Filosofia del denaro
La grande lezione di Georg Simmel sul simbolo e la causa del livellamento e dell’esteriorizzazione (un’arma a doppio taglio, che da una parte libera e dall’altra aliena) è sempre attuale. Se l’epoca moderna è all’insegna della moneta, spetta alla filosofia smascherarne menzogne e illusioni
Gli scritti di Georg Simmel sul denaro raccolgono riflessioni multidisciplinari. Attraverso l’analisi del libro edito da Armando, Il denaro nella cultura moderna, a cura di Nicola Squicciarino, scorgiamo che l’interesse del filosofo berlinese è, soprattutto, di analizzare le conseguenze del denaro sul mondo interiore e sulla personalità degli individui. L’uomo, a differenza dell’animale, non agisce meccanicamente, ma si pone dei fini. L’agire umano, infatti, è il ponte per cui il contenuto del fine passa dalla forma psichica a quella effettiva. Il denaro è il mezzo astratto per raggiungere i fini più disparati. Esiste anche un fine o inconscio, che agisce sulla coscienza, in modo che si consideri il mezzo per giungere al fine come il fine stesso, come esistono dei ‘fini ultimi’ che, nella vita moderna, diventano sempre più aleatori. Il denaro è il mezzo per eccellenza che diventa fine. Notoriamente il denaro è considerato il valore di tutte le possibilità, ossia il mezzo assoluto per congiungere serie infinite di fini. Esso, trasformandosi «nell’espressione sempre più assolutamente sufficiente e nell’equivalente di tutti i valori, raggiunge un’altezza astratta al di sopra dell’intera e immensa molteplicità degli oggetti e diviene il centro in cui le cose più opposte, estranee, lontane trovano un elemento comune, il loro punto di contatto».
Possiamo affermare che il denaro è analogo a Dio, inteso come coincidentia oppositorum. Come Dio, esso s’innalza al di sopra di tutti i contrasti e «induce a confidare nella sua onnipotenza come nell’onnipotenza di un principio superiore. Il denaro, così, permea la vita di una passionalità particolare e l’appagamento che pervade lo spirito di chi, grazie a esso, ha raggiunto tutte le cose, è simile alla pace dell’anima che s’è conseguita dopo aver trovato Dio, al termine di mille arrovellamenti interiori. L’uomo è un animale che pratica lo scambio e, attraverso lo scambio di denaro, la società si reifica. Il denaro è l’unico prodotto culturale che è pura forza, che ha rimosso da sé il portatore, divenendo assolutamente e soltanto simbolo».
La crescente espansione dell’economia monetaria enfatizza l’ideale della calcolabilità numerica, per cui i rapporti tra individui si esteriorizzano: l’impulsività e la ricchezza di sentimenti lasciano il passo al calcolo e al profitto (il ‘quanto’). La qualità del denaro consiste esclusivamente nella sua quantità ed esso, essendo l’equivalente di tutti gli oggetti, elimina ogni differenza qualitativa tra le cose, le livella e le svuota del loro nocciolo, finendo per pervadere tutte le relazioni e diventare esclusivamente un fine.
L’attuale mondo della produzione sommerge l’uomo di beni di consumo. L’anima si estranea e la persona si allontana dalla sua interiorità più autentica, esteriorizzandosi. La tecnica ha reso il mondo migliore e ha offerto all’uomo tante merci superflue, che si estraniano dalla loro origine e si pongono come bisogni di per sé artificiali. La tecnica si emancipa dalle sue finalità culturali e diventa essa stessa un fine: nella modernità l’oggetto predomina sul soggetto. Da qui nasce l’alienazione dell’uomo moderno, ansiosamente proteso verso una meta che gli sfugge, che non conosce e che ha come conseguenza la ricerca dell’appagamento momentaneo in sempre nuovi stimoli, emozioni e attività esterne, il cui rappresentante tipico è il blasé. Il blasé, l’individuo metropolitano, è nevrotico e iperstimolato, al punto da ottundere la sua capacità di discriminazione. Egli, come il denaro, non percepisce le differenze, né i significati e i valori delle cose, che gli appaiono «in un tono uniformemente spento e grigio». Tutte le passioni della personalità blasé sono trasferite nell’oggetto desiderato. L’individuo blasé crede di poter ottenere tutto con il denaro ed è pertanto indifferente all’essenza delle cose, alla loro soggettività.
La prostituzione è l’altisonante esempio del predominio dei mezzi sui fini. Essa è un rapporto carnale scevro di passionalità e mediato dal denaro, elemento impersonale. Il denaro si separa in modo assoluto dalla personalità, tanto che il rapporto di prostituzione è pura forma e assenza di coinvolgimento emotivo. Con ciò si contravviene in maniera clamorosa alla terza formula dell’imperativo categorico kantiano, che obbligava a considerare l’altro sempre come un fine e mai come un mezzo per appagare istantaneamente i desideri, come avviene invece nella prostituzione. Il possesso del denaro attribuisce un potere essenzialmente mascolino, che può essere utilizzato per soddisfare un piacere sessuale senza alcun rispetto per la dignità umana, esprimendo così «la più completa e penosa inadeguatezza e il più profondo avvilimento della personalità della donna».
Squicciarino, nelle conclusioni dell’introduzione del testo in esame, ritiene che Simmel possa essere considerato un filosofo che non rifiuta l’economia, soffermandosi sui suoi aspetti più disumanizzanti con estrema lucidità e lungimiranza. Il denaro, che è la corresponsione dell’attività lavorativa umana, libera l’individuo, dal momento che gli garantisce un’autonomia ben più ampia dei vincoli costrittivi, che invece imponeva la retribuzione tipica dell’economia naturale. La raggiunta libertà permette anche un maggiore dominio dell’uomo sulle cose e tuttavia, essendo il denaro sia il simbolo sia la causa del livellamento e dell’esteriorizzazione, esso si presenta come un’arma a doppio taglio, che da una parte libera, dall’altra aliena. Se l’epoca moderna è all’insegna del denaro, spetta alla filosofia smascherare le menzogne e le illusioni che il suo smodato utilizzo generano. Se l’avere fine a sé stesso condiziona il deteriorarsi dell’essere, è opportuno riflettere e ritrovare il senso dell’agire quotidiano.
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