Massimo Ammaniti, adolescenti si resta
L’ultimo libro del noto psicoanalista , con una efficace introspezione psicologica, racconta del corpo, della scoperta adolescenziale, della storia di Dora, del gruppo, dell’immancabile mondo digitale, dell’essere genitori oggi e di un rischio…
Se ricchi si nasce e si diventa, se poveri si nasce e si diventa, adolescenti si resta. È questo il rischio dietro l’angolo, di più, la sintesi brutale, ma difficilmente contestabile, dell’ultimo libro di Massimo Ammaniti, Adolescenti senza tempo, edito da Raffaello Cortina. L’analisi dello psicoanalista, professore onorario di Psicopatologia dello sviluppo presso la Facoltà di Medicina e Psicologia della “Sapienza”, parte dai dati e sono dati incontrovertibili: «L’ingresso ritardato nel mondo degli adulti diviene evidente nei Paesi del Mediterraneo, in particolare in Italia. Lo confermano gli ultimi dati forniti dall’Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro: il 79% dei giovani italiani fra i 18 e i 29 anni vive ancora con i genitori, mentre in Danimarca e mei Paesi Bassi le percentuali sono rispettivamente del 23 e del 33%. Secondo le rilevazioni compiute nel 2016 dall’ISTAT, le motivazioni più spesso legate a questa lunga permanenza in famiglia sono “un maggiore investimento negli studi” (26,8%) o “problemi economici che creano incertezza per il futuro” connessi al lavoro e alla casa (46,4%). Secondo i dati forniti nel 2017 da AlmaLaurea, anche l’età della laurea tende a salire, addirittura a 27,8 anni in media. E, dopo la laurea, il primo stipendio non supera i 1000 euro, cifra insufficiente ad affrontare una vita autonoma. Questa situazione non dipende solo dai giovani, come è evidente, ma principalmente dall’assenza di una politica di sostegno alle nuove generazioni e dalla scarsa offerta del mercato del lavoro».
Il libro, ovviamente, va ben oltre i dati, e s’addentra, com’è doveroso, in una efficace introspezione psicologica, racconta del corpo, della scoperta adolescenziale, della storia di Dora, l’eroina di Freud, del gruppo, dell’una e delle tante adolescenze, degli adolescenti narcisi ed eterni, dell’immancabile mondo digitale, dell’essere genitori oggi, della madre e della figura paterna. Scrive Ammaniti: «I gruppi degli adolescenti e dei giovani non seguono più le rotaie costruite dalle precedenti generazioni, hanno, piuttosto, un baricentro proprio, che si colloca all’interno della “cultura giovanile autonoma”, come è stata definita dallo storico inglese Eric Hobsbawm, oggi ulteriormente amplificata dal social network. È una vera mutazione antropologica, che riguarda soprattutto le generazioni dei nativi digitali, ossia di quanti entrano fin dai primi anni di vita nel mondo digitale, che diventa parte integrante dell’esperienza di sé».
La rivoluzione digitale «ha cambiato drasticamente la nostra vita e, in particolare, quella dei giovani: una rivoluzione ancora più profonda dell’introduzione della stampa e tale da condizionare il modo in cui si apprende, si gioca e si interagisce. Lo stesso cervello dei teenager diventa un archivio in cui si accumulano informazioni e scambi tramite Internet, tablet, smartphone, Google, Twitter, Facebook… Si pensi che, nel 2010, gli adolescenti americani passavano tra le otto e le nove ore al giorno alle prese con strumenti digitali. Questa rivoluzione digitale plasma abbastanza in profondità il cervello dei giovani, influenzando la percezione e l’esperienza individuali. E la plasticità cerebrale tipica del cervello giovanile consente l’adattamento alle mutevoli domande e sollecitazioni che provengono dall’ambiente, con una specializzazione crescente. Allo stesso tempo, tuttavia, la plasticità cerebrale prolungata nel tempo comporta una maturazione ritardata della corteccia cerebrale prefrontale che interviene di volta in volta sui circuiti del piacere».
Lo sguardo dello psicoanalista si dirige verso i genitori, che «stentano a capire quello che succede nella mente dei figli, ma il cui ruolo continua a essere estremamente importante in una fase della vita, quella giovanile, contrassegnata dalla crisi di identità e dalla confusione personale. Anche i genitori sono costretti a cambiare marcia: quello che valeva in passato, ora non vale più. A loro serve una nuova identità genitoriale».
A metà libro c’è la storia di Flavio, 16 anni, la storia esemplare di un ragazzo congelato nel tempo, una freccia ferma. Per Ammaniti, «il suo tempo è rigidamente suddiviso in istanti separati che non si legano fra loro per costruire una storia personale. Così mette in scacco il tempo che passa. Sennonché, la macchina che ha costruito genera la paura di scomparire nella dimensione senza tempo in cui rischia di non essere più sé stesso». E dopo Flavio, Massimiliano, abile surfista, Stefano, l’adolescenza che non tramonta mai, casi di persone disorientate, che tentano di (com)prendere come prenderlo questo mondo, da quale parte afferrarlo se è lecito afferrarlo.
Le conclusioni di Ammaniti sono rivolte ai genitori, all’essere genitore, mestiere impossibile secondo Freud, «perché non si conosce l’esito dei propri sforzi. Il figlio potrà prendere una direzione indesiderata o pericolosa e il genitore avrà la sensazione che il proprio amore e il proprio impegno siano stati pressoché vani. Spesso, durante l’adolescenza dei figli, i genitori si sentono delusi e amareggiati, perché i loro sforzi non solo non sono riconosciuti, ma sono addirittura equivocati. Vorrei rassicurare i genitori: gli sforzi e l’impegno che hanno profuso non sono mai vani, perché a un certo punto, nella vita, anche molti anni dopo l’età adolescenziale, i figli trovano in sé stessi quello che hanno ricevuto e riconoscono le figure dei genitori, con i quali può avvenire un’identificazione tardiva».
Sono tanti e quotidiani i libri sull’adolescenza, tempo senza fine, ma il libro di Ammaniti ha la forza di un’indagine sobria, delicata, capace di orientare figli e genitori, studiosi ed educatori, verso un problema che esige, per essere trattato, non solo nuovi strumenti. Esige una nuova intelligenza, una nuova consapevolezza per affrontare le radicali e velocissime trasformazioni del mondo in cui siamo immersi, l’ansia dell’umano, la tragedia dell’umano.
Il Foglio sportivo - in corpore sano