Dacci oggi il nostro neoliberismo quotidiano
Alberto Mingardi, nel suo ultimo libro, compie un’acuta e corposa riflessione su un termine tanto abusato, poco compreso e, soprattutto, poco realizzato. È davvero tutta colpa di una teoria economica o essa è la giustificazione per coprire una miriade di fallimenti e di atti nefasti da parte di chi è incapace di ammetterli?
La verità, vi prego, sul neoliberismo. Il poco che c’è, il tanto che manca, edito da Marsilio, si appoggia su Auden, si scusa con Auden, ma la verità sul neoliberismo, in un contesto politico, economico e sociale mai tanto complesso, è persino più importante di quella sull’amore. Alberto Mingardi, tra i fondatori e attualmente direttore dell’Istituto Bruno Leoni, attribuisce un ruolo fondamentale alle parole e cerca, con il tratto sobrio ed educato dello studioso attento e brillante, di restituire al termine “neoliberismo” la propria verità. Il termine è tanto abusato, poco compreso e, soprattutto, poco realizzato, così che alla fine della lettura di un libro pregevole viene persino da chiedersi: ma esiste davvero il neoliberismo? Esiste davvero o è la panacea di tutti i mali da tirare in causa, da parte degli incapaci, per giustificare atti e misfatti di politiche deludenti e inefficaci? È tutta colpa del neoliberismo o la teoria economica non ha colpe, anzi è investita da una leggenda, per giunta nera, mentre sarebbe, come sostiene l’autore, «un’idea che potrebbe, ancora una volta, cambiare il mondo. In meglio»?
Se Mingardi, nel primo capitolo, si preoccupa di ridefinire la parola, di attribuirle il suo giusto e concreto significato, nel secondo si perita di dimostrare come ciascun dica che il neoliberismo ci sia ma che nessun sappia dove sia, nel terzo smonta il solito comandamento “Ci vuole più Stato!” (come ce ne fosse poco), e nel quarto si cala ancor più nei nostri giorni tremebondi per spiegare il neoliberismo ai tempi del populismo. Scrive Mingardi: «Non c’è disastro, dall’incendio della Grenfell Tower a Londra al crollo del ponte Morandi a Genova che non sia “colpa del neoliberismo”. Secondo un importante giornalista, è una specie di calamità che ogni tanto fa deragliare i treni. Per l’ex presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini avrebbe qualche cosa a che fare con la diffusione di Ebola, al pari di quei pipistrelli dell’Africa subsahariana il cui sangue conterrebbe il ceppo del virus. Del resto, c’è chi parla di “intossicazione ideologica” neoliberista: come la salmonella».
L’autore ricorda che anche il Papa «è un pugnace critico delle “ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria” e che pertanto instaurano “una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole”, negando “il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune”». Ma neppure Paolo Maddalena, che è stato giudice della Corte costituzionale, si sottrae all’invettiva contro il neoliberismo, tanto da chiamare in causa financo il presidente della Repubblica Mattarella che, riporta Mingardi, «nella sua gestione delle turbolenti giornate di maggio 2018 che hanno preceduto la nascita del governo Conte, avrebbe “voluto ribadire il suo apprezzamento per il sistema neoliberista”».
La lista dei detrattori di questa povera parola, neoliberismo, è infinita. Alcune accuse sono grottesche, altre insignificanti, altre ancora nebulose, tante altre ancora assolutamente prive di fondamento. Non hanno le gambe per camminare. Eppure camminano, spinte dal venticello di chi non sa a che santo votarsi pur di non ammettere il proprio fallimento. Mingardi è categorico: «Ubiqua è la critica al neoliberismo. Con l’eccezione di questo libro, non ne troverete un altro, in libreria, nel quale il termine sia usato con un’accezione positiva» e continua: «Neoliberismo è la parola magica che smaschera i responsabili. Esso sarebbe la religione delle classi dirigenti, una sorta di instrumentum regni con cui un’élite spregiudicata si è aggiudicata il controllo della società. Esisterebbe un’egemonia, un “pensiero unico”: banche centrali, Fondo monetario internazionale, Ocse e persino l’Unione Europea (tutti enti che pure è difficile annoverare fra i paladini della libertà economica) altro non sono che strumenti di un grande disegno».
Le diseguaglianze crescono? È colpa del neoliberismo. È colpa del mercato lasciato a sé stesso. Ma è davvero così? Spiega Mingardi: «Forse questo non è un saggio fuori tempo massimo. Dietro l’inflazione di giudizi i più drastici sul neoliberismo c’è l’umanissimo desiderio di trovare un colpevole per i nostri problemi; e c’è la furbizia tutta politica di indicarlo nelle forze impersonali dell’economia. I furbi prosperano nella confusione e nella sciatteria. […] Per metà, le pagine sono dedicate al poco o tanto neoliberismo che abbiamo conosciuto. Anzitutto cerco di distinguere fra il neoliberismo “in senso proprio”, cui si deve il cosiddetto miracolo economico tedesco degli anni cinquanta e di cui provo a mettere a fuoco gli elementi di originalità, e neoliberismo “in senso lato”, la “leggenda nera”. Provo quindi a comprendere quanto neoliberismo ci sia nella globalizzazione e quale è stato l’effetto sul mondo in cui viviamo, dell’apertura dei mercati e dell’intensificarsi degli scambi. Per l’altra metà, il libro si confronta con gli argomenti dei nemici del neoliberismo, in particolare di quelli che desiderano un maggior impegno dello Stato in economia e di quelli che vorrebbero presidiare con ancora maggior decisione le frontiere. […] Sta al lettore giudicare se il principale difetto di questo libro sia la disomogeneità o al contrario lo sia una costante, noiosa, patetica coerenza di principi. L’autore appartiene alla ristretta fazione degli ammiratori del neoliberismo».
Appartiene alla ristretta fazione di chi invoca: dacci oggi il nostro neoliberismo quotidiano. Perché ritiene che non sia affatto sufficiente, che sia ingiustamente e colpevolmente preso di mira, che sia mal compreso, che sia tra le soluzioni per risolvere i problemi e non il problema. Sul libro giunge anche il timbro di Mario Vargas Llosa: «Il lavoro di Alberto Mingardi, che è un importante esponente della tradizione liberale, è particolarmente necessario nel mondo di oggi, segnato dai populismi». Il Nobel ha ragione sulla bontà e sulla necessità del libro. Quanto ai populismi, anche su quest’altra povera parola, così tartassata, andrebbe fatta chiarezza con una eguale, acuta e corposa riflessione. La verità, vi prego, sull’amore, sul neoliberismo e sul populismo.
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