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Claudio Magris
Claudio Magris, l'infinito presente
Il maestro della letteratura mitteleuropea compie 80 anni. Il suo è un pensiero vivente, aperto com’è aperto il mare che lo bagna, privo di barriere e di confini
Ottanta…voglia di vivere, sembra dire Claudio Magris, il maestro della letteratura mitteleuropea, al traguardo del suo ottantesimo compleanno, mentre s’inabissa e riemerge nel mare della sua e nostra Trieste. L’infinito viaggiare, se è infinito, non può concludersi, come non si conclude un pensiero che affonda le radici nelle pagine sublimi per restituire antiche nostalgie e preparare futuri bagliori. È un pensiero presente e vivente, quello di Magris, aperto com’è aperto il mare che lo bagna, privo di barriere, di confini. In una parola, infinito. Non a caso, lo scrittore ha chiuso così una bella intervista con Cristina Taglietti sul Corriere: “Per me è impensabile un amore senza il mare. Il mare, so benissimo che anche esso non è eterno, però il ‘non tempo del mare’ – come si intitola l’antologia di Biagio Marin che ho fatto tanti anni fa con Pier Paolo Pasolini e Guido Davico Bonino – dà l’idea dell’essere. Quando sono al mare non voglio niente, voglio solo essere lì. Ha il senso dell’infinito presente e l’amore nei momenti forti è questo: un infinito presente”.
Sa che arriverà la morte, Magris, come arrivò prematuramente per la prima moglie, Marisa Madieri, ma sa che la scrittura la tiene a bada, senza peraltro allontanarla. Scrive ancora, Magris, e se “la vecchiaia è un avanzare per indietreggiare, come aveva ben capito Svevo”, la scrittura è un avanzare che alimenta la vita, che scorre con il Danubio, che punta Itaca e oltre. In tanti, quando la clessidra si assottiglia, tentano un bilancio. Magris non ne ha bisogno. C’è un’opera, dietro e davanti a sé, che impone lettura e ascolto, non bilancio. C’è un’Europa in affanno, diversa da come era stata pensata e sognata, ma ci sono Tolstoj e Kafka a ricordarci che la grandezza, quando esiste, resta. Non può smarrirsi. E c’è Canetti, il suo e il nostro amato Canetti, a ricordarci che “la morte è una battaglia sempre perduta”. Ma da combattere fino in fondo.
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