nel libro edito da Piemme
“Ma Giacomo Leopardi è un Classico?...È oltre. Mi domando se si possa vivere senza conoscere Leopardi”. La risposta è no, non si può vivere senza conoscere Leopardi, caro Gabriele Lavia, che al Poeta di Recanati hai dedicato immagini e letture soavi. Càpita di trovare ancora, sugli scaffali delle nostre amate librerie, pagine che scuotano, che in-segnino, che lascino un segno dentro l’anima, chiamandola, richiamandola all’attenzione, alla vigilanza, ridestandola dal torpore dell’amaro quotidiano. Càpita di incontrare Gabriele Lavia che mette in scena un elogio dei Classici, un invito alla lettura dei Classici, se vogliamo davvero essere contemporanei. E il suo libro finisce per essere il nutrimento di un Classico tra i Classici, non una mera passeggiata tra i Classici. Perché di loro ne scorge il segreto, l’umana e la divina essenza, abituato a frequentarne i dolori e i ristori che suscitano, a meditarne i disagi che impongono, le domande che pongono, i frementi battiti che provocano. Se Shakespeare e Leopardi, Dostoevskij e Melville, Nietzsche e Ĉechov non smettono, rileggendoli, di dirci e di inquietarci, è perché parlano di noi, di ognuno di noi. Il Classico è sostanza che avvolge, campana che suona, rumore di fondo che non tace.
Scrive Lavia: “La grande ricchezza artistica e culturale partorita da questi uomini è profonda e vasta. La loro impossibile, angosciosa ricerca è percorsa da un’unica silenziosa domanda: Che cos’è l’uomo? Alla domanda delle domande nessuno ha dato la risposta definitiva. Omero invoca la dea affinché, attraverso la sua anima, dica chi è ‘l’uomo…di multiforme ingegno’ e Joyce, nella sua personale Odissea, non invoca la dea ma invoca il Dio con ‘Introibo ad altare Dei’. Omero e Joyce hanno bisogno di un dio per raccontare l’uomo. Non ci sono risposte. I Classici pongono domande per metterci di fronte a uno specchio. Lo specchio di tutti gli specchi che dà la risposta e che si trova giù, in quel ‘Pireo’ che da luogo fisico si trasfigura nella profondità dell’anima di ognuno di noi”.
Quante volte facciamo finta di non udire, presi dal nulla, risucchiati dall’inevitabile frastuono di pagine banali di scrittori inutili? Eppure, il Classico è lì, a portata di mano. Non è facile accostarlo, non può essere facile, ma la fatica ripaga. Leggere un Classico è leggere il mondo, anche la fine di un mondo. Come nel giardino dei ciliegi, che non è un Classico ma è stato scritto da un Classico; poiché, avverte Lavia, Classico è l’autore, non la sua opera. Come L’identità, il romanzo del Classico Milan Kundera, di cui Lavia tiene sempre una copia nel camerino. Per leggerne qualche pagina prima di andare in scena, qualche pagina quando la scena è finita. In rigorosa e originale lingua francese. Chapeau!
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