Massimo Recalcati

Massimo Recalcati, il libro che ci legge

Davide D'Alessandro

Sono nove i volumi da cui l’autore si è sentito davvero “letto sin nelle viscere”. Che sia un coltello, un corpo o un mare, dopo la lettura non siamo più quelli di prima

Sono contento che Massimo Recalcati abbia scritto il libro che attendevo da tempo, il libro sui libri che da oltre un anno scrivo sul foglio.it, in questa rubrica nomata filosofeggiodunquesono, per ricordare che sono fatto di ciò di cui mi nutro. Eppure, un giorno un analista mi chiese: “Che cosa pensa di trovare dentro i libri?”. Risposi: “Quello che già so ma non riesco a dire”. Quello che Marie Cardinal riuscì a dire in Le parole per dirlo, uno dei miei libri perché mi lesse sin nelle viscere. Oggi quella risposta la trovo nel nuovo libro del noto psicoanalista lacaniano. A libro aperto. Una vita è i suoi libri, edito da Feltrinelli, conferma che non erravo. Certo, l’analista mi invitava a rintracciare il senso dell’emozione dentro di me, ciò che un evento scatenava dentro di me, non dentro i libri, ma anche dentro i libri ritrovavo e ritrovo quelle emozioni, a volte tradotte a volte no e mi dicono spesso chi sono, qual è la mia disposizione emozionale e sentimentale, che cosa mi batte dentro, la sollecitazione che mi anima e mi chiama.

Nel titolo, come avrete notato, c’è una e con l’accento e non una e congiunzione. Una vita è i suoi libri. È fatta, si è fatta, anche con il materiale che abbiamo letto e magari quello scartato potrà diventare, presto a tardi, testata d’angolo. Per erigere non un monumento, ma un nuovo modo di fare e di essere. I classici hanno saputo definire un libro, l'importanza eterna dei libri. Per Cicerone, “una stanza senza libri è come un corpo senz’anima”. Per Guardini, autore del favoloso Elogio del libro, “il libro sta davanti a noi come una figura originaria. In esso si riassume l'esistenza”. Per Borges, “il libro è una delle possibilità di felicità che abbiamo noi uomini”. Per Heine, “dovunque si bruciano i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini”. Per Goethe, “ogni libro è un capitale che silenziosamente ci dorme accanto, ma che produce interessi incalcolabili”. Per Cioran, “un libro che lascia il lettore uguale a com’era prima di leggerlo è un libro fallito”. Ecco, i libri di Recalcati non lasciano il lettore uguale a com’era prima di leggerlo. Penso a L’ora di lezione, Il complesso di Telemaco, Cosa resta del padre?, Le mani della madre, Il mistero delle  cose, Ritratti del desiderio, Contro il sacrificio, Il segreto del figlio, ma penso anche agli studi intensi su Lacan, a quei libri considerati “specialistici” e resi accessibili al vasto pubblico, grazie a una scrittura limpida ed evocante.

Domanda Recalcati: “Perché vi sono libri che, a differenza di altri, non abbiamo dimenticato ma si sono iscritti indelebilmente nella nostra memoria?”. Be’, lui la risposta la conosce. Lui sa perché Giulia, l'amata Giulia Terzaghi, a differenza di altri professori, cambiò il suo percorso scolastico e la sua vita lasciando un marchio indelebile dentro di essa. C’è uno spirito, un fremito, un desiderio capace di assorbirti, di trarti a sé, di sedurti, di non abbandonarti mai più. Ci sono persone in carne e ossa, ci sono pagine e righe d’inchiostro capaci di prendere posto dentro di noi, di guidarci, di condurci dove senza non saremmo in grado di andare. Anche Recalcati sceglie di definire il libro, anzi propone ben tre definizioni: un coltello, un corpo, un mare: “Un libro è un coltello perché taglia la nostra vita offrendole la possibilità di acquisire una forma nuova, perché distingue la nostra vita com’era prima della lettura da come è diventata dopo. […] Il libro, per il lettore, può avere la proprietà di un vero e proprio corpo: un corpo erotico. Il che significa che ogni libro ha un profumo, una carne, uno sguardo, una geografia sensuale, un modo di camminare e di esistere. […] Un libro è un mare e non un muro. Se un libro è un mare è perché la sua natura è quella di sovvertire la tentazione del muro, di contrapporsi a ogni spinta che vorrebbe segregare, recintare, rinchiudere l’Aperto del mondo”.

Per Recalcati non si legge il libro, si viene letti dal libro. Sono nove i libri da cui l’autore si è sentito davvero “letto sin nelle viscere”: intanto Odissea e Vangelo, poi Il sergente nella neve di Rigoni Stern, La nausea e L’idiota della famiglia di Sartre, Essere e tempo di Heidegger, Al di là del principio di piacere di Freud, Scritti di Lacan, La strada di McCarthy. Sentirsi letti. Quel libro sta parlando di me, sta parlando a me. Quella favola narra di me. L’incrocio tra chi ha scritto e chi legge è un mistero senza fine. Non può essere svelato e ogni volta si svela e si rinnova. Aggiunge Recalcati: “Impariamo qualcosa di chi siamo dal libro che leggiamo perché noi stessi in fondo siamo un libro che attende di essere letto. Anche in questo senso la lettura è un’attività dell’io che però implica sempre l’incidenza dell’inconscio; scopro attraverso il libro una parte di me di cui non avevo conoscenza; vedo attraverso il libro frammenti del mio essere che non avevo mai visto prima; oppure trovo nel libro le parole per dire quello che oscuramente vivevo e pensavo senza essere in grado di nominarlo. È, se si vuole, l’evento meraviglioso di ogni incontro amoroso: poter essere un libro per qualcuno, farsi leggere e rileggere, diventare la superficie sulla quale si calamita lo sguardo dell’Altro, trasformare il corpo dell’amato in un libro. Essere, al tempo stesso, il lettore del libro e il libro letto”.

Quei nove potrebbero non restare nove, perché la partita finisce soltanto quando l’arbitro fischia tre volte. Fino a quel punto siamo ancora un libro aperto, consapevoli di poter essere rapiti da nuovi libri, da nuovi incontri, che si aggiungono agli altri senza spodestarli. Un libro, ha scritto Kafka, “dev’essere un’ascia per rompere il mare ghiacciato che è dentro di noi”. A volte inizia a colpire dalla prima riga, dall'incipit, altre più avanti, altre ancora nel finale. E quel mare ghiacciato è destinato a sciogliersi, a farsi liquido per scorrere nelle vene, per rialimentare la vita. Più del sangue.

Che cosa penso di trovare dentro i libri, caro analista del tempo che fu? Ciò che ho trovato nel libro dello psicoanalista lacaniano, un libro sui libri, come queste pagine che invitano a incontrare libri, autori, storie, essenze umane. A incontrare noi stessi. A ritrovare tutto ciò che è stato trascurato o che pensiamo sia andato perduto. Le abbiamo scritte anche noi quelle pagine. L’ho letto e scritto anch’io l’ultimo libro di Recalcati, sono stato letto dall’ultimo libro di Recalcati. È appena uscito e già recava in sé la forza di leggermi.