Girodiruota – Musica in Giro

Démare sprinta fra la via Emilia e il West

A Modena il velocista francese precede Viviani ed Ewan nella 10a tappa del Giro d'Italia. Ackermann cade a un chilometro dall'arrivo. Conti ancora in rosa. Colonna sonora: Piccola città di Francesco Guccini

Giovanni Battistuzzi

Arnaud Démare ha vinto in volata la decima tappa del Giro d'Italia 2019, la Ravenna-Modena, 145 km. Al secondo posto si è piazzato Elia Viviani, al terzo Caleb Ewan. Valerio Conti è ancora in maglia rosa.

 


 

Gli Appennini sono solo uno sfondo lontano, quasi impercettibile, alla sinistra dei corridori. Restano immobili all'orizzonte in un silenzio che quest'anno non sarà percosso dal chiasso gioioso del Giro d'Italia. Dall'alto osservano il procedere tranquillo di quelle anime a pedali alla ricerca di una velocità che arriverà soltanto al termine del loro peregrinare padano per campi e capannoni, paesini e boschetti che si ostinano a resistere al progresso e all'agricoltura.

 

Il gruppo sonnecchia occupano tutta la lingua d'asfalto di quel filo dritto che unisce Ravenna a San Giovanni in Persiceto, prima di sbandare a destra verso Crevalcore e Camposanto e poi a sinistra verso Modena, mentre Luca Covili (Bardiani–Csf) e Sho Hatsuyama (Nippo-Vini Fantini-Faizané) s'avventurano nella vana speranza di un colpo di scena che sanno benissimo non arriverà mai. Il loro avanzare è quello dei condannati a un destino gramo. Nei loro occhi un palcoscenico sempre uguale, che nonostante i chilometri che si accumulano non muta. La pianura padana è un non luogo, un ritorno continuo di cose già viste, un mondo di incontri e commerci, una concessione alla fantasia.

  

È la normalità che richiama l'immaginazione. È la voglia di altrove che spinge la mente a vagare in nuovi orizzonti. Covilli e Hatsuyama si guardano attorno, scorgono uomini e donne pronte a essere inondate dal vento colorato dei corridori, prima di perdersi nel piana immutabile. “Gli occhi guardavano voi ma sognavan gli eroi / Le armi e la biglia / Correva la fantasia verso la prateria fra la via Emilia e il West”.

 

 

Verso quella Piccola città dove Francesco Guccini è nato e Fausto Coppi ha trovato il rosa di una maglia che sino allora era solo un sogno, il plotone inghiotte gli evasi, frusta il coraggio disperato di Francisco Ventoso, partito a poco più di due chilometri dall'arrivo e fagocitato ai settecento metri, si protende frenetico verso il traguardo.

 

È un gioco di scie, un equilibristico sfiorare ruote che girano all'impazzata, una speranza che tutto vada bene. Ma il West è un luogo dove tutto può succedere, lontano per ovvietà, pericoloso per ragioni sceniche. E così, mentre la sceneggiatura volge al termine e il plotone è pronto a sparare i suoi dardi più rapidi, il gringo tedesco, Pascal Ackermann, incoccia la ruota del suo fido alleato, Rüdiger Selig, si stende al suolo e porta con sé Jakub Mareczko e una mezza dozzina di altri sprinter.

 

 

Il corridore della Bora si rialza, scuote la testa, vede Arnaud Dèmare vincere, superare la linea d'arrivo davanti a Elia Viviani e Caleb Ewan. Pensa a quello che poteva essere ma non è stato, si guarda bene il fianco grattuggiato al suolo e sbuffa un nero sollievo: "Se penso a un giorno a un momento / Ritrovo soltanto malinconia / E' tutto un incubo scuro un periodo di buio / Gettato via".

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