Restare abbonati all'inconscio, parola di Jacques Lacan
Antonio Di Ciaccia, nell’ultimo numero della Rivista “La Psicoanalisi”, riflette su plusvalore e plusgodere, sul passaggio dal regno solido del simbolico all’impero del godimento liquido, sui sintomi che non parlano più e su un oblio che può costare caro, molto caro, gettando il soggetto nell’angoscia. La posizione dello psicoanalista è importante per consentire, a chi è in preda alla sofferenza, di accoglierla e di trasformarla. Il risultato è la pacificazione o, ancora meglio, una nuova alleanza del soggetto con la pulsione
È sempre cosa buona e giusta abbonarsi alle Riviste e La Psicoanalisi, edita da Astrolabio, figura da tanti anni tra le più rilevanti negli studi internazionali del campo freudiano. Abboniamoci alle Riviste ma, soprattutto, non disabboniamoci all’inconscio! Ce lo ricorda nell’ultimo numero, dal titolo Buone pratiche nell’era globale, Antonio Di Ciaccia. Il direttore responsabile, leggendo, rileggendo e traducendo da decenni l’opera di Jacques Lacan, nel saggio La politica della parola avverte: “L’essere umano contemporaneo preferisce soluzioni rapide che portino soddisfazioni immediate, una sorta di prêt-à-porter che utilizzi oggetti e prodotti facili da acquistare e da gettare senza preoccupazioni o sensi di colpa. Detto in altri termini, e per farlo utilizzerò un’espressione cara a Lacan, l’essere umano d’oggi si è disabbonato al proprio inconscio, ha, per così dire, dimenticato o perso la password per ricollegarsi con l’inconscio. Ma quando non ci si ricollega con l’inconscio, non si riesce più a mettere in moto il desiderio, si contrabbanda il volere capriccioso dell’io con il desiderio che è invece tipico del soggetto dell’inconscio e, aspetto ancora più importante, non riesce più a porsi in dialettica con il desiderio dell’Altro”.
Continua Di Ciaccia: “Quando si è disabbonati all’inconscio, si constatano due conseguenze: la prima è quella che, avendo staccato la spina del desiderio, il soggetto non si trova più in collegamento con l’Altro. E, come seconda conseguenza, vengono portati in primo piano oggetti o prodotti di facile soddisfacimento immediato, solipsista, autistico: un soddisfacimento puntiforme, perennemente rivolto verso il proprio più deleterio narcisismo e incurante dell’Altro, sebbene sia propagandato dai media, inneggiato come valore della civiltà attuale e la cui promozione è ampiamente favorita dal capitalismo, produttore, come ci ricorda Lacan, di oggetti fasulli”.
Dimenticarsi l’inconscio vuol dire finire tra le braccia dell’angoscia e non sono braccia propriamente accoglienti: “Più ci si dimentica dell’inconscio, di quell’inconscio volto verso l’Altro e che si manifesta nelle forme del desiderio, più ci sarà angoscia. Staccato dal suo inconscio, il soggetto odierno non ritrova le coordinate del suo desiderio, si abbarbica a un oggetto che gli procura un godimento mortifero che comporta come complemento una buona dose d’angoscia”.
Eppure, persino l’angoscia, nelle sorprendenti trame della psiche, può giocare un ruolo fondamentale costringendo l’uomo ad aprirsi alla riflessione soggettiva, a fare i conti con ciò che lo abita, a non scappare di fronte alla sofferenza. L’angoscia può dirsi benvenuta, “a condizione però che qualcuno sappia dare al soggetto le chiavi per accoglierla”. Da qui deriva la funzione dello psicoanalista, capace di facilitare il ricollegamento del soggetto al proprio inconscio, capace di riattivarne l’abbonamento mostrando la differenza esemplare tra oggetti futili e oggetti che possono causano il desiderio. Come? Offrendo presenza e parola alla domanda d’amore. Chiude Di Ciaccia: “Citerò a questo riguardo un celebre aforisma di Lacan, che riprendo dal suo seminario sull’Angoscia: ‘Solo l’amore permette al godimento di accondiscendere al desiderio’. In altri termini, solo l’amore permette al godimento, che è autistico, di accondiscendere al desiderio, che è apertura all’Altro. […] È dovere degli psicoanalisti del tempo d’oggi permettere che ciò avvenga. Nel rispetto, beninteso, di quelle regole che Freud ci ha consegnato affinché l’inconscio risponda diversamente che con il solo sintomo fatto di sofferenza, ma risponda con vere e proprie formazioni dell’inconscio, quelle cioè che aprono a invenzioni soggettive, a creazioni singolari, con lo scopo di tentare di arrivare non solo a una pacificazione del soggetto, ma a un nuovo accordo tra godimento e desiderio o, per dirla con Jacques Alain Miller, a una nuova alleanza del soggetto con la pulsione”.
L’ultimo numero della Rivista poggia su un breve scritto di Lacan, Di una riforma nel suo buco, su un intervento di Zygmunt Bauman, Del rispetto e del disprezzo, e di una significativa intervista al grande sociologo polacco, scomparso nel 2017, di Michele Cavallo e Alessandro Catamo, senza trascurare le pagine firmate da Giacomo Marramao, Parole e pratiche del sistema-mondo. Tra Simbolico e Reale. Nadia Fusini mette la sua intelligenza e bravura al servizio della passione della lettura, mentre Domenico Cosenza scrive, come sempre con arguzia, La passe nell’après-coup della testimonianza: traversata del fantasma, sinthomo, differenza assoluta. Arricchiscono il volume lo stesso Miller con Una lettura del Seminario Da un Altro all’altro, Emilia Cece, Jean-Louis Gault, Philippe De Georges, Alfredo Zenoni, Matteo Bonazzi, Carla Antonucci, Bruno De Halleux e Marc Segers. Tante occasioni di lettura e di meditazione per restare fedeli alla Rivista e per non disabbonarsi all’inconscio o per tornare, non è mai troppo tardi, ad abbonarsi all’inconscio.
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