La capacità d'ascolto del Consulente filosofico
Il suo riconoscimento è di fondamentale importanza in questa fase storica perché vi è necessità e urgenza, sostiene Galimberti, di un ritorno alla pratica filosofica, mezzo elettivo per risolvere la questione del senso dell’esistenza di ogni singolo individuo
La filosofia come attività privata, rivolta a chiunque faccia richiesta delle competenze di un filosofo per riflettere criticamente sulla propria concezione del mondo, è nata in Germania nel 1981, con il nome di Philosophische Praxis, grazie al filosofo tedesco Gerd B. Achenbach. È lui a dare inizio agli studi dedicati a questa disciplina che lo portano a fondare, nel 1982, la prima associazione mondiale per la consulenza filosofica, la G.P.P., che qualche anno dopo diventa I.G.P.P. (Internationale Gesellschaft für Philosophische Praxis). Dalla metà degli anni ‘80 la consulenza filosofica si diffonde anche in altri paesi europei, soprattutto nei Paesi Bassi, per sbarcare nel 1992 negli USA, passando attraverso Israele, per merito dei filosofi Shlomit Schuster e Ran Lahav.
In Italia, nel 1994, Nicola Velotti, dopo aver partecipato alla prima Conferenza Internazionale sulla Pratica Filosofica organizzata a Vancouver da Ran Lahav e Lou Marinoff, stila il Manifesto Italiano della Pratica Filosofica, edito da Flaccovio, coadiuvato da vari filosofi, tra i quali Gerardo Marotta. Nel 1999 viene fondata l’Associazione Italiana di Counseling Filosofico (A.I.C.F.). Nel 2000 nasce l’associazione “Philosophic Therapy Center”, che avvia un primo corso di formazione in consulenza filosofica. Nel 2001 l’associazione A.I.C.F., dopo aver avviato un corso di formazione, viene sciolta a causa dei contrasti tra filosofi e psicologi. I filosofi fuoriusciti dall’ A.I.C.F. nel 2003 fondano la Phronesis (Associazione Italiana per la Consulenza Filosofica). Negli anni successivi nascono diverse associazioni su tutto il territorio nazionale, che propongono corsi di formazione, e il problema del riconoscimento professionale e della regolamentazione legale della professione diviene una questione particolarmente sentita dalla comunità dei consulenti filosofici italiani.
La svolta si ha con la legge del 14 gennaio 2013, n. 4 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” che regolamenta la professione di consulente filosofico, stabilendo all’articolo 6 che coloro che esercitano le professioni non regolamentate possono promuovere l’autoregolamentazione volontaria e la qualificazione della propria attività anche indipendentemente dall’adesione alle associazioni di categoria. Il consulente filosofico, con tale norma, assume la figura professionale che può operare nell’ambito aziendale, della comunicazione, della gestione del disagio individuale e collettivo e della formazione, trattando problemi di disagio e sofferenza nelle relazioni, nei conflitti familiari, nell’autostima, nell’identità, nelle dipendenze, nel disorientamento nell’affrontare cambiamenti drammatici e nelle crisi di fede e di sconforto.
Le principali strategie utilizzate dal consulente filosofico sono l’ascolto e le domande che aiutano e accompagnano il cliente nello sviluppo della consapevolezza della propria concezione del mondo e della conoscenza di sé. Il consulente filosofico aiuta quindi il cliente ad indagare su sé stesso in maniera critica e creativa, lo aiuta a ordinare gli elementi del ragionamento e a ricostruire il legame tra sentimento e pensiero e tra pensiero e azione, rendendo così possibile il cambiamento.
Il riconoscimento della figura del consulente filosofico è di fondamentale importanza in questa fase storica perché, come sostiene Umberto Galimberti, vi è la necessità e l'urgenza di un ritorno alla pratica filosofica, come mezzo elettivo per risolvere in maniera tangibile la questione del senso dell’esistenza di ogni singolo individuo. Per questo motivo, parafrasando Pier Aldo Rovatti, la consulenza filosofica può fornire agli psicologi un’occasione autocritica, mettendoli di fronte all’eccessivo tecnicismo delle loro discipline e pratiche e alla eccessiva burocratizzazione delle loro associazioni.
Una nuova intesa con la filosofia potrebbe servire agli psicologi per cominciare a ridiscutere le proprie assunzioni di pensiero. La “terapia a tutti i costi”, che caratterizza la nostra società eccessivamente “medicalizzata”, tende a creare un individuo inerte che concepisce la patologia come essenza della propria esistenza. La consulenza filosofica potrebbe, in ultima analisi, contribuire a una rivoluzione antropologica, permettendo a ogni individuo di prendersi cura di sé attraverso una sana “abitudine alla libertà”.
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