Girodiruota – Musica in Giro
Carapaz a Courmayeur è gioia e rivoluzione
Il corridore ecuadoriano vince la 14esima tappa del Giro d'Italia e conquista la maglia rosa grazie a uno scatto sul Colle San Carlo. Vincenzo Nibali è terzo. Colonna sonora: Gioia e rivoluzione degli Area
Richard Carapaz vince la quattordicesima tappa del Giro d'Italia 2019, la Saint-Vincent-Courmayeur, 131 chilometri, e conquista la maglia rosa. Alle sue spalle termina Simon Yates, staccato di 1’32”. Terzo, a 1’47”, è arrivato Vincenzo Nibali che ottiene i quattro secondi di abbuono.
Ben prima che le fonti di acqua solforosa diventassero un'attrazione per ricchi signori piemontesi, Courmayeur non era altro che uno dei tanti luoghi dimenticati da Dio in mezzo alle Alpi. Un luogo che cercava di sopravvivere al tempo, dove questo scorreva regolare a seconda delle stagioni. Uno dei tanti paesi che quando venivano avvistati gli invasori provenire da oltralpe si svuotava: gli abitanti abbandonavano le loro abitazioni e si rifugiavano negli alpeggi e lì aspettavano sino a quando un nuovo potere si fosse instaurato per lasciare tutto come era sempre stato. Solo i focosi guerriglieri per indole restavano asserragliati combattevano come potevano, sempre soccombevano. D'altra parte per secoli le battaglie sono state una questione di fondo valle, nessuno si sarebbe mai preso la briga di combattere in montagna: troppo complicato, troppo rognoso.
Il ciclismo, da sempre, ha deciso invece di ribaltare le cose, ha preferito come terreno di scontro l'altura. È in salita che si provano a realizzare i sogni, è in salita che la fatica diventa una dimensione della speranza. O almeno per gli scalatori.
È un grido quello dei grimpeur, un richiamo nella foresta, la ricerca di un luogo inospitale da rendere amico. È il lasciarsi andare al canto delle sirene, la volontà di abbandonarsi totalmente al duro incanto della montagna. Era un assolo per pochi, una rappresentazione messa in scena per uomini d'altura o per chi sapeva rinunciare a tutto pur d'esserci. È diventato un teatro per tanti, ma uniti dalla stessa passione di allora, quella per la bicicletta. Un canto: "Canto per te / che mi vieni a sentire, / Rido per te / che non sai sognare, / suono / per te che non mi vuoi capire".
Richard Carapaz ha offerto se stesso a chi c'era. Uno scatto secco, sudamericano. Una botta e via, ma sentita, voluta, sognata. Due pedalate a vuoto, come un giro di basso, le mani basse sul manubrio come un avviso ai musicanti, uno sguardo attorno, come un cenno al pubblico. "Nei tuoi occhi c'è una luce / che riscalda la mia mente, / con il suono delle dita / si combatte una battaglia, / che ci porta sulle strade / della gente che sa amare". Non ci sono le dita degli Area in gruppo, solo gambe. Gambe e polmoni che sono sempre meno, un manipolo di uomini d'alta quota. Un manipolo di uomini propensi a credere che nulla è perduto, perché, in fondo, nulla è davvero cominciato: quasi due settimane di viaggio per la penisola, ma ancora nessun giudizio definitivo. Soprattutto ora che il fondo valle è stato lasciato alle spalle e le montagne iniziano a essere luogo d'elezione per l'immaginazione.
"Il mio mitra è un contrabbasso / che ti spara sulla faccia, / che ti spara sulla faccia / ciò che penso della vita, / con il suono delle dita / si combatte una battaglia, / che ci porta sulle strade / della gente che sa amare". Richard Carapaz pensa che la vita "sia una cosa meravigliosa" e pure della bicicletta pensa lo stesso. Perché "correre è una liberazione, faticare la miglior condanna che si può avere", aveva detto alla stampa dell'Ecuador nel 2016, dopo aver firmato il contratto con la Movistar. Lo definivano "pionere", mai nessun ecuadoriano aveva corso nelle grandi gare del ciclismo europeo. Lo definivano ballerino, per come pedalava in salita. Lui disse che più che ballare gli sarebbe piaciuto suonare, "ma non ho mai avuto il dono". E così il suo mitra non è diventato il contrabbasso, bensì la bicicletta, il suono delle dita quello dei pedali. La volontà la stessa di Demetrio Stratos: arrivare sulle strade "della gente che sa amare". Perché "amo il ciclismo, correre in bici è ciò che ho sempre sognato. E amo la gente del ciclismo, gente con un cuore più grande, perché sa riconoscere la sofferenza".
Richard Carapaz ha celebrato il suo amore con la vittoria, ha tinto i suoi sogni di rosa. Un inseguimento iniziato sul Colle San Carlo, proseguito all'ingiù verso Pré-Saint-Didier, ripreso, ancora con il naso all'insù, verso Courmayeur. E questo alla faccia di chi pensava che il Giro fosse una questione privata tra pochi, tra un manipolo di gente alla quale lui non poteva farne parte. "Difendere la maglia rosa sarà meno dura che averla conquistata", ha detto alla radio colombiana all'arrivo. Poi ha sorriso. "Ma non perché sarà facile difenderla, perché è stata una faticaccia conquistarla".
L'ordine d'arrivo della 14a tappa del Giro d'Italia 2019
1. Richard Carapaz (Movistar) 4h02’23”, 2. Simon Yates (Mitchelton Scott) a 1’32”, 3. Vincenzo Nibali (Bahrain Merida), 4. Rafal Majka (Bora Hansgrohe), 5. Mikel Landa (Movistar), 6. Miguel Angel Lopez (Astana), 7. Pavel Sivakov (Ineos), 8. Primoz Roglic (Jumbo Visma), 9. Joseph Dombrowski (Education First), 10. Damiano Caruso a 2’01”, 11. Davide Formolo a 3’49”
12. Bauke Mollema a 4’04”, 19. Giulio Ciccone a 7’13”, 20. Ilnur Zakarin (Rus) a 7’20”, 28. Jan Polanc (Slo) a 7’41”.
La classifica generale dopo la 14a tappa del Giro 2019
1. Richard Carapaz 58h35’34”, 2. Primoz Roglic a 7”, 3. Vincenzo Nibali a 1’47”, 4. Rafal Majka a 2’10”, 5. Mikel Landa a 2’50”
6. Bauke Mollema a 2’58”, 7. Jan Polanc a 3’29”, 8. Pavel Sivakov a 4’55”, 9. Simon Yates a 5’28”, 10. Miguel Angel Lopez a 5’30”.
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