Giacomo Leopardi, il sommo filosofo
Nino Aragno Editore, con gli splendidi libri di Rensi e Tilgher, ripropone ed esalta la figura del pensatore di Recanati, non solo poeta immenso
Leopardi, per Mario Andrea Rigoni, “si colloca nel solco di una grande tradizione segnata, in ambito italiano, dal pensiero di Machiavelli e Guicciardini. Si può dire in effetti che Leopardi sia una sorta di Guicciardini e di Machiavelli moderno, intendo in questo modo un pensatore che all’eredità rinascimentale ha aggiunto quella dell’illuminismo settecentesco, ma, attenzione!, un illuminismo che ha perduto tutte le prospettive ottimistiche e tutte le illusioni progressistiche”.
Classico tra i classici. E un grande classico, lo sappiamo, non smette di dire. L’Editore Nino Aragno, grazie a due libri di singolare eleganza, consente a Giacomo Leopardi di continuare a dire e a mostrare la sua grandezza. Il primo, di Giuseppe Rensi, ha per titolo Su Leopardi. Curato da Raoul Bruni, che insegna Lingua e Letteratura italiana all’Università Cardinale Stefan Wyszyiski di Varsavia, riunisce tutti gli interventi dedicati dal filosofo veronese al poeta-filosofo o al filosofo-poeta. Oggi si parla e si scrive, non sempre con la dovuta competenza e pertinenza, del Leopardi filosofo, della poesia filosofica, delle vicinanze e delle affinità con Nietzsche, ma Rensi ne scrive nel lontano 1906, anticipando critici e tempi. È Augusto Del Noce, come ricorda Bruni nell’eccellente introduzione, a precisare che “l’intera filosofia di Rensi deve venir definita come un commento al pensiero di Leopardi, da lui ritrovato come filosofo”. Per Rensi, “Leopardi è uno dei più grandi filosofi italiani (forse il sommo), il nostro maggiore filosofo, la più grande figura che la storia del pensiero italiano presenti”. Se le pagine che riguardano la filosofia del diritto di Leopardi, il suo scetticismo estetico, la filosofia come lirica, la metafisica e la lirica, sono gemme, lampi di luce che partono da Recanati e illuminano il resto del mondo e dei mondi possibili, dei pensieri finiti e (in)finiti, costituendo la testata d’angolo, il fondamento per nuovi pensieri, è nel capitolo iniziale, intitolato semplicemente Leopardi, che Rensi lo pone come vertice: “Ed è da deprecarsi che Leopardi sia stato troppo letterato e abbia dato alla cultura e all’opera letteraria una soverchia importanza. Se Leopardi fosse stato unicamente filosofo e avesse dedicato la sua intelligenza all’elaborazione di un sistema, il pensiero italiano avrebbe avuto, prima e meglio di quello germanico, Schopenhauer e Nietzsche armonizzati in una costruzione unica”. Leopardi, per Rensi, oppone agli Inni Sacri le odi impeccabili, dove “il pensiero si eleva, amaro ma imperterrito, a constatare che l’infinito è vacuo di divinità. Non a caso, per un poeta francese moderno, Leopardi resta il poeta della Gloire du Néant. Un Nulla che è anche Tutto.
Il secondo libro è La filosofia di Leopardi, di Adriano Tilgher. Pubblicato per la prima volta nel 1940, viene riproposto oggi con la cura di Raoul Bruni e con l’aggiunta di un consistente apparato di contributi storici e filosofici, oltre a un’appendice di articoli leopardiani mai riuniti. Se il ritorno al Leopardi filosofo, o una sua riscoperta, lo dobbiamo a Severino, Cacciari e altri, non è giusto trascurare o, peggio, dimenticare chi ben prima, in un contesto avverso, da anti-crociano e anti-gentiliano, ha investito il pensiero leopardiano di un’attenzione destinata a lasciar traccia in chi è venuto dopo. Le pagine di Tilgher attraversano i nodi tematici del pensiero di Leopardi, dall’arte della felicità alle illusioni, dall’amor proprio e l’egoismo alla noia, dalla conformabilità dell’uomo all’antistoricismo, dall’assuefazione all’individualità creatrice. Nel capitolo sul Cristianesimo, Tilgher affonda la lama: “Leopardi è persuaso anche lui che vera felicità è impossibile in terra perché la vita è contraddittoria (anela a un piacere infinito, e non può goderne di volta in volta che uno finito), ma non crede affatto che la contraddizione si risolva in un’altra vita, e perciò è più pessimista del Cristianesimo, di un pessimismo senza speranza. – Il Cristianesimo pensa che l’attaccamento ai beni di questo mondo è peccato; a Leopardi è del tutto estraneo il senso del peccato che implica rivolta contro Dio. Anima interamente terrestre fu Leopardi: dunque, del tutto estranea all’orbita del Cristianesimo”.
Le acute interpretazioni di Tilgher, la finezza ermeneutica e la straordinaria chiarezza celebrate da Salvatorelli, Martinetti e Landolfi sfuggono all’usura del tempo. Dobbiamo essere grati ad Aragno per aver messo a segno un’avvincente doppietta. Rensi e Tilgher sono due indispensabili boccate d’ossigeno nei giorni in cui tutto passa inutilmente, nei giorni in cui l’aria del pensiero e della cultura in generale, tranne rare e mirabili eccezioni, si è fatta terribilmente irrespirabile.
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