David Luiz può aspettare
Infragilite come siamo dall’usufrutto maschile di tutto ciò che un tempo era nostro e solo nostro (svenevolezza, tutù, autocoscienza), non siamo impietrite alla vista delle foto di David Luiz, immerso in piscina e sorretto da altri due individui. Loro vestiti da portantini, lui con addosso una vestaglietta da centro benessere. Lezione di acqua gym o parto in acqua: ci siamo scoperte a considerare la plausibilità di entrambe le ipotesi per diversi secondi, prima dell’intervento del senso di realtà – o della nostra, in fondo inscalfibile, resilienza. Ci siamo spinte, allora, a leggere la didascalia che accompagnava gli scatti: trattavasi di battesimo. Come diversi altri suoi connazionali, il difensore del Psg (non stiamo a enumerarvi le volte in cui lo abbiamo confuso con il partito della sinistra giovanile – a proposito, è estinto? Scusate la digressione) è timoratissimo, milita in una chiesa pentecostale e, soprattutto, aderisce al movimento “Ho scelto di attendere”, che prescrive agli adepti la verginità fino al matrimonio. Sarebbe stato sufficiente aderire al cattolicesimo, ma capiamo che tesseramento e sottoscrizioni abbiano un fascino irresistibile e che pubblico sia meglio di privato. Vorremmo però che Luiz e la sua mamma, genitrice molto social che non augureremmo come suocera nemmeno a Carla Bruni, ricordassero che la spiritualità dei calciatori ci appassiona persino meno delle tabelle millesimali.
Il Foglio sportivo - in corpore sano