Massimo Recalcati, l'amore tra libro e tv
Dal “Lessico Amoroso” su Rai3 alle brevi lezioni edite da Feltrinelli, lo psicoanalista lacaniano può essere visto e letto, senza che la psicoanalisi ne subisca danno. Anzi, è l’occasione per tanti di accostarla e di comprendere che il lettino o la poltrona ci riguardano. Perché di noi, di ciascuno di noi, parla la favola…
In altro loco ho scritto un articolo per dire che leggo Recalcati ma non lo vedo. Nel senso che sono assiduo lettore del Recalcati studioso di Lacan, del Recalcati autore di libri intelligenti (penso a L’ora di lezione, che mi ha stimolato una efficace …lezione con docenti molto appassionati), mentre aborrrrro, avrebbe detto il Mughini di un tempo, lo psicoanalista in televisione, mi rifiuto di vederlo, poiché ritengo che la psicoanalisi, come la filosofia, non si presti all’immagine, rischiando di tramutare in applauso fragoroso, sotto luci psichedeliche, ciò che deve restare intimo, ricerca interiore e solitaria. Poi, Recalcati mi ha scritto un messaggio garbato per invitarmi a vedere le trasmissioni. L’ho fatto volentieri, recuperandole su RaiPlay, dopo aver seguito il dibattito scatenato dalla sua “apparizione” e dopo aver letto persino Aldo Grasso che, sul Corriere, si è chiesto: «Quando uno studioso serio e preparato decide di diventare guru?».
L’ho fatto, le ho seguite con molta attenzione e ora ne scrivo, mentre leggo fedelmente Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore, l’ultimo libro del presunto guru, edito da Feltrinelli. Scrivo presunto guru, perché Recalcati guru non lo è affatto, anzi mostra, in ogni singola trasmissione, una misura inaspettata, una sobrietà intellettuale degna di nota, una raffinatezza, nel porgere la parola, priva di arroganza, senza alcuna intenzione di imprimerla nella mente di chi guarda e ascolta, un dono raro di rendere caldo il freddo dello schermo. Tiene anche a precisare, nel primo incontro, che in amore non esistono esperti, che lo psicoanalista naviga al buio, spesso in acque agitate, e che durante la navigazione disegna una propria mappa che poi, inevitabilmente, scoprirà servire a poco di fronte agli eventi imprevisti della vita, agli eventi che angosciano e colorano la nostra vita. Le puntate sono costruite con gusto, gli inserti sono appropriati, la poesia di Neruda, Penelope che mette alla prova, dopo tanti anni, il desiderio di Ulisse, l’ingresso della puntata dedicata proprio al desiderio con le sequenze dei baci censurati in Nuovo Cinema Paradiso, l’insuperato capolavoro di Tornatore, sono momenti di intense emozioni, momenti che arricchiscono la narrazione senza appesantirla. Insomma, Recalcati è bravo, è nato per comunicare, riesce a ri-chiamare il pubblico, uomini e donne, a ri-condurli sui temi di senso, a operare un taglio (lacaniano) con ciò che quotidianamente ci annoia e ci affligge tenendoci lontani dal cuore pulsante della vita. L’amore è un’interrogazione continua su ciò che siamo, sul tipo di battito che accompagna il nostro cammino. Partendo dalla promessa d’amore, passando per il desiderio, i figli, il tradimento e il perdono, la violenza e le separazioni, non c’è nulla che io non sapessi già, eppure la psicoanalisi di Recalcati non è psicobanalisi, come ironizza …banalmente l’ottimo Crozza nell’imitazione del presunto guru. Le citazioni pertinenti di Barthes e Sartre, di Roth e Salter, di Lévinas e Proust, di Moravia (ah, la figura di Cecilia!) e Derrida, di Bellow e Kafka, di Gualtieri e Montale, di Omero e Platone, di Schopenhauer e Badiou, e i passaggi su André Gorz e Dorine, sulla loro struggente storia d’amore, conferiscono al libro la pregnanza di un racconto individuale e collettivo, che abbraccia il mondo e la vita, i mondi e le vite. Se amassimo l’Amore, capiremmo anche André e Dorine, la loro estrema storia d’amore. Se amassimo l’Amore, capiremmo anche la separazione d’amore, il lutto d’amore. Scrive Recalcati: «Ogni volta che un amore finisce il soggetto è impegnato nel lavoro inevitabile del lutto. Come possiamo ritornare a vivere dopo la morte di un amore? Dopo aver subìto lo strappo di questa perdita? Come possiamo riprendere ad amare? L’assenza di chi non c’è può infatti diventare una forma oppressiva di presenza (“Non penso ad altro che alla sua assenza; mi manca troppo; la mia vita non ha senso senza la sua”). Il lavoro del lutto è necessario per liberarsi da questa assenza sempre presente».
Invece amiamo la superficialità, pratichiamo la rozzezza. È un tempo complesso e brutale quello che viviamo e dobbiamo stare attenti, tra un post, una risata e un tweet un tanto al chilo, a non bruciare tutto ciò che brilla, a non buttare tutto in caciara, a non eliminare tutto ciò che a noi può sembrare ripetitivo ma per altri essere scoperta, attrazione, scintilla. L’operazione di Recalcati è meritoria, non svilisce ciò che riteniamo sacro, è lavoro per tutti, meglio per chi non è solone ma vuole mettersi in contatto con qualcosa che chiama, che lo chiama. Non vi è alcun danno per la psicoanalisi, i Maestri Freud e Lacan non ne escono deturpati, e in tanti potrebbe accendersi il desiderio di leggerne i libri e i seminari, di approfondire la disciplina, di accostarla e di comprendere che il lettino o la poltrona ci riguardano, che di noi, di ciascuno di noi, parla la favola. È divulgazione? Sì, è anche divulgazione, bellezza! La stessa che, con la puzzetta sotto il naso, rimproveravano gli accademici a Indro Montanelli: di essere soltanto un bravo divulgatore! Ma il grande giornalista, che non era soltanto un bravo divulgatore, a distanza di diciotto anni è ancora tra noi; di loro, degli accademici, nessuna traccia.
Poi ho spento il computer e sono tornato alla pagina, a ciò che continuo a preferire, senza luci, senza applausi, alla lettura senza rischi d’inficio, a Mantieni il bacio. C’è Ingrid Bergman in copertina, una splendida copertina. C’è Gregory Peck. Si guardano intensamente. È un fotogramma tratto da Spellbound di Alfred Hitchcock. Il titolo del libro, avverte l’autore, origina da un breve sogno, quindi proviene dall’inconscio, come tutto il resto: «Il bacio è forse l’immagine che, più di ogni altra, condensa la bellezza e la poesia dell’amore. Non a caso non c’è bacio nell’amore mercenario e anche nella sessualità pornografica è raro. Il bacio è il tempo di un’intimità che unisce in modo sorprendente il luogo della parola con quello del corpo. Se non c’è amore senza dichiarazione d’amore, non c’è amore senza bacio. Se non c’è amore senza che si dica, che tu dica o che io dica, “ti amo”, non può mai esserci amore senza bacio. Ogni amore è tenuto a mantenere il bacio».
Queste parole, incise sulla pagina bianca, e Recalcati lo sa, non potranno mai essere ripetute in egual modo davanti allo schermo e, anche ripetute, non potranno mai produrre lo stesso effetto. Mantieni il bacio, Massimo! E mantieni il libro! Ogni amore per la cultura è tenuto a mantenere il libro. Vorrei sussurrarlo anche ad Andrea Camilleri. La sua Conversazione su Tiresia, prima al Teatro Greco di Siracusa, poi riproposta in tv, non riesce così vera e suggestiva come nel libretto pubblicato da Sellerio. Libretto che continuerò a serbare, come cosa preziosa e cara, mentre non sentirò il bisogno di ri-vederlo in video. La potenza della parola scritta supera la potenza della parola parlata, se la fuma, se la beve, se la mangia, se la divora. Il libro di Recalcati non è una sorta di copione che prepara le serate televisive (com’egli precisa minimizzando), ma ha la forza, la compiutezza per imporsi e restare tra i suoi libri migliori.
Se, come dice Lacan nel seminario XX, «l’amore domanda amore. Lo domanda …ancora», il libro domanda libro. Lo domanda…ancora. La televisione riduce la pagina, la nasconde, la impoverisce. Lo fa con il primo capitolo e con gli altri. La televisione è una ferita per il libro, una ferita che non si sana, come la ferita d’amore. Lo sanno bene a Napoli, lo sanno bene in tutto il mondo: «…E ferita d'ammore nun se sana. Nun se sana; ca sanata si se fosse, gioja mia, mmiezo a st'aria mbarzamata a guardarte io nun starria!». Le lezioni brevi sull’amore sono spasimi d’amore. Recalcati è riuscito, con indiscutibile talento comunicativo, pur attraverso i limiti del video, a farle vivere senza sciupare l’amore. Le ho viste, perché lui mi ha invitate a vederle. Ma non sentirò il bisogno di ri-vederle. Adesso, invece, le leggo e la mente ripete encore, encore, ancora, ancora. E sentirò il bisogno di ri-leggerle, poiché tutto brucia troppo in fretta. Tutto, tranne la pagina. La pagina dura. La pagina resta. Come l’amore. Come alcuni amori. Come alcuni libri. Come il magnifico Canto alla durata di Peter Handke, posto a epilogo di un tema che epilogo non ha. Di un tema eterno.
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