Il volo di Candreva, come Peter Pan
Intanto che il lunedì si divide tra beatificazione e irrisione di Antonio Candreva noi ci identifichiamo in Demi Moore.
Intanto che il lunedì si divide tra beatificazione e irrisione di Antonio Candreva, scivolato, come in uno sketch di Benny Hill, sotto la Curva nord dell’Olimpico, mentre raccoglieva applausi per il gol della vittoria contro il Palermo, noi ci identifichiamo in Demi Moore. Capiamo, finalmente, che amare un fanciullino è cosa buona e giusta, non per validare il diritto femminile al Lolito (la giurisdizione milf ci fa più orrore della parola milf), quanto piuttosto perché il fanciullino esulta e chi esulta sa volare.
“Ti sai battere, ma non sai esultare”, dice Rufio a Peter Pan, appena tornato all’Isola Che Non C’è, grasso, bolso e talmente avvocato da credere che per riavere i suoi figli, sequestrati da Capitan Uncino, basterà una contrattazione amichevole. O un assegno. O un processo. Invece, dovrà fare molto meno, cioè molto di più: tornare a volare. Per riuscirci, la condicio sine qua non è saper esultare, ovvero impazzire di gaudio inusitato con gesti inconsulti, esagerati e, magari, goffi. Peter ci riesce e dopo tre giorni, senza dimagrire di un grammo e senza lifting, si svecchia e vola. Auto-infortunandosi, Candreva ha dimostrato di saper esultare come l’eterno ragazzo per antonomasia, che resta fanciullino anche con una laurea in Legge e la panza. Un altro paio di lievi sfracellamenti da felicità e in lui transustanzierà l’aquila simbolo della sua squadra. Vola, Lazio, Vola!
Il Foglio sportivo - in corpore sano