Il bene e il male, l'eterna sfida
Claudia Conte ha scritto un saggio mascherato da romanzo, in cui alla parte fiction si alternano meditazioni, riflessioni, risultati di letture di testi laici ed ecclesiali e soprattutto di dialoghi con personalità di rilievo
Cominciamo con la psicoterapeuta Irene Bozzi: “Colpisce il fatto che un'artista tanto giovane, con coraggio, sia riuscita a ben trattare temi non facili nella speranza che tutti, e soprattutto i giovani lettori, possano cogliere una possibile via di uscita, un varco nelle coscienze e uno spiraglio di luce per un futuro più sereno e migliore”.
L’artista tanto giovane, 26 anni, è Claudia Conte, attrice ma alla sua terza opera letteraria. Il vino e le rose. L'eterna sfida tra il bene e il male, edito da Armando Curcio, è un saggio mascherato da romanzo, in cui alla parte fiction si alternano meditazioni, riflessioni, risultati di letture di testi laici ed ecclesiali e soprattutto di dialoghi con personalità di rilievo, Bauman, Dorfles, Augias, Veronesi; esperti di teologia, sociologi, medici e psicologi.
L'autrice si racconta come anima aperta al mondo, osservatrice degli stati d'animo di chi osserva, sa analizzare ogni sua intuizione. Inizia guardando nei veicoli, al rosso di un semaforo, nota l'espressione corrucciata di un passeggero e inizia a immaginarne la vita, descrive il mezzo che utilizza (gli occhi) e poi si apre a profonde riflessioni sui temi come la solitudine, le paure, l'inquietudine esistenziale, il dolore. Le figure portanti del romanzo sono tre amiche, tre donne moderne che, in costante ricerca del proprio equilibrio, si confrontano e crescono insieme.
Irene, introversa ma con profondità infinite, fuori posto in qualsiasi contesto sociale le si prospetti, eppure capace di grandissima empatia. Luisa, atteggiamento sfrontato che indossa come una maschera, ha una voglia disperata di vivere la vita, ma a volte sembra disprezzarla. Eva, dotata di una bellezza fuori dal comune, arma da cui sembra essere ferita, che tanto faticherà per trovare un posto tra gli altri, conquistare un ruolo e una realizzazione personale.
I dialoghi dei protagonisti offrono lo spunto ideale per focus su problematiche attuali come la precarietà sul lavoro, la difficoltà che giovani e meno giovani hanno nell'individuare e realizzare i propri sogni, la tossicodipendenza e le dipendenze in generale, l’ “horror pleni" che ci immobilizza.
Conte tocca argomenti forti e intensi, come il disagio collettivo. Emerge un “individualismo autistico” che ben dipinge il quadro socio-culturale della società post-moderna. Cerca di analizzare i “poteri forti” nel mondo, quelli che reggono l'economia, il terrorismo, le motivazioni profonde che muovono le mani di chi uccide in nome di un Dio, le radici dell'Islam e una prospettiva diversa del fenomeno. Analizza tragedie come il terremoto che ha interessato il confine tra Lazio, Umbria e Marche, la forza dell'amore, le parole del Vescovo durante i funerali, che richiamano un Dio presente nel dolore, un Dio che non punisce ma aiuta nella fede.
Le sue riflessioni, che spaziano dall'attentato alle Torri Gemelle ai disequilibri dell'economia mondiale, agli eventi catastrofici a cui assistiamo per mano della natura, in contrasto con gli amori e le vicissitudini delle protagoniste, che ci portano in un giardino di rose e con una boule di vino rosso tra le mani. Assistiamo alla sfida tra il bene e il male con la conclusione che nella vita bisognerà respirare entrambe le dimensioni, con la speranza che si viva un equilibrio giusto tra le due e di subire minori perdite possibili, tra affetti concreti e sentimenti dell'anima. I dilemmi della vita non saranno mai rivelati a nessuno. Non ci resta che vivere...
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