Matteo Renzi, la strada che verrà
Il libro dell’ex Presidente del Consiglio riconosce gli errori, rivendica il buono che è stato fatto ma, soprattutto, disegna progetti e scenari futuri. Ha una visione, non si piange addosso, contesta il presente e rilancia. Tornerà?
L’uomo ha dimostrato di avere talento e scaltrezza, il politico è finito al tappeto e tenta di rialzarsi, ma dobbiamo stare attenti a non commettere, con Matteo Renzi, l’imperdonabile errore di Enzo Biagi con Gino Bartali. Il giovane cronista, il 31 maggio del 1948, cercò di fare il fenomeno e il profeta: «La vecchiaia ha raggiunto Bartali ieri alle 14:20, sul Pordoi». Ginettaccio prese una scoppola in una terribile tappa del Giro, ma il 25 luglio trionfò per la seconda volta, a distanza di dieci anni, al Tour de France, con l’Italia in rivolta per l’attentato a Togliatti. Lezione numero 1: mai essere definitivi con i campioni!
In tanti, dopo la rovinosa caduta al Referendum del dicembre 2016, hanno profetizzato la fine di Renzi, che è stato campione, dominando la scena per alcuni anni. L’ex Presidente della Provincia di Firenze, l’ex Sindaco di Firenze, l’ex Segretario del Pd, l’ex Presidente del Consiglio non è soltanto un ex; è ancora in campo, in altri modi, e percorre ancora la strada, un’altra strada, dice lui, poiché la partita, parafrasando Boskov, finisce quando arbitro fischia. E l’arbitro non ha fischiato. Un buon padre di famiglia ha detto: «Non ho paura quando mio figlio perde al gioco delle carte, ma quando si vuole rifare». Non credo che Renzi si voglia rifare. Anzi, dalla lettura del suo ultimo libro, Un’altra strada. Idee per l’Italia di domani, edito da Marsilio, si evince che voglia fare, continuare a fare. È stato un piacere trovare come esergo la stessa celebre frase che mio figlio, appassionato di basket, ha posto diversi anni fa in capo al letto, accanto alla bandiera della Juventus. È di Michael Jordan: «Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto».
Non so se Renzi, dopo alcuni fallimenti, vincerà tutto. So che il libro va nella direzione giusta. Riconosce gli errori, rivendica, con qualche eccesso, il buono che è stato fatto ma, soprattutto, alimenta idee, disegna progetti e scenari futuri. Ha una visione, questo libro, ed è ciò che più conta. Non si piange addosso, contesta ciò che c’è adesso e rilancia. Con la politica, non con il populismo. Con la cultura, non con l’ignoranza. Con il lavoro, non con i sussidi. Con la verità, non con le fake news. Con l’Europa, non con il nazionalismo. Spiega il secco No all’accordo con i 5 Stelle, denuncia l’alto costo dell’incompetenza, indica come simbolo la reazione alla tragedia di Genova, cerca di dare un’anima al riformismo, il riformismo finora a parole che ha contrassegnato gli ultimi venticinque anni della storia politica italiana.
Renzi ha scritto un libro aperto, non chiuso, un libro di proposta che si misura, senza timore, con i temi che hanno contribuito ad affossare il Pd: l’immigrazione, la sicurezza, la globalizzazione, la scommessa europea. Per l’ex Presidente del Consiglio, «percorrere un’altra strada per me vuol dire andare incontro alla nuova generazione, aiutarla a emergere. I ventenni di oggi sono profondamente differenti da noi, ma hanno infinite possibilità davanti a sé». E aggiunge: «Io credo in un avvenire che vedrà il trionfo del merito, della competenza e della cultura. Un futuro in cui l’Italia non dimentichi i suoi valori, in cui vinca chi si impegna e fatica, non chi resta sul divano ad aspettare. Un futuro in cui l’ambiente non sia solo un tema per addetti ai lavori, ma la sfida decisiva per salvare il pianeta, e l’Europa non venga usata come alibi per coprire l’incapacità di risolvere i problemi e sia una bellissima casa comune, da cambiare insieme, certo, ma da proteggere contro i barbari del nostro presente».
Anche Renzi, ovviamente, è figlio del nostro tempo. La sua tecnica comunicativa non si discosta molto da quella dei suo avversari, ogni tanto affiorano slogan a cui non seguono i contenuti robusti da mettere in pratica, ma l’energia è ancora viva e l’attraversamento del deserto non lo spaventa. Tornerà? Non tornerà? È questa la domanda che si pongono adulatori e denigratori. Non importa. Importante è tornare dimostrando di aver assimilato la lezione, di aver fatto tesoro dei fallimenti per poter, un giorno, vincere tutto. Come Michael Jordan. L'età è ancora dalla sua parte. Se il “suo” Referendum è stato il Pordoi di Bartali, il secondo Tour potrebbe essere dietro l’angolo. Ma ci vuole il cuore di Ginettaccio, quel naso triste come una salita, quegli occhi allegri da italiano in gita.
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