L'arte della psicoanalisi, tra Eros e Pathos
A colloquio con Roberto Ruga, uno degli allievi di Aldo Carotenuto: “Siamo chiamati a realizzare noi stessi, la nostra unicità, e di conseguenza dobbiamo assecondare la nostra vocina interiore che è flebile ma persistente. È la voce dell'anima inquieta che ci indica la via verso la nostra individuazione”
Il maestro diceva che “vi sono tre grandi forze nella natura: le montagne, gli oceani e un uomo impegnato”. Al maestro, scomparso nel 2005, ha dedicato un libro: “Aldo Carotenuto. Psicologia di uno psicoterapeuta”. Roberto Ruga è Primario del servizio di Psicologia e Psicoterapia presso il Dipartimento di Cardiochirurgia del S. Anna Hospital di Catanzaro. La sua filosofia poggia anche su una frase di Rosario, suo padre: “Se vuoi vincere devi osare e, osando, aver fede nella vittoria”.
Che cos’è e a che cosa serve l’analisi?
L'analisi è un percorso di ricerca interiore, da fare emozionandosi, al fianco di un altro di cui ci si fida. Serve a sapere chi siamo e cosa vogliamo. Dunque serve a mettere a fuoco i nostri desideri autentici, abbandonando quelli indotti. Per chiarire questo concetto, immaginiamo di chiedere a un bozzolo di esprimere un desiderio, dirà che vuole diventare un bellissimo bozzolo, perché non sa ancora di trasformarsi in meravigliosa farfalla.
Perché tanti anni fa decise di affidarsi a un analista?
Perché ero insoddisfatto della mia vita, mi sentivo bloccato e non riuscivo a emozionarmi pienamente.
Come scelse i suoi analisti?
Sulla base della "simpatia".
Che cosa occorre per fare un ottimo analista?
Occorre empatia, fiuto, intuizione, passione per la materia, curiosità per il genere umano.
Le tante scuole in psicoanalisi aiutano o confondono?
Aiutano se vengono lette con senso critico: bisogna assorbire ciò che convince di più e lasciar perdere il resto.
Perché ritiene Jung il più convincente dei maestri?
Perché il suo insegnamento è frutto creativo del suo tormento interiore.
Per James Hillman siamo chiamati a “fare anima”. Per lei?
Siamo chiamati a realizzare noi stessi, la nostra unicità, e di conseguenza dobbiamo assecondare la nostra vocina interiore che è flebile ma persistente. È la voce dell'anima inquieta che ci indica la via verso la nostra individuazione.
Chi o che cosa decide quando termina l’analisi?
L'analisi termina quando il paziente matura una discreta capacità d'amare. Ciò significa molte cose insieme: supera le proprie resistenze, si apre all'altro, diventa capace di rischiare la sua vita.
Qual è la forma più grave di nevrosi che si trova frequentemente davanti?
L'egocentrismo, il narcisismo, la chiusura in se stessi, la diffidenza nel prossimo, l'attaccamento al potere. Tutto ciò rende la vita più povera e la nevrosi altro non è che una povertà d'animo.
Curano di più le parole o i silenzi?
Entrambi, come in musica le pause danno valore alle note.
Anche l’analista, come il padre, va ucciso o, se preferisce, oltrepassato?
Certo, va ucciso simbolicamente, perché la libertà si guadagna superando ogni forma di dipendenza affettiva.
Come si lavora per far crollare le resistenze?
Utilizzando Eros, cioè il coinvolgimento affettivo, ovvero il transfert.
È più complicata la gestione del transfert o del controtransfert?
Del controtransfert, in quanto entrano in gioco le zone buie (cieche) del terapeuta.
Per Freud, il sogno è la via regia per accedere all’inconscio. Se viene ben interpretato, aggiungerei. È possibile avere conferma di una buona interpretazione?
Sì, è buona quando emoziona il paziente.
Ha faticato di più a lavorare con il suo inconscio o con quello degli altri?
Con il mio.
Il costo elevato di un lungo percorso analitico ha spinto molti a orientarsi verso le cosiddette analisi brevi, ma può esistere un’analisi breve?
Sì, perché esiste la potenza dell'incontro.
L’analisi è un cammino di libertà. Le piace questa definizione o è incompleta?
È bella e poetica, direi anche vera.
Qual è il rischio che si cela dietro l’angolo dell’analista?
La ricerca di potere, la manipolazione e l'induzione della dipendenza affettiva.
Per Thomas Ogden ci vogliono due persone per pensare, ma sono davvero soltanto due le persone che si incontrano durante la seduta?
No, sono molte, soprattutto i fantasmi del passato, e le controparti inconsce.
La sfera della sessualità è sempre al centro dell’analisi o c’è altro?
Se per sessualità intendiamo un concetto ampio, allora possiamo porla al centro, altrimenti dovremmo accompagnarla ad altri concetti, primo fra tutti il rapporto, la relazione tra due/molti.
Il Foglio sportivo - in corpore sano